La settimana scorsa, evento per me inusuale, sono andata al cinema ben due volte: davano «Le città di pianura» e «Alcooltest», che mi attiravano dal punto di vista personale e soprattutto professionale. I protagonisti, in entrambe le pellicole, sono da un lato la striscia di terra che va da Belluno a Venezia passando per il Trevigiano, dove personalmente sono a casa, dall’altro l’alcol, accompagnatore pervasivo delle vicende raccontate, perché per moltissimi anni mi sono occupata di persone e famiglie con problemi alcol-correlati.
Le due pellicole hanno suscitato in me tanti pensieri e riflessioni, mi hanno riportato a molte storie, persone e famiglie, a tante sensibilità e qualità, a fallimenti e ricadute, a strade e atmosfere familiari. Ma una questione importante, alla fine, mi sembra spiccare sulle altre: questi due film rappresentano un’occasione di sdoganamento, offrono la possibilità di guardare e parlare – a seconda del punto di vista dell’osservatore – di un’abitudine, di un problema, di un fenomeno, di un vizio, di un disturbo o malattia collocandosi al di là della rimozione del problema o del giudizio morale, ma anche fuori dalle analisi sociologiche e dall’ambito clinico.
Ci mostrano, attraverso il linguaggio artistico, l’effetto e il “potere” sociale e culturale dell’alcol; possono accendere una riflessione su tratti, abitudini, rischi, stili di vita che, fuori dall’eccezionalità di alcuni personaggi, ci riguardano da vicino e hanno a che fare anche con il valore delle relazioni e con la saggezza o l’incoscienza che possiamo riconoscere nelle nostre comunità. Vi è il coraggio di rappresentare per riflettere, condividere, capire e modificare.
Ho spesso sperimentato come sia poco efficace usare la parola «alcol» in ambulatorio e soprattutto nella prevenzione. È come parlare di «cloruro di sodio»: si perde il sapido e il sapore, il significato simbolico, culturale e relazionale di cui la sostanza è portatrice. I due film, invece, ci fanno entrare nel mondo dissonante dell’«uso di alcol», proprio come quella barca a vela di Alcooltest, che dà rifugio ma non può andare da nessuna parte perché ormeggiata su un mare d’erba mal falciata. Storie “prototipo” ed estreme, che ci appassionano e ci fanno patire nel racconto di vicende semplici e disperate ma a loro modo grandiose, come spesso risuonano nelle nostre famiglie.
È molto significativo che sia lo sguardo della generazione più giovane ad animare i film: sa spingere o trainare verso il cambiamento, non senza fatica e dubbi, facendo leva sulla creatività, che è il modo di mettere insieme passato e futuro.
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2 commenti
RENATO
finche’ si aprono birrerie e pub vari chioschi vari e feste di ogni tipo cosa si puo’ pretendere? l’offerta e’ molto varia.
Giuseppe
Sdoganare, riflettere, parlare,.. ma a quale scopo? Per condannarne l’uso o per assecondarlo? Per compiacerci che il mondo va cosi? Per piangere e consolare? Per rassegnarci all’indifferenza? Solo per il gusto di fotografare il territorio o anche per decidersi a cambiare?