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giovedì 9 Ottobre 2025, San Dionigi e compagni

Centri antiviolenza a rischio chiusura, Confcooperative: serve la revisione dei requisiti

«Tale condizione rischia di penalizzare gravemente molte cooperative sociali multiservizi che, da anni, operano nel contrasto alla violenza di genere»

Il Bellunese rischia di perdere tutta la rete di supporto e contrasto alla violenza contro le donne. Con l’attuazione dell’Intesa Stato-Regioni del 2022 sui requisiti minimi per i Centri Antiviolenza e le Case Rifugio, in Veneto risulta a repentaglio una rete che conta 10 centri antiviolenza, altrettanti sportelli e 25 case rifugio, per un totale di 192 posti letto. Nella Marca trevigiana, in particolare, rischiano di chiudere 3 centri antiviolenza su 5 e 3 case. Confcooperative Belluno e Treviso insieme a Commissione donne cooperatrici intervengono sull’attuazione dei criteri stabiliti dell’Intesa sui requisiti minimi per i Centri Antiviolenza e le Case Rifugio, affinché si elimini il requisito dell’esclusività o prevalenza statutaria dell’attività. Tale condizione rischia di penalizzare gravemente molte cooperative sociali multiservizi che, da anni, operano nel contrasto alla violenza di genere. La norma scaturisce dalla necessità di uniformare i criteri e garantire standard elevati, tuttavia, non tiene conto della complessità del tessuto cooperativo locale.

«È necessario un ripensamento che metta al centro non la forma giuridica, ma la sostanza dell’azione: la capacità concreta di presa in carico, la qualità dei servizi, la presenza di personale formato e la radicata esperienza sul territorio», dichiarano Lorenzo Brugnera, presidente di Confcooperative Belluno e Treviso, e Raffella Da Ros, coordinatrice Regionale della Commissione Donne Cooperatrici, «Solo così potremo garantire la continuità e l’efficacia di un sistema di protezione che, grazie anche al lavoro delle nostre cooperative e dei nostri cooperatori, ha saputo offrire risposte concrete e umane a centinaia di donne vittime di violenza». «Ribadiamo il nostro impegno per una cooperazione inclusiva, competente e radicata», concludono Brugnera e Da Ros, «che non può essere sacrificata sull’altare di una visione burocratica e distante dalle realtà territoriali».

Selina Jin e Martina Balbinot

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