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venerdì 5 Dicembre 2025,

Zoran Music, anche il Bellunese nel crogiolo della sua vita

Una bella mostra a Palazzo Attems a Gorizia celebra il grande pittore nel ventennale della morte.

Zoran Music (1909-2005) con le sue pitture e incisioni ha saputo davvero raccontare tutto l’orrore della disumanità assoluta, forte soprattutto dell’esperienza vissuta nel campo di concentramento di Dachau, che lui stesso definì a posteriori «una grande lezione».

A questo grande artista, nato a Boccavizza, oggi Slovenia, Gorizia, nel contesto degli eventi legati a GO!2025 Nova Gorica – Gorizia Capitale Europea della Cultura 2025, ha dedicato una grande mostra inaugurata il 25 maggio scorso, proprio nel ventennale della morte, avvenuta a Venezia. Fino al 21 ottobre a Palazzo Attems Petzenstein sarà così possibile ammirare oltre 100 sue opere, compresa la famosa Stanza di Zurigo, un’opera magistrale, realizzata tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio dei Cinquanta su commissione delle sorelle Dornacher ed oggi fedelmente rimontata per l’occasione.

La rassegna scandisce l’intero arco della sua vita e della sua arte, dalle prime esperienze all’Accademia di Zagabria alle influenze di Klimt e Schiele assorbite a Praga, dal fascino di Goya alle atmosfere della Trieste post-imperiale. Una produzione in cui Music ha rielaborato genialmente incontri avuti, culture avvicinate e città vissute, ovvero tutta una serie di singolari crocevia che l’esistenza nella sua ineffabile logica gli offerse, subdola o benigna che fosse.

Nel 1944 venne arrestato dalla Gestapo a Trieste, accusato di collaborazionismo e poi deportato a Dachau, dove si aggrappò all’arte per sopravvivere.

Liberato dagli americani nel 1945, tornò a Gorizia e poi a Venezia in gravi condizioni di salute, riuscì a portare a casa una trentina di disegni dei circa 200 realizzati nel lager.
«Mi sono messo a disegnare di nascosto – raccontava – specie durante le due settimane in cui venni ricoverato all’ospedale del campo, dove le SS non penetravano. Eravamo coricati su lettini sovrapposti, e ogni mattina vedevo i cadaveri che si accumulavano intorno a me, uno a destra, uno a sinistra, due sopra, due sotto… Non potevo fare a meno di schizzare queste immagini di morte. Poi nascondevo i fogli sotto alla camicia». E disegnando sapeva bene quel che rischiava, poiché il regolamento parlava chiaro: fornire alla propaganda nemica descrizioni di atrocità comportava l’immediata impiccagione.

A Venezia ritrovò Guido Cadorin (1892-1976), conosciuto nel 1943 a Trieste, dove si era rifugiato per sfuggire alle persecuzioni naziste. Professore all’Accademia, apparteneva a una famosa famiglia originaria di Pieve di Cadore, che vantava come capostipite un figlio illegittimo di Tiziano. Un giorno, mentre era con il celebre frate musicista ed esorcista Pellegrino Ernetti, raccontò di un sogno in cui Tiziano gli era apparso suggerendogli una musica, che il religioso prontamente trascrisse.
La figlia Ida, allieva dell’Accademia di Belle Arti, gli mise a disposizione il suo studio, dove Zoran disegnò i primi autoritratti e cavallini, e nel 1949 divenne sua moglie (nome d’arte Ida Barbarigo), che gli rimase accanto per tutta la vita, accudendolo amorevolmente negli ultimi anni, segnati dalla malattia, nella elegante casa di San Vio sul Canal Grande.

Il Veneto dunque, in siffatta ricca tavolozza di sentimenti, gioie e dolori, occupa senz’altro un posto rilevante nella vita di Music, e non solo per il suo rapporto con Venezia e i Cadorin.

A legare Music al Bellunese c’è anche il fatto che nel 1946 egli passò i mesi estivi a Cadola, dove Guido Cadorin lo volle come uno dei suoi tre aiuti per l’esecuzione dei grandi affreschi commissionati da don Giacomo Viezzer nella chiesa arcipretale di Cadola, con un ciclo su Maria, dall’Annunciazione all’Assunzione, con i grandi Profeti dell’Antico testamento e con una Pietà. Un’esperienza per Zoran in qualche modo propedeutica, importante per la sua evoluzione artistica, non solo un viatico d’incoraggiamento e solidarietà in tempi ancora molto difficili.

Non può essere dimenticato poi lo speciale legame intrattenuto con Cortina d’Ampezzo, dove Music era solito trascorrere le vacanze estive e dove giunse per lui la consacrazione a pittore di caratura internazionale.

Nel 1951 vinse infatti il Premio Parigi, una manifestazione, promossa dall’Ambasciata italiana in Francia su consiglio di Massimo Campigli e Gino Severini e organizzata dal locale Circolo artistico ampezzano, allora presieduto da Mario Rimoldi. Tale riconoscimento condusse il pittore a esporre a Parigi e a conoscere molti collezionisti importanti che comprarono i suoi quadri. Il paesaggio ampezzano, con i suoi fiori e le sue rocce rimase sempre una costante nella sua ispirazione, tanto che verso la metà degli anni Sessanta egli produsse a Cortina il ridente Ciclo dei Fiori, una serie di suggestivi dipinti e disegni a matita colorata, animati da una grande felicità espressiva. Ma egli fu attratto anche dai profili e dai colori delle Dolomiti ampezzane, in particolare da quelli delle Cinque Torri e del Becco di Mezzodì, che portò allo sviluppo del Ciclo dei Paesaggi rocciosi, anch’esso molto apprezzato dai collezionisti di ieri e di oggi.

Negli anni 1993-1994 ebbe grande successo un’esposizione personale del maestro tenutasi prima a Cortina d’Ampezzo e successivamente a Venezia presso gli spazi della Galleria d’Arte Contini.

Risale invece al 2009 la pubblicazione Zoran Music a Cortina (editrice Il Ramo d’Oro), dedicata al ciclo naturalistico della vita e curata da Daniele D’Anza, con scritti di Renato Balzamo, Maurizio Zanei ed Hervé Bordas, scanditi da 50 illustrazioni.

Music morì a Venezia il 25 maggio 2005 ed è sepolto nel cimitero monumentale di San Michele.

Walter Musizza

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