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Metonimia! Ecco, la “parolaccia” l’abbiamo detta subito e ci siamo tolti un pensiero.
Spesso parlando facciamo delle metonimie, ma non ce ne rendiamo conto (ricordate il film Il postino, quando Massimo Troisi diventava consapevole di fare delle metafore?). Succede per esempio quando diciamo «Dammi un bicchiere» per chiedere da bere: è una metonimia, perché invece di nominare il contenuto (…dammi dell’acqua, del vino, della birra, del tè…) diciamo il nome del contenitore. Mica ingurgitiamo il bicchiere di vetro!
Accadde lo stesso, probabilmente, con il marzapane, una parola che indica un dolce squisito ma nella quale il pane non c’entra nulla. Siete pronti alla vorticosa giostra dei significati delle parole (che tanto ha impegnato i linguisti)?

Ancora una volta dobbiamo andare molto a oriente, e siamo nel Medioevo: nella città di Martaban del golfo del Bengala, oggi Birmania, a est dell’India, si fabbricavano particolari contenitori di porcellana e di legno che presero il nome dal luogo di produzione: la scatola veniva chiamata “martaban”. In quei contenitori si usava conservare, tra l’altro, il dolce che dunque avrebbe preso il nome dalla scatola di legno: marzapane, appunto.
Il contenitore per il contenuto: metonimia. E il contenitore che prende il nome dalla regione è anch’essa una metonimia, come quando diciamo «Dammi del San Daniele», in cui l’oggetto, il prosciutto, prende il nome dalla regione in cui viene prodotto (San Daniele del Friuli). Doppia metonimia! Da far girare la testa, pensandoci, ogni volta che gusteremo il marzapane.
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Molti studi sono stati pubblicati sulle parole che vengono dall’arabo e che compaiono nell’italiano e nei nostri dialetti. Ma il riferimento più importante (sul quale si basa anche questa nostra rubrica «Ma parlo arabo?») è costituito dai due volumi «Gli arabismi nelle lingue neolatine con speciale riguardo all’Italia», opera che porta la firma del glottologo agordino Giovan Battista Pellegrini. La pubblicò nel 1972 per Paideia Editrice Brescia, con una dedica: Alla memoria di mio padre dr. Valerio Pellegrini, nato a Lozzo di Cadore nel 1879 e morto a Cencenighe Agordino nel 1958. I Pellegrini erano una famiglia di farmacisti, originaria di Rocca Pietore, che per lavoro si spostò in Cadore per poi tornare in riva al Cordevole.
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