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venerdì 5 Dicembre 2025,

Quando coglieremo la lezione del foliage

L'editoriale sul numero 46 dell'Amico del Popolo datato 20 novembre 2025

Il bosco incendiato dal rosso del foliage è uno spettacolo naturale che in questo trapasso di stagione sorprende e incanta. Da qualche settimana il fenomeno ricolora i pendii delle nostre valli, fin dove arrivano le specie caducifoglie, attirando sempre maggiori schiere di appassionati. Si tratta di un turismo diverso da quello estivo o invernale, sebbene anch’esso sempre più orientato dal potente passaparola digitale dei social. Quello che in città è un fastidio, cioè la caduta delle foglie che richiede la rimozione da viali e marciapiedi, nei boschi di montagna diventa uno spettacolo unico col suo tripudio di colori. E così la rigenerazione dell’albero diventa anche rigenerazione dell’animo. Non l’abbiamo certo scoperta noi la “febbre del foliage”: in Usa e Giappone è occasione di turismo ‘‘fuori stagione’’ dagli inizi del secolo scorso. Ma sulle Dolomiti ha suggestioni rare. Quassù l’arancio, l’oro e il carminio sanno pure di rivincita sul grigio “bostricato”.

Basta salire in una delle nostre valli per capire quanto la voglia di foliage, complici le belle giornate autunnali, abbia attecchito anche qui. Non è un’altra fuga dalla città, ma un ulteriore esempio di quella attrattività che la montagna esercita su chi abita in pianura e cerca il “bello” che le Terre alte soddisfano da sempre. «I monti colorati in rame», come scriveva il cantautore, invitano alla gita, alla salita, anche in questa stagione. Ma se boschi e sentieri accolgono i visitatori, rifugi, alberghi e ristoranti, fino al piccolo bar in piazza, sono, di converso, desolatamente chiusi, in qualsiasi località dolomitica. Eccezion fatta per il capoluogo, in sorprendente controtendenza.

E allora, nel tempo di “San Martino” qualche “esule pensiero” sovviene alla mente: contro la peste dell’overtourism e il suo opposto ancor più letale, ovvero l’abbandono, molti propongono come buona ricetta salvamontagna la cosiddetta “destagionalizzazione”, difficile da pronunciare, ancor più da perseguire. È sensato pensare di distribuire lungo tutto l’arco dell’anno le presenze turistiche, cercando di favorire gli arrivi nelle cosiddette “stagioni morte” ma, come sempre, è proprio il caso di dirlo, si fanno i conti senza l’oste: c’è bisogno per le strutture e il personale di periodi di stop per ristrutturare, apportare migliorie, consumare meritate ferie.

Si potrebbe pensare a rotazioni per garantire sempre qualche pensione, hotel o ristorante aperto? Certo. Ma anche in questo caso quel che manca è una concertazione tra operatori, associazioni di categoria, enti e amministratori locali. Insomma ciò che manca è ancora una volta una politica turistica che sappia gestire. Le foglie cadono perché il bosco riposi e poi rinasca. Quando coglieremo la “lezione” del foliage?

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