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giovedì 10 Luglio 2025,

Lo zafferano di Pierina, un piccolo fiore che profuma di rivincita

Storia di "Grif del diaol", azienda agricola zoldana di Sommariva, e della preziosa spezia che qui viene prodotta

Grif del diaol, in dialetto zoldano, è il rapunzolo di roccia, un fiorellino viola che si aggrappa alle pareti delle montagne, raro e tenace, e per chi si occupa di usare i fiori come “attivatori” dell’anima, questo è un fiore che connette le persone con la loro futura realizzazione. Non lo sapeva Pierina Giacomel, quando ha scelto grif del diaol come nome della sua azienda agricola a Sommariva, in Val di Zoldo; lei si identificava in quel fiore per la tenacia, e voleva dire a tutti che si sbagliavano, a dirle che non ce l’avrebbe fatta.

Pierina Giacomel, zoldana, come tanti era emigrata con il marito in Germania ad aprire una piccola gelateria, ma dodici anni fa entrambi hanno deciso di tornare a casa. Guardandosi intorno per capire cosa avrebbe fatto una volta arrivata a casa, Pierina partecipa a un corso sulla coltivazione dello zafferano in montagna, tenuto da Massimiliano Gnesotto, laureato in biotecnologia agraria, che aveva impiantato una piccola produzione di zafferano sull’altopiano di Asiago. L’incontro è una fulminazione, e Pierina si innamora del piccolo fiore viola dello zafferano, che ha lo stesso colore del suo grif del diaol. Prima avvia una produzione sperimentale in un piccolo campo di proprietà del padre, poi, dopo tre anni, si trasferisce nella sua casa a Sommariva, dove allestisce anche un laboratorio di essicazione.

Da quel momento pianta mille bulbi all’anno, più o meno a metà agosto, e nelle annate migliori (quelle in cui non fa molto caldo) riesce a ottenere fino a 16 grammi di zafferano essiccato; nelle annate peggiori arriva solo a 7. Lo zafferano fiorisce a ottobre, la fioritura ha un andamento curvilineo: prima pochi fiori appaiono nel campo, poi sbocciano quasi tutti insieme costringendo chi li coltiva a un gran lavoro, poi, man mano, la fioritura scema fino a fine mese. I fiori vanno raccolti al mattino presto: alle 7 Pierina è già nel campo, poi si portano a casa, si aprono con delicatezza e si estraggono gli stimmi, che vanno essiccati entro le 24 ore. I bulbi, a fine fioritura, vengono conservati per l’anno successivo, peccato che i topi ne vadano ghiotti e che al Grif del Diaol debbano integrare acquistandoli da un’azienda amica, all’Aquila.

Il costo di una bustina dello zafferano bellunese da 0,125 grammi, dose per un risotto per 4 persone, è di 7 euro, in linea con lo zafferano di qualità prodotto anche altrove in Italia. Facile fare i calcoli e capire che si tratta di un guadagno minimo per un mese di lavoro all’anno; eppure se parliamo del prezzo al kilogrammo la cifra fa impressione: 56.000 euro. Peccato che un kg di zafferano lo si fa in 62 anni, e devono essere tutti buone annate.
Accanto alla produzione di zafferano, al Grif del Diaol si coltivano biologicamente le rose, con cui si fanno confetture, rosoli e tisane; e poi c’è una produzione orticola, specialmente di patate, mais e fagioli rinomati nella zona. Per acquistare i prodotti ci si può recare in azienda, oppure frequentare i mercatini degli artigiani della provincia di Belluno, o ancora accordarsi con l’azienda per la spedizione a domicilio.

Lo zafferano è considerato una spezia pregiata e una pianta che ha molti benefici grazie a un insieme di composti dai nomi complicati: crocin e crocetina, due carotenoidi responsabili del colore giallo e di quello rosso degli stimmi, con funzioni antiossidanti e neuroprotettive; e poi il safranale, e il suo precursore la picrocrocina, responsabili dell’aroma di zafferano e considerati digestivi e addirittura antidepressivi.

Questo vale per lo zafferano vero, ovvero quello ottenuto dagli stimmi, diversa la questione che riguarda le bustine vendute al supermercato, decisamente più economiche, che, nel migliore dei casi, mescolano lo zafferano con la curcuma. Lo zafferano vero però va saputo usare, per fare il risotto si devono mettere a bagno gli stimmi in poca acqua tiepida, e, solo al momento della mantecatura si aggiungono al risotto, per non scaldarli troppo.

A livello mondiale, la produzione di zafferano è dominata dall’Iran, che contribuisce per circa il 90% della produzione totale, stimata in 178 tonnellate annue. Altri produttori significativi includono India, Grecia, Marocco e Spagna. In Italia, la produzione annua varia tra 450 e 600 kg, distribuita su circa 50-55 ettari. Le regioni con le coltivazioni più estese sono Sardegna, Abruzzo, Toscana, Umbria e Marche. Alcune di queste coltivazioni hanno ottenuto il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta (DOP), come lo zafferano dell’Aquila, quello di Sardegna e quello di San Giminiano (SI). Lo Zafferano di San Gavino Monreale (SU), nel Sud della Sardegna ha invece ottenuto il presidio Slow Food. Non è illecito sperare che anche la piccola coltivazione bellunese sia riconosciuta e aiutata dai circuiti importanti.

Rossella Neri

«Filologa per formazione, mangiona per passione. Da quasi vent’anni scrivo di cibo, locali e ristoranti per il magazine 2night.it e per dissapore.com Faccio parte della generazione dei gastronomi della crisi: da quando il ristorante gourmet non è più alla portata delle redazioni, mi sono specializzata in lievitati, grandi e piccoli, pizze e gelati. Le storie mi piacciono tutte, se parlano di sostenibilità ancora di più».

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