
Frequentai le scuole elementari all’‘Aristide Gabelli’.
La mia maestra si chiamava Renata Bertotti, una giovane mite al confronto della Maestra Aggio e della Azzano, tremende per fama ma che, personalmente, non mi davano questa impressione.
Nel mio Olimpo scolastico brillavano tre miti: Omero Millo, Nino Prosdocimi e la venerabile direttrice Pierina Boranga; seguiti a breve distanza dal giardiniere Nenz per la beata pratica.

L’orto, i prodotti della terra, il giardino pieno di piante erano gli elementi base, assieme all’ambiente fatto di aule spaziose e piene di luce, della didattica del metodo Pizzigoni (Dio l’abbia in gloria) che fu alla base della mia fortunata educazione. Dico fortunata perché imparare giocando e lavorando fu puro divertimento e non fatica. Ricordo alcune trafile: quella del frumento per arrivare al pane; del granoturco per la polenta, quella dei prodotti orticoli dal fagiolo alla patata, dalle coste argentate ai ravanelli, a verze cipolle ed aglio studiate dalla pianta al campo, dallo sviluppo alla raccolta, e soprattutto la vendita fatta ai genitori nel corso della festa dell’orto. Dovendo pagare le sementi usate, il concime naturale e così via, abbiamo presto imparato i segreti di costo, ricavo e guadagno, specialmente attenti a quest’ultimo anche se frenati, nell’entusiasmo di chiedere dalle parole sagge del giardiniere. Ricordo che col guadagno delle quarte classi, fummo in grado di rifare tutti i cartelli indicatori delle piante del giardino, un po’ anche grazie al mio spirito di iniziativa e alle precoci conoscenze, sintomi probabili della mia vocazione di organizzatore. Tramite mio padre infatti, coinvolgemmo per la dipintura dei testi Bruno Rossa. Le tavolette in legno compensato furono invece lavorate nel laboratorio sotto la direzione del Maestro Millo1. Il caro Omero era un giovane di straordinaria pazienza e perizia. Tutti noi ne adoravamo i modi e gli insegnamenti: a lui non resistevano neppure i terribili della classe che anzi riuscivano ad esprimere per intero le loro potenzialità. Nessuno uscì indenne da questa sorta di amore. Realizzando carretti, teatrini, gabbie per uccellini, borse di rete, cesti abbiamo imparato la geometria e la matematica, la logica che guida il modo di ottimizzare lo sfrido ritagliando figure a seghetto sul legno compensato, la capacità di usare in modo corretto anche attrezzi possibilmente ‘pericolosi’ acuendo il senso di responsabilità nel loro utilizzo.
Fu per me un gran dispiacere lasciare Omero Millo passando alle medie; come poi fu altrettanto grande la soddisfazione nel ritrovarlo, dopo qualche anno, come professore di matematica all’ultimo anno delle superiori, all’ITI Segato, dove, colla medesima semplicità usata alle elementari, riuscì in un paio d’ore a darmi l’idea di cosa fossero derivate e integrali, cose che mi erano rimaste fino ad allora inaccessibili nonostante un biennio di ixe e ipisilonne simpaticamente vagheggiati dai prof terroni di cui era ricco il ‘parterre’ del tempo (buona gente peraltro).
Conquistai la Boranga2 con alcuni temi a cavallo tra realtà e fantasia. In uno descrivevo la scalata fatta con mio nonno al col de la crós a Fener con fantastica discesa in groppa a un tronco sulla via di pietrisco trasformata in rio da un improvviso acquazzone; il secondo era sul tema ‘la polenta’ narrata tramite una specie di biografia fatta sul giardiniere Nenz; il terzo riguardava il ciclo delle api col ricavo del miele e della cera con cui, a spago e stoppini, per immersione, avevamo fatto le candele. Momenti speciali alle Gabelli ce n’erano tanti, specie l’alza bandiera, le ore di musica e quelle di ‘manualità’ con la coltivazione dell’orto, i lavori col legno e le lezioni di economia domestica.
Il luogo deputato all’alza bandiera era al centro del giardino di fronte all’aula magna: si svolgeva su una bassa torretta utilizzata dagli addetti all’operazione e dal possibile oratore, leggi la Boranga.
Il Maestro Prosdocimi, anche amico di mio padre, aveva un viso simpatico e una bella chioma bianca; soprattutto si presentava con una ‘Lavalliere’, un nastro o cravatta a farfalla, sgargiante sul vestito nero. Per intonare usava il pianoforte. I pezzi classici insegnati prevedevano l’Inno di Mameli, La bandiera dei tre colori e altre canzoni patriottiche ma quella che più apprezzavo, anche perché a due voci molto piacevoli, era l’Inno del Trentino (Si slancian nel cielo le guglie dentate / risuonano dolci le verdi vallate; profumano i campi verdeggian gli olivi biondeggian le messi, le viti sui clivi …).
Quella del canto era una attività che piaceva molto a tutti.
Il giardiniere Nenz era riccio e biondo, quasi rosso, e anche se chiaro di carnagione e con le efelidi, riusciva persino ad abbronzarsi. Perciò lo ricordo con la faccia scura e le mani pure e grosse e nodose. Parlava poco, a meno che non lo si interrogasse su cicorie, verze e fragole. La sua pazienza con noi sembrava senza fine. Parlava rigirando la terra con le dita quasi vi trovasse energie per la parola. La Pierina Boranga3 si vedeva poco ed era sempre occupata in cose importanti.
Mi ricordo un solo periodo di assidua presenza allorché una bravissima, giovane mosaicista, di nome Lea (forse Zanolli), realizzò la figura di un grande pellicano sulla parete est dell’aula magna4.
Nel corso degli anni fui da lei convocato più di una volta ottenendo gratificazione specie per i temi di italiano ma anche come ‘responsabile dell’Orto’, carica che rivestii negli ultimi due anni5.
Mi regalò anche un suo libro di cui mi è rimasto impresso il nome e che è stato per tempo tra le mie letture preferite: Avventure nel Bosco.
Viste le occasioni e le relazioni intercorse, devo dire che consideravo la Boranga una vera ‘amica’ e la sentivo ‘in confidenza’ nonostante fosse avvertibile il grande rispetto che la circondava e la ‘tensione’ che le maestre mostravano nel rapportarsi con lei.

Con altri alunni fummo invitati a consegnarle materialmente un premio. La cerimonia si svolse all’Auditorium, me lo ricordo benissimo dato che la Pierina diede a noi tutti un bacio e così vista da vicino, mi parve un poco baffuta.
L’ho rincontrata alla fine degli anni Settanta nella sua casa di via Sottocastello e mostrò ancora di ricordarsi di me; si disse anche lieta di aver intuito il mio talento felicitandosi per le rubriche tenute su Radioteledolomiti che sembrava conoscere bene.

Infine, mi volle protagonista di una sua commediola intitolata Pipetta che andò in scena al Teatro Comunale a carnevale dell’anno scolastico 1956-57, durante il saggio che coinvolgeva consuetamente le scolaresche della Gabelli6.
Al palco comunque ero già abituato. Mio padre infatti faceva parte della Compagnia bellunese di Arte varia7, erede leggera della storica Filodrammatica bellunese animata da Ruggero Giacomini8, in grande evidenza nel periodo tra le due guerre e che ebbe una parte di protagonisti comuni ai due generi.

Fila delle bambine:
Mi ricordo Graziella Pinter, Mirella Zancristoforo,
Barbara Greco, Mariagrazia De Manzoni, Luisanna, Anna, Rosa, Annamaria, Clelia, Ada Moretti, Santina, Luciana, la maestra Renata Bertotti, Tiziana, Rita De Toffol, Rosanna D’Incà Levis.
Fila dei maschietti sopra:
Luigi Gasperin, Giovanni Bardin, Giansandro Lorenzi, Luciano Piazza.
Fila dei maschietti, in basso:
Aldo Capovilla, Pierino, Aristide Berati, Paolo Valduga, Albertino, il sottoscritto, Guido Agostini,
Giuseppe De Pizzol, Andrea Zambelli.
PERSO Giorgio Terrin
- Uomo di straordinaria cultura, insigne studioso di matematica e di egittologia, Omero Millo nasce a Buie d’Istria (Pola) il 17 febbraio del 1922; dopo alcuni trasferimenti della famiglia, nel 1934 arriva a Belluno dove termina gli studi magistrali a 17 anni, nel 1939. Nei suoi cinquant’anni di insegnamento, prima come maestro elementare, poi come insegnante di Fisica all’ITI e di matematica in diverse scuole superiori, ha lasciato un ricordo di sé come docente preparato, disponibile, disinteressato ma soprattutto di eccezionale ‘umanità’, un vero maestro di vita e di buon esempio per tutti i suoi allievi. Nel 2010 per questi meriti gli è stato attribuito, dal Comune di Belluno, il Premio San Martino. Ha scritto anche alcuni piccoli libri di memorie che io stesso ho provveduto ad inserire nell’Archivio delle Tradizioni, in internet, al sito www.soraimar.it e di cui uno, dal titolo ‘Tutto sta nell’inogarsi’ (tutto sta nell’avviarsi) è stato recentemente stampato dalle Grafiche Antiga (O. Millo, Tutto sta nell’inogarsi: ricordi di scuola, Antiga 2012). ↩︎
- Pierina Boranga (Belluno, 1891–1983), già maestra a 17 anni, diffuse a Belluno il metodo Pizzigoni tramite la scuola sperimentale Gabelli di cui fu direttrice emerita per quasi mezzo secolo, durante il quale si dedicò intensamente anche ad opere di assistenza ai bambini: fondò il Preventorio Antitubercolare e un Laboratorio di tessitura. Suoi scritti sono stati editi dal 1918 ai recenti anni Settanta, spesso illustrati da amici artisti bellunesi, specialmente da Romana D’Ambros e Mario De Donà (‘Eronda’). ↩︎
- L’intera sua bibliografia è riportata nel catalogo nazionale SBN al sito www.sbn.it. Riferiti alla scuola e alla didattica sono stati editi i volumetti: Ai Maestri profughi (1918), La natura e il fanciullo: guida agli educatori per far conoscere ed amare la natura al fanciullo (1925), La scuola rinnovata Pizzigoni (1952), La scuola di differenziazione didattica A. Gabelli di Belluno (1953), Inaugurazione nuova sede scuola materna Adelaide Cairoli (1957), La Gabelli di Belluno : scuola di sperimentazione didattica (1962), E’ andata cosi quand’ero maestra di scuola (1978), La lunga memoria degli anni dal 1927 al 1958 quand’ero dirigente di scuola (1982).
La serie delle commedie per bambini parte dal ’26 in cui sono state edite: Gradassate, Per fare il bene, Pipetta, Principessa per un Giorno. Recentemente è stata recuperata una fiaba musicale che la Pierina aveva scritto con la collaborazione musicale del M° Nino Prosdocimi: I prigionieri di Gea, libera trascrizione in prosa di Alessandro De Bon con le illustrazioni di Graziano Damerini, edita a Belluno da Alessandro Tarantola, nel 2009 e portata in scena al Teatro Comunale lo stesso anno.
Altre ‘letture’ sono state: Storia del girasole e di due chioccioloni (1941), Filomena va al mercato (1950), La gemma (1955) e Giorni belli (1957).
Negli anni Quaranta inizia la serie delle ‘Avventure’ (andrà avanti fino agli anni Settanta): Avventure nel bosco: Storie di animali (1943); Avventure nell’orto (1946); Avventure nello stagno (1962); Avventure nel prato (1951); Avventure nei campi (1971).
Dagli anni Cinquanta escono: Conoscere le piante (1951), La strada (1951), Le siepi (1952), Conoscere gli animali (1950), Come si proteggono piante e animali (s.d.); Piante e animali: la loro vita comincia così (1957), Storia dei bisonti (1961); Bimbi, bestiole e cose (1935); Città nel prato (1961).
Negli anni Settanta ha scritto il libro di memorie Via Sottocastello edito a Belluno da Nuovi sentieri nel 1974 e, in collaborazione con Francesco Caldart e Bartolomeo Zanenga, Chi ama la montagna le lascia i suoi fiori, per l’Ente provinciale per il Turismo di Belluno, nel 1970. Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Pierina_Boranga. ↩︎ - Le tessere vitree coloratissime ci affascinavano quasi magicamente. ↩︎
- La cosa fu un’eccezione perché di solito alla carica finiva eletto un alunno di V; forse la fama delle mie scarpe brillanti portò fortuna. ↩︎
- Vedi foto e articolo comparso sul Gazzettino del tempo. (Nota dell’autore rimasta incompleta) ↩︎
- Vedi al capitolo specifico. (Nota dell’autore rimasta incompleta) ↩︎
- Vedi al capitolo specifico. (Nota dell’autore rimasta incompleta) ↩︎
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