Un osservatore esterno, da fuori provincia o anche da fuori regione, rimane ammirato dalla considerazione raggiunta dalle zone montane e, soprattutto, dal Bellunese nello Statuto veneto. Lo Statuto è la legge fondamentale di una regione e ne stabilisce la forma di governo e i principi di organizzazione e funzionamento. Qualcuno lo definisce una specie di «mini-costituzione» regionale.
Lo Statuto del Veneto oggi in vigore risale al 2012: all’art. 15 dedica molte e importanti previsioni a favore degli enti montani in generale e della Provincia di Belluno in particolare. Una autonomia speciale analoga a quella delle province di Trento e di Bolzano non era ovviamente possibile. Si parla quindi di «specificità», mediante forme di autogoverno che non scattano subito ma vanno riconosciute con atti successivi della Regione. Le materie sono significative come il governo del territorio, le risorse energetiche, l’agricoltura, il turismo e parecchie altre, inserite in un elenco che non è comunque definitivo e che può essere integrato cammin facendo.
Due anni dopo, nel 2014, è stata approvata la legge regionale (n. 25) che stabilisce modalità e termini di attuazione della «specificità». Da allora, però, l’Amministrazione regionale ha fatto una scelta di metodo che, con il senno di poi, non si è rivelata efficace: invece di un provvedimento di insieme che affrontasse subito e nel suo complesso la questione si è preferita una attuazione frazionata e dilatata nel tempo, spesso all’interno di testi normativi che riguardano anche altri temi.
Dopo più di dieci anni ci ritroviamo così come in mezzo ad un guado, sospesi nell’incertezza tra una situazione superata e una meta non ancora raggiunta. È perciò essenziale che la prossima Giunta Regionale metta tra le priorità per il nostro territorio il completamento di questo decisivo pacchetto amministrativo.
Dal completamento dipendono anche altre e non meno importanti partite come quella del riassetto dei livelli di governo locale che non avrebbe senso condurre in porto sino a quando non vi sarà chiarezza sul quadro finale delle competenze.
Già con un referendum del 2017 il Bellunese ha chiesto a gran voce che si concretizzi la previsione statutaria. Quando la Regione chiamò i veneti alle urne con il noto referendum sull’autonomia, la Provincia approfittò dell’occasione e convocò per la stessa data un identico referendum. Quel referendum provinciale superò il successo del referendum regionale, sia come percentuale di partecipazione degli elettori, sia come percentuale dei SI, consegnando alla politica regionale un messaggio molto netto. Per contrastare la supremazia – talvolta ostile e lontana – di uno Stato centrale, non bisogna inventarsi uno “Stato regionale”.
Per questo la “partita bellunese” mette anche in gioco qualcosa che va oltre i confini provinciali e che parla a tutto il Veneto. Si tratta di capire se maggiore autonomia regionale significherà maggiore centralismo regionale e come il dare voce alle aspirazioni di autogoverno delle comunità ci può risparmiare i rischi e i pericoli di una Regione-Stato.
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1 commento
Giuseppe
C’è quindi il fondato timore che le promesse elettorali in favore della montagna con specificità e assessore rimarranno tali?