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venerdì 5 Dicembre 2025,

A Mario Toffoli il premio “Lepre bianca” 2025

Domenica 17 agosto alle ore 10, in occasione della chiusura della mostra in corso a Casada, la consegna del riconoscimento del Museo Regianini di Costalissoio.

Domenica 17 agosto al pittore veneziano Mario Toffoli (in arte Emmet) sarà consegnato il premio “Lepre Bianca”, assegnato annualmente dalla Regola di Costalissoio, proprietaria del Museo Regianini, a una personalità della cultura o dell’arte. La cerimonia si terrà alle ore 10 a Costalissoio di Santo Stefano di Cadore, in occasione della 10ª edizione della “Giornata del Museo”, con la presenza del Presidente della Regola e in concomitanza con la premiazione del concorso fotografico “Rosa, rosae…”, vinto quest’anno da Ludovica De Bettin con la foto The memorial Rose.

Proprio in questi giorni è in corso una mostra di Toffoli intitolata «DoloMiti: Ritratti e Spiriti della Montagna» e visitabile presso la Sala polifunzionale della Regola di Casada (Santo Stefano) fino al 16 agosto 2025. Essa può essere definita un vero omaggio alle prime comunità montane e alla sacralità della natura, ma pure un’occasione per comprendere come vivere in armonia al cospetto delle crode sia più che mai indispensabile oggi per il benessere della natura intera.

Il pittore veneziano si è ispirato a quell’universo di storie e leggende che da sempre sottende il legame profondo e ancestrale tra uomo e montagna, traendo spunto soprattutto dai racconti della montagna dolomitica, riuniti da Karl Felix Wolff e conosciuti in Italia grazie alla traduzione di Clara Ciraolo (I Monti Pallidi, Mondadori, 1925) e ai successivi ampliamenti (Il Regno di Fanes, ediz. Cappelli, 1943). Egli non intende solo illustrare saghe e leggende, ma piuttosto dare vita ai protagonisti di queste narrazioni, proponendo i loro ritratti e risalendo alla loro stessa origine.

Un’operazione in qualche modo analoga a quella che in un lontano passato portò a raffigurare le divinità olimpiche della Grecia, trasferendole poi intatte fino ai giorni nostri, con Zeus, ad esempio, sempre identificabile da barba fluente, fulmini e aquila, o con Artemide, caratterizzata da figura atletica, corto chitone ed arco.

Toffoli, di famiglia originaria di Calalzo di Cadore, torna dunque nei luoghi delle sue origini, in quel Comelico in cui visse da adolescente mentre il padre lavorava per l’occhialeria TAL a Santo Stefano.

A Venezia poi ha studiato e affinato le sue attitudini artistiche, coltivando una profonda passione per l’arte e divenendo docente di materie artistiche: una vera vocazione, nella quale sono stati determinanti molti pittori italiani ed europei rappresentanti delle scuole neoclassica, preraffaellita e floreale, attivi tra il Diciannovesimo e l’inizio del Ventesimo secolo. Un’epoca in cui, come lui stesso dichiara, ha colto l’ultimo respiro autentico di un’arte intesa come eccellenza della capacità di creare la bellezza, volta alla riscoperta e rivitalizzazione dei valori estetici classici e non toccata ancora da sfrenato individualismo e da esagerata ricerca di originalità.

L’esposizione conta 18 quadri, tutti in mordente su carta, di cm 56×77, il primo dei quali davvero emblematico: è intitolato Le Tre Sorelle e presenta tre volti femminili scolpiti sulle imponenti pareti delle Tre Cime di Lavaredo, come se esse fossero davvero esseri viventi. Le tre donne, assorte ma vigili, con la loro imponenza dominano le valli circostanti, custodendo la loro terra e le storie di coloro che vi si sono avventurati. Una sacralità che ci riporta d’un balzo all’antichità, allorché le montagne, come l’Olimpo, l’Ida, il Citerone, il Parnaso e tante altre ancora, erano considerate sacre e simboli di potere e connessione con il divino.

Seguono le evocative rappresentazioni di Conturina, la fanciulla che incantava chiunque avesse la ventura di incontrarla nella magica valle di Contrin, di Tenna la mitica regina delle Marmarole, di Albolina, dea pre-cristiana dell’alba e custode del mistero del nuovo giorno, della Regina delle Stelle Alpine, fanciulla che personifica il fiore simbolo delle Alpi dolomitiche. Non possono mancare certo le Anguane, spiriti eterei e custodi delle sorgenti e dei ruscelli, cui si aggiungono il Drago, simbolo della potenza della natura, e Felizon, il torrente che nella valle del Boite si ribellò all’uomo e alla sua crescente insaziabilità di ricchezza. La serie continua con Fanes, la leggendaria comunità dolomitica che forse prese il nome da Pan, con gli Elfi, piccolissimi esseri, invisibili ai nostri occhi, che coltivavano lamponi e bacche di ginepro, con le Site, meravigliose e temute figure femminili dei boschi delle Dolomiti, e con Gordio, un giovane di Monzòn, la cui avventura si intrecciava con la magia del Vajolet.

In primo piano compaiono pure le Lupe, animali che incarnano la forza e la bellezza della natura selvaggia, la Signora del Polo Celeste, regina delle stelle, Soreghina ed Ey de Net, ovvero la regina Sole e l’Occhio della Notte, e Valcornola leggenda del pastore Piero che nei boschi di Ciamora e Caradìes, suonando il suo corno, mise in fuga gli invasori stranieri che già avevano incendiato Candide. Ultimi arrivano Lucina, dea della fertilità evocata soprattutto il 10 agosto, il giorno delle stelle cadenti, e Salvan, entità misteriosa che veglia su ogni albero e creatura, nota anche come l’Hom Salvàreg, un guardiano silenzioso che si manifesta solo nei sussurri del vento e nel fruscio delle fronde.

La mostra di Emmet è visitabile il martedì e il giovedì dalle 16 alle 19, il sabato e la domenica dalle10-12 e dalle 16-19 (chiuso domenica 10 agosto) ed altre sue opere si possono apprezzare sul sito artistico www.fernandafacciolli.it nella sezione “Dedicato a”.

Walter Musizza

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