San Martino, vescovo di Tours e patrono della città di Belluno, è da secoli simbolo di carità e di attenzione verso chi è nel bisogno. La sua figura, così umana e vicina alla gente, ha ispirato innumerevoli artisti, che nel corso del tempo hanno raccontato il gesto più celebre della sua vita: il dono del mantello al povero.
In occasione della sua festa vogliamo ricordarlo attraverso due opere molto diverse per epoca, tecnica e linguaggio, ma unite dalla stessa iconografia e dallo stesso spirito: un affresco trecentesco e una scultura contemporanea.
La prima è un affresco dei primi decenni del Trecento, parte del ciclo conservato nell’antica chiesa di Santa Caterina a Ponte nelle Alpi. L’autore è anonimo, ma rivela un linguaggio pittorico che combina suggestioni bizantine con aggiornamenti derivati dalla pittura veneziana e dalmata tra Due e Trecento, nonché con echi delle novità introdotte da Giotto a Padova.
Sulla parete di controfacciata campeggia la grande scena di san Martino a cavallo, colto nel momento in cui arresta l’animale per dividere con la spada il suo mantello e offrirne metà al povero. L’azione, pur animata, mantiene una solenne compostezza, racchiusa entro un riquadro dallo sfondo blu. Nonostante l’affresco sia in parte deteriorato, si conserva ancora la qualità del volto del santo, sereno e nobile. Ma è il povero il vero protagonista emotivo: il corpo smilzo e il volto scavato, resi con un naturalismo quasi espressionistico, trasmettono un senso di verità e di umanità nuova per il tempo.
Sette secoli più tardi, il tema ritorna nel monumento scultoreo di Franco Fiabane (1937-2015), posto all’ingresso dell’Ospedale Civile di Belluno.
Nel suo rilievo, che emerge da un unico blocco di pietra bianca dell’Alpago e datato 1988, san Martino non è più il cavaliere distante, ma un uomo che scende da cavallo per chinarsi verso il povero, incontrandolo da vicino. Fiabane stesso spiegava: «Ho voluto far scendere san Martino dal cavallo per accentuarne il senso di umiltà: il dono del mantello mantiene il piacere nel darsi alla gente che ha bisogno». L’artista traduce così la carità in un gesto concreto e quotidiano, restituendo al santo la dimensione umana dell’incontro e della condivisione.
Nella mostra monografica dedicata a Fiabane, allestita al Museo civico di Palazzo Fulcis di Belluno, si possono ammirare anche tre opere dell’artista ispirate a san Martino, testimonianza di quanto il tema del santo fosse per lui motivo di riflessione costante. Si tratta innanzitutto del modelletto in terracotta per una scultura destinata a una delle tre nicchie sulla facciata della chiesa parrocchiale di Col San Martino (Treviso): qui il santo è rappresentato come vescovo, raccolto in preghiera, mentre ai suoi piedi un povero inginocchiato alza lo sguardo verso di lui e con una mano trattiene un lembo del piviale. Segue un bozzetto a china su carta raffigurante san Martino che copre con il mantello il povero e, con la medesima iconografia del Martino che scende da cavallo per dividere il mantello, il recto di due medaglie in bronzo realizzate per il Lions Club di Belluno.
Due immagini lontane nel tempo ma vicine nello spirito: dall’affresco medievale alla scultura moderna, san Martino continua a parlarci della fraternità e del dono, valori che attraversano i secoli e restano al cuore della nostra comunità.
Giorgio Reolon
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1 commento
Rita S.
Il bozzetto a china, visto a Palazzo Fulcis qualche giorno fa, mi ha particolarmente colpito – tanto che ho voluto fotografarlo : il mantello, partendo dalle spalle del Santo, scende ad avvolgere il corpo del povero, quasi a formare un tutt’uno. Francamente una simile raffigurazione non ricordo di averla mai vista.
Bellissima mostra, grande artista.