Molti sperimentano nel corso della vita dimenticanze o difficoltà nell’uso della parola. Esistono però aspetti che possono essere considerati veri e propri campanelli d’allarme per lo sviluppo di disturbi neurocognitivi, comunemente definiti demenze. «La perdita di memoria tale da sconvolgere la vita quotidiana», spiega Roberta Padoan, responsabile del Centro disturbi cognitivi e demenze all’ospedale di Feltre, «difficoltà nell’eseguire compiti facili e nel linguaggio, scarso giudizio, smarrimento frequente e costante degli oggetti, cambiamento di umore e personalità, allucinazioni». A livello nazionale e anche in provincia la causa più frequente di declino cognitivo è la malattia di Alzheimer.
Se sullo sviluppo delle patologie neurocognitive pesano per il 65% cause non modificabili – come invecchiamento della popolazione e familiarità – ci sono alcuni fattori di rischio su cui si può intervenire per proteggere la mente. Fare prevenzione, quindi, è possibile. Dall’Ulss tengono però a evidenziare che, seguendo stili di vita adeguati, si può agire sui fattori di rischio modificabili: «Recenti lavori scientifici ne hanno individuati nove: la scarsa istruzione, l’ipertensione arteriosa, i problemi di udito (che spingono a isolarsi), il fumo, l’obesità, la depressione, l’inattività fisica, il diabete e le scarse relazioni sociali. Negli ultimi anni ne sono stati aggiunti altri tre: l’eccessivo consumo di alcol, le lesioni cerebrali traumatiche e l’inquinamento atmosferico». La correzione di questi dodici fattori di rischio – che interessano tutte le fasi della vita, dalla prima infanzia fino all’età avanzata – potrebbe prevenire o ritardare circa un terzo delle demenze.
Sul numero 23 dell’Amico del Popolo “di carta” del 5 giugno, in distribuzione questa settimana (su abbonamento, in edizione digitale e in edicola), puoi leggere l’approfondimento sui disturbi cognitivi e le demenze, a cura di Martina Reolon e Alberto Laggia.
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