
Venne un triste momento che – comunità al colmo dell’entusiasmo – a padre Beltrame fu comandato il trasferimento ad altro convento, cosa che fa parte delle regole dei frati, anche se poi a decidere sono gli uomini (nel caso si chiama Padre Superiore o Generale).
Resta il fatto che il Nostro amato partì e ne nacque quasi una sommossa popolare. Basta vedere le foto della gente che lo accompagnò alla stazione per capire il dramma di tutti: più che una morte perché quella si considera nelle mani di Dio.
Ci fu un lavoro diplomatico ad ogni livello e tanto si fece che passati pochi mesi (mi pare) Padre Beltrame ritornò al convento e facemmo una grandissima festa.
Siccome da noi si festeggiava lavorando, fu deciso di modificare l’oratorio trasformandolo in sala polifunzionale (ai tempi non si sapeva neanche il significato di questa parola), realizzando un teatro piccolo ma dotato di ogni modernità.
Per raccogliere fondi, mio padre si diede da fare per organizzare uno spettacolo coi fiocchi che vide in azione tutta ‘la Compagnia di arte varia’.
Il palco provvisorio fu realizzato comprendendo la scalinata dell’ossario rivolto alla platea sistemata sul lato verso Agordo.
Il sipario fu fatto con tende di recupero e bianche lenzuola isolavano il pubblico dalla strada.
Ci fu tale afflusso da richiedere una replica che fu concessa il giorno successivo con pochissime defezioni da parte degli artisti e ancora una grandissimo pubblico. Coi denari raccolti si comprarono i soli materiali necessari al lavoro (e neanche tutti) perché la manodopera era, come sempre, squisitamente di carattere volontaristico.
Quinte e fondali furono dipinti dal maestro Pincirolli che prese a frequentare la parrocchia pur provenendo da altra zona, anche per motivi sportivi.

Il teatrino finito, fu inaugurato con un altro spettacolo di varietà dove si esibì fra l’altro il quartetto dei Gobi1 composto da Gino Manolli, Guido Crema, Otello Capovilla e mio padre Nino; insomma una cosa fatta tutta in casa dato che i frati, per tutti noi, erano davvero di famiglia.
Con gli Alpini il campo di calcio
Di fronte all’Ossario di Mussoi c’era la casa natale di Papa Gregorio XVI2, con la sua bella cappelletta accanto e, sul fianco est, la villa dei Bertotti dove abitava la mia maestra, col suo muro di cinta ben alto e le siepi che ne facevano un luogo decisamente riservato.


Da lì all’alto muro delle Caserme, che poi si inanellavano per tutta via Col di Lana fino alla Fantuzzi, c’era un grande pianoro erboso che sembrava ideale per ricavarci un gran campo da calcio3: peccato solo che fosse in leggera costante discesa. Il fatto che la chiesa fosse un sacrario militare fu di basilare importanza quanto la scoperta che Padre Beltrame era la più giovane penna bianca degli Alpini reduci di Russia. Sta di fatto che un giorno arrivarono le ruspe del Genio e due squadre di giovani reclute.
Il pietrisco lo fornì Tizio, le recinzioni le procurò Caio, le porte in legno le costruì Sempronio; insomma, dopo poco più di un mese, il campo era finito, attrezzato e ‘regolare’ al minimo, pronto per il battesimo del gioco che vide il debutto di Scapoli e Ammogliati locali per un derby ripetuto in seguito molte volte. La prima partita durò però per non so quante ore per ammessi cambi che videro l’impegno di tutti i parrocchiani disponibili e delle reclute affiliate. Non ricordo chi vinse e non fu assolutamente importante, ma l’atmosfera di gioia che pervadeva vie, case e chiesa, quelle sì mi tornano alla mente.

Gli spogliatoi rimasero tuttavia e per sempre ‘open air’, in fondo a sinistra, dietro le stalle dei muli dove c’era una cunetta profonda e larga con una serie di pini in fila sul ciglio o, per i più restii o quando giocavano ‘i vecchi’, furono rappresentati da una stanzetta del vicino oratorio ricavato nel convento.
Insomma, dai Frati, anche la religione si promuoveva, senza saperlo, col metodo Pizzigoni. E con ciò, a Mussoi, non mancava più nulla!
Tutte le puntate
- I quattro interpreti cantavano ciascuno delle strofe satiriche, scritte da loro stessi per l’occasione, intervallate da un ritornello comune che diceva: «Non me lo dica, non me lo dica, viva la faccia del compositor che fece questo cantico d’amor!» durante il quale facevano un girotondo al termine del quale, allineati di fronte alla platea, si alzavano e si abbassavano piegando le ginocchia. Sul tubo tenuto in mano, ognuno aveva trascritte le strofette di competenza. ↩︎
- Papa Gregorio XVI, nato Bartolomeo Alberto (in religione Mauro) Cappellari (Belluno, 18 settembre 1765 – Roma, 1º giugno 1846), è stato il 254º vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica (1831-1846), il primo di nascita Bellunese.
Da ciò l’orgoglio dei concittadini (cfr http://it.wikipedia.org/wiki/Gregorio_XVI). Per noi, giovani residenti nella via a Lui intitolata, era logicamente uno di famiglia e, in quanto tale, dato per scontato e perciò per nulla indagato e approfondito. ↩︎ - Il terreno verrà poi recuperato per realizzare la nuova Caserma dei Pompieri . ↩︎
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