È scomparso venerdì 13 giugno Sandro Pignatti, figura di spicco nel panorama della botanica italiana. La notizia della sua morte è stata accolta con cordoglio non solo dalla comunità scientifica nazionale, ma anche da chi, tra le Dolomiti bellunesi, ha potuto conoscere da vicino il suo lavoro e il suo impegno per lo studio del patrimonio vegetale del territorio.
Studioso attento e rigoroso, Pignatti ha dedicato gran parte della sua carriera all’approfondimento della flora italiana, contribuendo a una maggiore conoscenza della biodiversità vegetale del Paese. Tra i suoi contributi più noti figura la monumentale opera Flora d’Italia, punto di riferimento per generazioni di botanici ed ecologi. Inoltre nel 1977 – insieme a Cesare Lasen, Erika Pignatti e Armando Scopel – firmò la Guida botanica delle Dolomiti di Feltre e di Belluno, edita da Manfrini. Inoltre tra il 2014 e il 2017 pubblicò per l’editore Springer Plant Life of the Dolomites: nel 2014 il volume I Vegetation Structure and Ecology; nel 2016 il volume II Plant Life of the Dolomites: Vegetation Tables; nel 2017 il volume III Plant Life of the Dolomites: Atlas of Flora.
Nel corso della sua vita professionale, è stato membro attivo e presidente della Società Botanica Italiana, alla quale ha dato un contributo significativo sia sul piano scientifico che organizzativo. La sua presenza è stata determinante nel promuovere una visione più ampia della ricerca botanica, rafforzando il dialogo tra studiosi e istituzioni.
Riconosciuto a livello internazionale, Pignatti ha ricevuto numerosi premi per la sua attività scientifica. Il suo lavoro è stato apprezzato non solo per il valore accademico, ma anche per la capacità di connettere lo studio delle piante con una riflessione più ampia sulla salvaguardia dell’ambiente.
«La sua eredità continuerà a ispirare le future generazioni di botanici e studiosi di scienze naturali», è il ricordo espresso dalla Società Botanica Italiana, che ne ha sottolineato l’impegno costante e la passione che ha saputo trasmettere nel corso degli anni.
La botanica italiana perde una figura centrale, la cui opera rimarrà un punto fermo per chi vorrà continuare a studiare e proteggere il ricco patrimonio vegetale del nostro territorio.
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