Voci di donne che raccontano di come, soltanto vent’anni fa, i ragazzi russi di San Pietroburgo scendevano in Crimea per partecipare ai campi scuola pedagogici, e le ragazze ucraine facevano loro da educatrici e da insegnanti.
Voci di donne pacifiste, anche ora convinte che sia il pensiero giusto. Ma poi quando la guerra ti entra in casa, quando stuprano tua moglie, quando fanno violenza ai bambini, che fai? «Tantissimi hanno preso le armi, anche cristiani».
L’alternativa? Era lasciarsi ridurre in schiavitù, la schiavitù di Putin.


Tre anni dall’invasione e un paio di lustri dalla piazza di Maidan, la protesta forte che scacciava il presidente filoputiniano rivolgendo lo sguardo all’Unione europea. Putin, per tutta risposta, si prese la Crimea (2014). E aspettò qualche anno, febbraio 2022 appunto, per far partire l’invasione su larga scala, per prendersi tutto, a cominciare dalla capitale Kyiv (Kiev è il nome russo, gli ucraini non lo amano certo). Di fronte alla violenza assoluta, allo spregio per il diritto internazionale, buona parte del mondo ha dato sostegno agli ucraini ma probabilmente non abbastanza. E adesso il presidente russo Putin troverà verosimilmente l’appoggio del presidente americano Trump e proverà ad annettersi i territori fin qui occupati, un’area grande come la Grecia.


«Noi ucraini vogliamo che questa guerra finisca più di chiunque altro, ma vorremmo che finisse con una pace giusta», ci dice una persona che opera nel volontariato nella zona di frontiera.



«Si parla di 700 mila soldati ucraini morti. Se Trump lascia i territori a Putin significa che sono morti per niente?», si domanda una donna ucraina che vive e lavora a Belluno. «Purtroppo i nostri uomini stanno finendo, non ce ne sono più. Noi volevamo soltanto evitare la schiavitù di Putin».
Sul numero 8 dell’Amico del Popolo “di carta”, in distribuzione questa settimana (su abbonamento, in edizione digitale e in edicola) un approfondimento sulla guerra in Ucraina con interviste e fotografie.
L’associazione umanitaria con la quale T., persona da noi intervistata, opera nelle aree vicine al fronte si chiama «We hear. We act», ha sede a Leopoli, via Volodymyr Velykyy 4. Chi volesse aiutare può scrivere una mail a wehearweact@gmail.com per ricevere l’iban e le indicazioni.
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1 commento
Francesco
Insomma anche qua, una mattina la Russia non sapendo cosa fare ha invaso l’ucraina …mettendo mezzo mondo in ginocchio per aiutarla…con l’europa che vuole mandare 30.000 soldati …spero siano i figli e nipoti dei politici ad andare così per dare il buon esempio..