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mercoledì 4 Giugno 2025,

Chi non è tornato a casa la sera

L'editoriale dello scrittore Antonio G. Bortoluzzi sul numero 18 dell'Amico del Popolo datato 1 maggio 2025. (Foto Pexels)

Il Primo Maggio è la Festa dei Lavoratori e delle Lavoratrici, lo è da tanto tempo e forse i giovani, che oggi lavorano in fabbrica, magari otto ore al giorno, pensano che un orario del genere sia ragionevole, così come ciò che va oltre l’orario normale venga considerato “straordinario” (e quindi
retribuito in modo diverso), oppure sia riconosciuto il congedo per maternità o un indennizzo per l’assenza dovuta a malattia. E invece di normale-naturale, nel mondo del lavoro, non c’è nulla: tutto ciò che incontriamo nei luoghi dove faticano la gran parte delle lavoratrici e dei lavoratori deriva dalla lotta e dalla contrattazione. Dalle vittorie: affermazione dei diritti e della “giusta mercede”, e dalle sconfitte, come il precariato diffuso o il subappalto “a cascata”. E i morti sul lavoro.

Allora, per questo Primo Maggio, ricordiamoci di loro. L’anno scorso, in Italia, gli infortuni mortali sul lavoro (dati provvisori Inail al 31.12.24) sono stati 1.077, quarantotto in più dell’anno precedente e sono aumentati anche gli infortuni mortali plurimi. Ecco alcune tragedie che non possiamo scordare: 16 febbraio Firenze, cantiere, crollo del solaio, cinque morti; 9 aprile Suviana (Bologna), centrale idroelettrica, sette morti e
sei feriti; 6 maggio Casteldaccia (Palermo), condotta fognaria, sei morti; 9 dicembre Calenzano (Firenze), deposito combustibili, cinque morti e ventisei feriti. Nel 2024 le vittime totali degli infortuni mortali plurimi sono state trentanove (cinque in più del 2023). Morti collettive di persone comandate a essere nello stesso luogo, a stare insieme per svolgere un lavoro, per uno stipendio da cui trarne di che vivere.

Nessuno di noi era presente in uno dei tragici episodi delle morti plurime, non possiamo sapere quale sia stata l’ultima voce, l’ultimo grido, l’ultimo pensiero. Però possiamo ricordare le volte in cui, nella nostra vita lavorativa, siamo stati “fortunati”, quando l’irreparabile ci ha sfiorato, oppure ha graziato qualcuno che era lì con noi. Ecco, quello spavento è stato come uno squarcio sulla realtà, una comprensione immediata di ciò che ha più o meno valore nel nostro fare quotidiano. Poi passano i giorni e si dimentica, “si va avanti”.

Questo Primo Maggio ricordiamo chi non è tornato a casa la sera e potevamo essere noi, che facciamo parte di quel corpo unico del lavoro, nominato nell’articolo 1. della Costituzione come fondamento della Repubblica. Tutti dovremmo avere coscienza di questa appartenenza collettiva al mondo del lavoro, perché è una forza che può ancora cambiare le cose.

1 commento

  • Ottimo !!! Condivisibile editoriale !!! Bravissimo Antonio Bortoluzzi !!!
    Grazie mille !!!
    Saluti cordiali !!!

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