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venerdì 5 Dicembre 2025,

L’Ottocento, il secolo d’oro di Tiziano Vecellio

Uno studio di William Barcham pubblicato su «Studi Tizianeschi» rivela quanto l’epoca romantica abbia esaltato e interpretato l’opera del "Divin pittore".

La rivista Studi Tizianeschi, Annuario della Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore, dal 2003 propone approfondimenti di alto livello su tutto ciò che riguarda la vita e la produzione di Tiziano. L’ultimo numero della rivista, il XIV della serie, non delude certo le attese, proponendo otto densi contributi di autorevoli studiosi, cui s’aggiungono molte recensioni di nuovi libri e mostre.

Voglio qui segnalare in particolare lo studio di William Barcham intitolato Tiziano rivisitato nell’800: tra invenzione e finzione, tra mistificazione e apoteosi (pp. 129-149), dedicato all’eccezionale resilienza dimostrata dalla figura di Tiziano nel secolo del Romanticismo, dopo l’eclissi patita nel Settecento per la preferenza data al Veronese e alla sua rivoluzione coloristica.

Barcham, professore emerito della New York University, ricostruisce le motivazioni artistiche e politiche che sottesero siffatta metamorfosi in città importanti come Parigi, Londra e Venezia, ma anche in Austria, Germania e perfino negli Stati Uniti. La storia parte con i Funerali di Tiziano di Alexander Hesse, opera presentata al Salon di Parigi del 1833; con la Morte di Tiziano di Pierre-Nolasque Bergeret, autore in quello stesso periodo di un analogo dipinto; e con il più tardo Cadavere di Tiziano sotto l’Assunta di Joseph-Nicolas Robert-Fleury. I tre quadri, seppur inverosimili nell’ambientazione, sono dimostrazione evidente di come l’amore per Tiziano fosse ritornato in auge in Francia. Ciò avveniva soprattutto per l’influenza di opere tizianesche trafugate dall’esercito francese dopo il 1798, a cominciare dal Martirio di San Pietro martire, giudicato capolavoro assoluto e più volte replicato, anche da Théodore Gericault, e per i soggiorni di studio di diversi pittori francesi a Venezia.

Un altro soggetto molto amato e ripreso fu poi il noto gesto fatto da Carlo V che, secondo il racconto del Ridolfi, raccolse il pennello caduto di mano a Tiziano intento a ritrarre l’imperatore: una scena che consacrava il carisma dell’artista e che, oltre che da vari pittori, tra cui Jean Henri Marlet nel 1814 e Joseph-Nicolas Robert-Fleury nel 1842, fu raccontata anche da Alexandre Dumas in due suoi libri, del 1845 e del 1867.

Tiziano insomma divenne un mito e ciò portò come conseguenza anche una mistificazione della sua figura. Ne è un esempio Alfred De Musset, che nel suo Le fils de Titien del 1838 racconta un’autentica favola su Pomponio Vecellio e i suoi eccessi, seguito nel 1846 dal pittore Pierre Eugène Lacoste che arriva addirittura a ritrarre il pittore mentre “adora” una sua modella.

Non vanno certo dimenticati Édouard Manet, che da giovane replicò la Madonna col Bambino e santa Caterina e poi si ispirò alla Venere di Urbino per la sua celebre scandalosa Olympia, o lo scozzese William Dyce, che dipinse un Giovane Tiziano che prepara i suoi colori in un’atmosfera tipicamente albionica.

Fondamentali risultarono inoltre negli anni Sessanta i due libri pubblicati da Josiah Gilbert dopo i suoi viaggi dedicati alla scoperta del Cadore e del suo pittore preferito. Ma ancor più determinante per il ritorno alla ribalta di Tiziano fu la decisione dell’imperatore Ferdinando di dedicargli un monumento ai Frari di Venezia, anche per esaltare la sua figura come creatura stessa di Carlo V. L’opera, affidata a Luigi Zandomeneghi, venne ultimata nel 1852 e divenne subito meta irrinunciabile per tutti i visitatori di Venezia. Lo stesso imperatore ordinò poi a Michelangelo Grigoletti una copia dell’Assunta (metri 14 x 6,6) per la chiesa di stato di Esztergom in Ungheria, mentre Massimiliano, futuro imperatore del Messico, commissionò ad Antonio Zona un Tiziano maestro del giovane Veronese.

Nell’Ottocento insomma il pittore cadorino venne amato ed esaltato da grandi pittori, scrittori ed intellettuali, da Henry James al console americano a Venezia William Dean Howells, passando addirittura per Samuel Morse, che prima di diventare l’inventore del telegrafo, fu un buon ritrattista e venne a studiare le opere tizianesche a Firenze e Venezia.

Tiziano assurse dunque a simbolo primo della millenaria cultura di Venezia in anni in cui la Serenissima era già scomparsa da tempo, alimentando l’amor di patria in tanti italiani che cercavano faticosamente la via dell’unità e dell’indipendenza.

Walter Musizza

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