Belluno °C

giovedì 10 Luglio 2025,

La cattedra, linea dell’incomprensione

L'editoriale del magistrato Roberta Gallego sul numero 24 dell'Amico del Popolo datato 12 giugno 2025

Torino, Inzago, Lecce, Corigliano Rossano. Grandi città, piccoli paesi. Licei o scuole di insegnamento tecnico. Preadolescenti o quasi diciottenni. Quello che accomuna gli eventi accaduti in questi posti è la violenza in classe. Contro i docenti. Spedizioni punitive, minacce di morte, schiaffi, sputi, coltelli esibiti, branditi, affondati nel corpo dell’insegnante e nel Corpo Insegnante, contro chi dovrebbe essere lì per loro, a dispensare virtù e conoscenza. In alcuni casi, compagni di scuola riprendono l’aggressione. I video vengono postati e diventano virali. Testimoni muti e inespressivi immortalano slanci feroci, oppositivi alla relazione di cura e accoglienza dell’anima. Filmano la sfiducia che si fa rabbia distruttiva, senza che una cattedra riesca più a demarcare la distanza complice fra autorevolezza e curiosità. Anzi, la cattedra traccia la linea dell’incomprensione, demarca il vuoto fra due solitudini, ostacolo tangibile fra due pretese sorde: quella di essere ascoltati e non messi in discussione; quella di essere comunque assolti e premiati.

Il voto è percepito illibertario se non viene elargito al suo massimo splendore, se non risponde ad un’aspettativa di transitoria beatitudine; non ha spessore educativo, è un emoticon per placare genitori pressanti. Essere interrogati diventa persecutorio, essere stanati nella propria insipienza diventa gratuita umiliazione, essere valutati senza plauso diventa penalizzante sottovalutazione. Forse perché sensibilità preadolescenti, macerate per ore nel web come pesche nell’alcol, non fanno apprendistato sociale di resilienza, di empatia. Rigiochi all’infinito fino a che vinci, metti in pausa quando sei scarico o annoiato, dimensioni lo sforzo manipolando l’equazione di confronto con l’incognita. Il web non si sottrae mai, non ti rifiuta mai, non giudica il tuo disimpegno. Non ti conosce, eppure gli interessi spudoratamente; non ti guarda in faccia, eppure ti accoglie nella tua nudità irresponsabile e anaffettiva, gratifica le tue pulsioni perché elevare i tuoi sentimenti richiede sforzo di tempo e incertezza di risultato.

Il docente invece pretende risposte, impegno, concentrazione, abbigliamento mentale consono. Ti insegna il rispetto del limite, le conseguenze dell’errore. Può, deve restituire con onesto distacco, come uno specchio inclemente, al mittente inadeguato, un’immagine compendio del sapere povero, morchia di pomeriggi ammassati a ripetere senza entusiasmo. Un giudizio severo, un confine imposto dalle regole del convivere, possono in alcuni casi, nell’ingrata età di mezzo, frantumare l’orgoglio acerbo dell’unicità interiore di recente costruzione. Una revisione critica che, se non sa costruire, rischia di abbattere, perché talvolta chi la riceve non sa ramificare dai propri inciampi. Dilania l’undeachiever, lo strapazza in sala mensa, si fa umiliante atto d’accusa davanti ai suoi simili. La frustrazione non ha contenimento, perché la battuta d’arresto disposta da altri non si riesce a metabolizzare, è solo puro affronto.

L’immersione parasociale in TikTok, Youtube e Instagram confeziona coscienze immature e le culla nella percezione di poter esercitare una forma di arbitrio sovrano, nella cecità delle conseguenze degli impulsi non contenuti, nell’incapacità di elaborare un pensiero etico preventivo. Il gesto di violare l’adulto che sovrasta, che non ama incondizionatamente come un genitore cedevole, diventa affermazione identitaria, autodifesa e spurgo di una fragilità senza uscita. Ci si autoassolve poi, con la giustificazione irresponsabile, buona a qualunque età: “ma io scherzavo”.

Quella parte di generazione Zeta, che non sa scherzare e pensa di essere divertente, che non sa accogliere un “NO” come risposta, che non sa fare pace con i propri errori, che pensa che usare la violenza consegni messaggi di forza e restituisca rispetto, che vive per la divulgazione social, impressionando e non convincendo invisibili amici digitali, esibisce un gesto senza storia perché non sa costruire la propria storia attraverso l’accumulo di gesti sensati. Così affiorano, fra tanti bravissimi ragazzi, quegli adolescenti incuranti che si pensano liberi di essere qualunque cosa, contro chiunque, a qualunque costo, spesso altrui. Distorta intuizione esistenziale che temo abbiamo contribuito a ingenerare, spesso predisponendo per la nostra amata discendenza una vita a pedalata assistita.


2 commenti

  • Totalmente d’accordo! Mi complimento per la schietta analisi del fenomeno, delle sue cause e per le non tanto velate proposte risolutive.

  • Seguo sempre con maggiore interesse ed attenzione gli argomenti del vivere quotidiano che Lei propone, esplorandone cause, motivazioni, mancanze, possibili autoanalisi, con una sincerità e franchezza che sento provenire, oltre che da uno studio accurato, dal cuore. Sì, perché i nostri giovani ci stanno a cuore, e ritengo importante ogni suggerimento o consiglio, per aiutarci reciprocamente. Grazie.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *