La personale di Giorgio Vazza, intitolata «Cara acqua, acqua cara – relazioni d’acqua», sarà prorogata anche al prossimo fine settimana, con aperture venerdì 18 e sabato 19 ottobre, dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 16, negli spazi del piano nobile di Palazzo Doglioni a Borgo Piave. La decisione è stata presa dall’associazione Borgo Piave Etc aps, organizzatrice dell’iniziativa, insieme all’artista, dopo il buon riscontro di pubblico: in cinque giornate di apertura, oltre all’inaugurazione, la mostra ha registrato quasi 250 visitatori, molti provenienti anche da fuori regione. L’esposizione ruota attorno al tema dell’acqua, elemento centrale nel percorso artistico di Vazza e legato alla sua esperienza personale del disastro del Vajont, vissuto all’età di 11 anni.
Durante l’inaugurazione, Flavio Faoro ha sottolineato la dimensione intima e autobiografica della mostra: «È una mostra intima, profonda, quasi viscerale. E dolorosa. Per Giorgio Vazza l’acqua non è solo un tema per le sue opere. È il tappeto profondo, il riferimento ineludibile, lo strato che sottiene la sua attività di artista. E, penso, la sua vita». Faoro ha aggiunto: «Questa esposizione ci mostra com’è l’artista, la sua paura e la sua fragilità, la sua forza e il coraggio che lo hanno portato anche ad affrontare l’inaffrontabile. Il Vajont, un luogo divenuto una parola che ormai ne contiene molte, tutte cariche di significato – acqua, violenza, sfruttamento, rapina, morte – è il filo che lega molte delle opere di questa mostra. Non soltanto, certo, ma credo che il peso delle opere che del Vajont ci parlano sia più forte, un filtro attraverso cui tutto il discorso artistico di Vazza è costretto a passare».
Tra le opere in esposizione, «Portavalori. Dedicato a Guglielmo Cornaviera» ha suscitato particolare interesse. L’installazione nasce da una cassetta portavalori donata all’artista dall’amico Flavio Da Rold e trasformata in un contenitore di memoria dedicato a Guglielmo Cornaviera, nato a Erto nel 1933, figura impegnata nella difesa dei diritti dei superstiti del Vajont. All’interno si trovano documenti, progetti, testi e una copia della prima edizione di «Sulla pelle viva» di Tina Merlin, la cui stampa fu sostenuta dallo stesso Cornaviera.
Il tema dei bacini artificiali viene ripreso nell’opera «In-vasi», composta da sette coni metallici che lasciano scorrere gocce d’acqua limpida in vasi di vetro, creando un effetto clessidra accompagnato da un suono ritmico. L’opera invita a riflettere anche sul tema dello sfruttamento idroelettrico. Un’altra installazione, «Viaggio» (1995), propone una boccia d’acqua purissima racchiusa in una doppia cassa ammortizzata, a simboleggiare la preziosità dell’acqua e la necessità di proteggerla come elemento essenziale alla vita.
A chiudere il percorso è «Passaggi obbligati. Sui miei passi», dove una serie di orme a terra conduce a una fotografia di Bepi Zanfron, scattata a Longarone il 10 ottobre 1963.
«Si tratta di un ritratto di famiglia. La mia. Il giorno dopo. Si vedono i miei nonni che portano me e i miei fratelli da Muda Maè a Castellavazzo il giorno dopo la tragedia. Sono il silenzio e il vuoto a parlare. Orme che ripercorrono quei passi» commenta Giorgio Vazza, che prosegue: «La fotografia è esposta contro una finestra, murata. Perché la memoria non può uscire, dalla memoria non si scappa, non può aprirsi all’aria, al mondo di fuori, e volare via. La pressione dentro è troppo forte, la spinta emotiva, la disperazione sono insostenibili e non ci si può sottrarre a un tentativo di superamento, di uscita. Come supporto ho l’arte che mi dà una mano. Te toca farlo».
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