Ci piace san Martino: il gesto del mantello condiviso con il povero di Amiens resta la sua icona più caratteristica. Ma egli non fu solo quel soldato che, da semplice catecumeno, soccorse un povero. L’episodio è narrato dal biografo Sulpicio Severo al quarto paragrafo della Vita Martini. Ne seguono altri 23, che raccontano la parabola di un soldato diventuto monaco e poi vescovo. Quindi Sulpicio aggiunse tre testi per narrarne la morte. Dopo qualche anno volle raccogliere altri episodi nei Dialoghi. Sono i testi nel 2007 lo scrivente ha tradotto e commentato per l’editrice Città Nuova (Lettere e Dialoghi, Collana testi patristici n. 196), la prima edizione in italiano che completava il Martinellus. In questo lavoro è emersa una storia ulteriore che merita di essere conosciuta, tanto più in una città che ha scelto Martino come patrono.
Negli anni del suo servizio alla Chiesa di Tours, Martino riveste spesso il ruolo del profeta che scuote e pungola la flemmatica tranquillità dei potenti e degli ecclesiastici dell’epoca. Per questo non piaceva sempre, ancorché il suo portamento incutesse timore reverenziale in tutti, perfino alla corte dell’imperatore.
Martino non piaceva ai poteri forti, quando faceva veri e propri flash mob contro un giudice crudele che manteneva l’ordine costituito con una giustizia sommaria.
Non piaceva all’arcidiacono della sua diocesi, che si sentiva pungolato perché prima della liturgia doveva procurare un abito decente a un povero infreddolito.
Non piaceva quando compiva gesti pungenti, come quella volta in cui baciò un lebbroso, simbolo dei reietti che ci sono in ogni società e in ogni epoca.
Forse Martino non piaceva, quando fu tra i primi vescovi che spingero l’evangelizzazione fuori dalle mura delle città, nelle campagne ancora pagane. A suo modo antesignano di una ‘‘Chiesa in uscita’’. È lo stesso richiamo che abbiamo sentito per dodici anni, spronati a uscire dalle sacristie: ma a molti questo sprone e il suo assertore non sono piaciuti. Ma è dovere del profeta stimolare il popolo.
La ‘‘Chiesa in uscita’’ tra i pagani comportava azioni che un po’ stupiscono: come quando demolì un tempio pagano o abbatté un albero sacro a Cibele. Sembrano atti di intolleranza religiosa, ma forse Martino intendeva soprattutto liberare la gente dalla schiavitù che quelle forme religiose imponevano. Ma questo non piaceva.
In san Martino scopriamo anche una delicata attenzione agli animali, quando salva una volpe dai cacciatori o i pesci dai predatori. Una sensibilità ecologica su cui oggi si sorride, perché un nuovo pensiero è stato dettato Oltreoceano, coprendo la forte denuncia che avevamo ascoltato nell’enciclica Laudato si’. Ma anche questa non a tutti è piaciuta.
I santi non sono tali per lisciare il pelo alla gente: da eroici seguaci del Maestro, sanno punzecchiare il mondo. I profeti non possono dire che va tutto bene, anzi sanno alzare la voce. E per questo non piacciono a tutti.
Vi piace ancora san Martino? A noi francamente sì, ancora di più.
Davide Fiocco
Seguici anche su Instagram:
https://www.instagram.com/amicodelpopolo.it/

1 commento
Giuseppe
Un tempo il presente che piacerebbe sicuramente a Martino di Tours, visto e considerato che i “fedeli” non solo nelle sacrestie, ma neppure nelle chiese vi entrano più. È anche questa Chiesa in uscita? Penso sia ora di finirla con queste storie degli ecclesiastici che non sanno capire e vivere il Vangelo solo perché amano la liturgia.