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venerdì 5 Dicembre 2025,

Cappellani del Triveneto: «Le carceri rischiano di essere luoghi invisibili ed emarginanti»

L'appello rivolto alla società e alle istituzioni: «Stiamo facendo davvero tutto il possibile per l’accompagnamento, la rieducazione ed il reinserimento di chi è ristretto?»,

A Zelarino, alle porte di Venezia, si sono riuniti l’1 ottobre 2025 i cappellani delle carceri del Nordest insieme all’arcivescovo di Gorizia, monsignor Carlo Maria Redaelli, responsabile della pastorale penitenziaria per il Triveneto. L’incontro è stato l’occasione per fare il punto sulla situazione degli istituti penitenziari del territorio, in un anno segnato da diverse iniziative legate al Giubileo ma anche da numerosi episodi drammatici.

Il più recente è avvenuto nel carcere di Belluno, dove si è registrato il 58° suicidio dall’inizio dell’anno. Un numero che, sottolineano i cappellani, non può essere considerato soltanto come un dato statistico: «Non si tratta di un semplice “dato spiacevole” da registrare, ma riguarda una persona, come tutte le altre 57, la cui vicenda interroga tutti».

Da qui la domanda che i cappellani rivolgono alla società e alle istituzioni: «Stiamo facendo davvero tutto il possibile per l’accompagnamento, la rieducazione ed il reinserimento» di chi è in carcere?

Nel loro comunicato, i sacerdoti richiamano l’attenzione sulle condizioni quotidiane delle carceri. Strutture spesso fatiscenti e sovraffollate, personale ridotto, assenza di opportunità alternative esterne: fattori che, spiegano, finiscono per rendere gli istituti penitenziari «luoghi invisibili ed emarginanti». Neppure la situazione dei minori appare migliore, anzi. Anche in questo ambito si registra «una esplosione dei numeri che ormai è emergenza cronica».

Il messaggio conclusivo richiama le parole di Papa Leone XIV, pronunciate in occasione del Giubileo degli operatori di giustizia: «Troppo spesso, in nome della sicurezza si è fatta e si fa la guerra ai poveri, riempiendo le carceri di coloro che sono soltanto l’ultimo anello di una catena di morte. Le nostre città non devono essere liberate dagli emarginati, ma dall’emarginazione; non devono essere ripulite dai disperati, ma dalla disperazione».

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