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lunedì 15 Dicembre 2025,

Usardi: «Nei miei film c’è sempre il bisogno di stare insieme»

Parla il regista di «Alcooltest», nella foto con Drupi. Francavilla: «È il cinema che voglio, con l’alternarsi di realtà e sogno»

Due film bellunesi in contemporanea nelle sale del capoluogo. La “nouvelle vague” del nostro territorio propone all’Italia Le città di pianura, road movie firmato dal regista feltrino Francesco Sossai; al Lumière Alcooltest di Stefano Usardi, pellicola pensata e girata a Lentiai. Alto tasso alcolemico in entrambi i film.

«Alcooltest in realtà non è un film sull’alcol», spiega Usardi, 48 anni da compiere, che ha scritto e diretto il film. «Diciamo che l’alcol è l’amico prima che arrivino gli amici veri, quelli che fanno divertire e portano di nuovo a cantare il protagonista».

Protagonista è Drupi, grande cantante rivelatosi anche bravo attore. Come l’ha scelto?
«Ho guardato un po’ di foto degli artisti degli anni ’70 e ho visto lui, con quei capelli, col suo modo di presentarsi… Ho guardato qualche intervista, mi sono piaciuti i suoi modi, e la sua semplicità mi è sembrata adatta alle situazioni che volevo descrivere. Nei nostri film, d’altra parte, gli attori accettano di vivere l’esperienza tutti insieme, altrimenti non ha senso che vengano. Un film è una cosa molto collettiva, per come lo facciamo noi».

Non è un film sull’alcol, si diceva. Che cosa intende esplorare Alcooltest?
«Nei miei film c’è sempre l’idea di cercare gli aspetti che rendono una vita meravigliosa, anche una vita semplice. Perché alla fine ci vuole poco per vivere bene ed essere felici della vita che si fa. Basta magari un’idea originale e anche una vita in un paese o in un quartiere diventa subito eccezionale. Nei miei lavori il filone più importante è il valore della collettività, il bisogno di sentirsi sempre parte di qualcosa e di qualcuno. I miei soggetti sono sempre persone sul bivio dell’andare verso la patologia e di rimanere isolati e quindi, diciamo, di impazzire: perché si sentono soli o perché non trovano più un rapporto con la collettività. Poi però magari c’è il vicino di casa oppure, in Alcooltest, la cantante della band di paese che vede quest’uomo mentre sta barcollando in giro, lo riconosce e gli dice: “Ma perché non vieni a suonare con noi?” E questo diventa l’aggancio verso una sorta di catarsi, con la spinta a ritornare a far parte di una società».

La socializzazione come cura?
«Beh, nei miei film c’è il bisogno di stare insieme che mi sembra molto attuale, visto che tanti ragazzi scivolano perfino nell’aspetto della patologia perché non sanno come far parte di un insieme, e questo crea paura».
(…)

«La FiFilm Production è nata nel 2016 proprio in occasione dell’incontro che ho avuto una sera con Stefano Usardi».

Un colpo di fulmine artistico, lo definisce l’agordina Caterina Francavilla. La sua casa di produzione cinematografica ha all’attivo cinque titoli, e sono tutti film del regista di Lentiai.

«Ero a Feltre, al cinema che al tempo cogestivo con il proprietario e… niente, lui si è presentato con la sua sceneggiatura ed è nata la nostra collaborazione, così all’improvviso».

Che cosa le è piaciuto del modo di scrivere di Usardi?
«Stefano è una bellissima persona, diciamo che è un po’ fuori dalle righe ed è proprio questo che a me è piaciuto di lui e delle sue sceneggiature. Le sue storie sono un continuo alternarsi tra realtà e sogno. A me piace proprio questo suo surrealismo: se mi avesse presentato una sceneggiatura molto lineare, forse non avrei accettato. Mi piace proprio questo suo modo di interpretare le cose».

Sul numero 42 dell’Amico del Popolo “di carta” del 23 ottobre, in distribuzione questa settimana (su abbonamento, in edizione digitale e in edicola), puoi leggere l’intero approfondimento sul film bellunese «Alcooltest».

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