Sarà presentato sabato 21 giugno alle 20.30, al Palazzo delle Contesse di Mel, il libro Il reduce, scritto da Renato De Mari in collaborazione con il Circolo Promozione Cultura di Mel. Il volumetto raccoglie una testimonianza diretta e personale della tragedia dell’Heysel, vissuta in prima persona dall’autore insieme a due amici, Mario De Battisti e Renato Menel, tutti tifosi juventini e residenti a Mel.
Il 29 maggio 1985, i tre si trovavano allo stadio Heysel di Bruxelles per assistere alla finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool. Quella che doveva essere una giornata di festa e sport si trasformò in una delle pagine più drammatiche della storia del calcio: il crollo di un settore dello stadio, in seguito agli scontri provocati da frange violente della tifoseria inglese, causò la morte di 39 persone, di cui 32 italiane, e oltre 600 feriti.
«Doveva essere una giornata di divertimento, di piacere sportivo», racconta De Mari. «Volevamo essere presenti a questo importante appuntamento per sostenere la nostra squadra del cuore, la Juve, a vincere la coppa dalle grandi orecchie. Invece ci siamo ritrovati coinvolti in una drammatica esperienza non in un campo di calcio, ma di guerra».
Da qui il titolo del libro: Il reduce. Una definizione che De Mari utilizza con consapevolezza e amarezza. «Sì, infatti, io e i miei compagni – che oggi non ci sono più – siamo partiti da Venezia per Bruxelles il 29 maggio 1985 e siamo tornati fortunatamente a casa sani e salvi il giorno dopo».
Il racconto si sviluppa attraverso i ricordi e le emozioni vissute in quelle ore concitate, a partire dal momento in cui i tre ricevono i biglietti per il settore Z, tristemente noto per essere stato il teatro degli scontri più violenti. «In quella zona si consumò la furia devastante degli hooligan inglesi, ubriachi fin dal mattino, il cui vero obiettivo era generare uno scontro tra tifosi e vincere la battaglia», spiega l’autore.
L’esperienza ha lasciato un segno profondo. «Questa tragica esperienza mi ha lasciato un trauma che porto dentro di me da allora, e da quel giorno non sono più entrato in uno stadio di calcio fino a quattro anni fa, quando ci sono tornato con mio figlio Andrea».
Nel libro, De Mari ripercorre quei momenti minuto per minuto, compresa una decisione cruciale presa insieme ai suoi compagni nel pieno del caos, «che ci salvò la vita», dice, lasciando al lettore il compito di scoprire nel dettaglio quale fu.
A conclusione della sua riflessione, De Mari lancia un messaggio chiaro: «Lo sport, il vero sport, non può e non deve mai trasformarsi in violenza. Esso è entusiasmo, lealtà e rispetto, valori da sempre fondamentali che vanno trasmessi ai giovani, ma prima di tutto condivisi da noi adulti, che per questi giovani devono essere modello».
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1 commento
RENATO DE MARI
Molto bello grazie