Il ricordo di papa Francesco ci sprona sempre a guardare la nostra esistenza attraverso gli occhi della speranza, quella che lui definiva «la più piccola delle virtù, ma la più forte», nella certezza che il buio si trasformerà in luce. Da tempo poi risuona ogni giorno nelle nostre orecchie la parola “ostaggio”, onnipresente in ogni avvilente informazione proveniente dal conflitto israelo-palestinese.
Ebbene, proprio queste due parole ci riportano a 80 anni fa, quando 139 ostaggi “eccellenti” furono portati da vari campi di concentramento tedeschi fino a Braies, avendo al loro fianco solo la speranza a sostenerli.
Essi rappresentavano l’ultima carta da giocare rimasta in mano a Himmler e Kaltenbrunner che, contando su un’estrema resistenza nazista nella Fortezza Alpina tirolese, volevano tenersi a disposizione tanti prigionieri illustri da scambiare con gli Alleati al momento della resa, pronti peraltro a sbarazzarsene senza problemi nel caso gli eventi fossero precipitati.
In quei giorni drammatici la vita di questi uomini valeva infatti qualcosa solo se non si spegneva il lumicino di possibili trattative: in caso contrario essi divenivano solo testimoni scomodi da eliminare repentinamente. Questo lo capivano da soli tutti gli interessati, che si videro trasportati per mezza Europa, non sapendo quale sarebbe stato il loro destino un’ora dopo.
La speranza però aveva un volto, quello del vescovo di Clermont Ferrant Gabriel Piguet, che era con loro e li sorresse fino all’ultimo. Nato il 24 febbraio 1887 a Mâcon, era stato arrestato il 28 maggio 1944 per aver denunciato pubblicamente i crimini nazisti in più occasioni e per aver aiutato un prete ricercato dalla Gestapo. Cominciò così per lui una lunga odissea, che lo vide deportato prima ad Innsbruck e poi nel campo di concentramento di Dachau, dove presiedette l’ordinazione segreta del beato Karl Leisner, che morì poco dopo la liberazione del campo. Fu compagno di prigionia di svariati personaggi importanti, ai quali non fece mai mancare, da vero pastore, il viatico dei sacramenti e l’incoraggiamento quotidiano: fu lui, ad esempio, ad impartire la comunione al generale francese Charles Delestraint prima che questi venisse prelevato e giustiziato.
Un recente filmato di 52 minuti coprodotto da France 3 Rhône Alpes Auvergne con altre emittenti e realizzato da Alexandre Fronty e Guillaume Loiret, ha il merito di riproporre la figura di questo vescovo francese, che la storia ha voluto in qualche modo legare anche alle nostre contrade (info su www.lelieudocumentaire.fr/movie/destins-dapres-guerre). Insieme al pastore protestante Martin Niemöller il nostro finì infatti nel folto gruppo degli ostaggi portati a Braies e condivise con essi sacrifici e paure, soprattutto quando in Val Pusteria tutti erano sull’orlo della disperazione perché sembrava che i nazisti volessero disfarsi di loro facendoli saltare in aria su un camion imbottito di esplosivo. Fu Piguet a celebrare la messa nella chiesa di Santo Stefano a Villabassa (Niederdorf), dove si riunirono prigionieri cattolici, protestanti ed ortodossi. Così egli ricordava: «Ma vederli in quel frangente all’altare intorno al vescovo, loro compagno di sventura, non era forse una dimostrazione d’amicizia e un presentimento di libertà? Non è forse un misterioso bisogno dell’uomo che ancora ignora il proprio destino, sapersi e sentirsi più vicino a Dio come mai gli era successo nel corso della sua vita?».
Gli ostaggi ebbero la fortuna di passare sotto il controllo della Wermacht, certo più conciliante delle SS, e finirono “parcheggiati” nell’hotel “Lago di Braies”, proprietà della famiglia Hellenstainer, in attesa degli eventi. Qui Piguet ebbe modo di celebrare varie volte la messa e di quei giorni drammatici così egli stesso scriveva a distanza di tempo: «Nella piccola cappella sul lago di Braies a 1500 metri di altitudine, lontani da qualsiasi tipo d’insediamento, ci siamo appellati all’amore cristiano e fraterno, al rinnovamento e alla pace in un mondo devastato da disgrazie e rovine. Il consenso di quell’illustre pubblico, composto da persone di ogni confessione religiosa e di ogni orientamento politico, ci dette e ci dà ancora la fiducia che molti spiriti elevati si adoperino nel senso dell’amore e della libertà rifiutando l’odio e la violenza totalitaria».
Come è noto alla liberazione degli ostaggi contribuirono pure i partigiani cadorini della “Calvi”, che sollecitati da Vittorio Somenzi, agente segreto dell’OSS (Office of Strategic Services), con un camion partirono alla volta di Villabassa e Braies, arrivando praticamente assieme ai primi reparti americani e intavolando subito le trattative con i tedeschi per la consegna delle armi.
Fu ancora Piguet, sempre a Braies, a pronunciare il 3 maggio il discorso ufficiale francese in onore dell’anniversario della Costituzione polacca, essendo l’ex Presidente della Repubblica Leon Blum in quei frangenti malato, e dopo la liberazione fece parte del gruppo fatto partire dagli americani sotto nutrita scorta alla volta di Verona, e quindi di Napoli e Capri. Tornato al suo gregge di Clermont-Ferrand, morì il 3 luglio 1952 e il 22 giugno 2001 gli è stata attribuita la medaglia di “Giusto tra le Nazioni” dal Memoriale di Yad Vashem, l’Ente nazionale per la Memoria della Shoah di Gerusalemme.
Di queste vicende rimane testimone oggi la piccola cappella sul lago di Braies: essa sorride ai tanti turisti che la visitano ogni estate, donando a tutti, anche a coloro che ignorano questi fatti storici, almeno un briciolo di quella grande speranza che seppe regalare a tanti poveri uomini e donne nelle ore decisive e conclusive del secondo conflitto mondiale.
Walter Musizza
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