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venerdì 5 Dicembre 2025,

Piccoli grandi esempi di montagna autentica: la storia della famiglia Bortoluzzi e della loro malga Sant’Anna

Nel 1978 un norcino e produttore di formaggi, Diego, decide di far vivere la famiglia in una casa prefabbricata, di quelle reduci dal terremoto in Friuli, per investire tutti i loro averi nell'acquisto di una malga e da lì inizia la sua storia

Ultimamente tutti siamo alla ricerca di esperienze autentiche, qualunque cosa voglia dire. Ed è ovviamente il paradosso della nostra contemporaneità: circondati da un mondo artificiale che va letteralmente dalla carne all’intelligenza, la nostra anima ricerca la radice delle cose, quella sensazione che proviamo quando entriamo in una bottega d’altri tempi, quando vediamo un mobile di legno massiccio o sentiamo il profumo dell’erba appena sfalciata. Non ci sono molti posti che abbondino di autenticità, ma la montagna, quella vera, ne è ancora una grande fucina.

Malga Sant’Anna

Chissà cosa ne pensa dell’autenticità la famiglia Bortoluzzi che con l’artificiale non ha mai avuto a che fare. Siamo in Alpago (terrà di per sé non troppo blasonata: fare il malgaro qui non ha la stessa “coolness” che farlo in Val Badia, o magari a Cortina), quando nel 1978 un norcino e produttore di formaggi, Diego, decide di far vivere la famiglia in una casa prefabbricata, di quelle reduci dal terremoto in Friuli, per investire tutti i loro averi nell’acquisto di una malga e del bestiame per produrre latte e formaggi. La falciatrice, indispensabile per il lavoro che aveva in mente Diego, non riuscì ad ottenerla con il mutuo in banca, e gli venne concessa dal venditore sulla fiducia.

Silvio e Diego Bortoluzzi

Diego veniva da un passato di emigrante, aveva lavorato in Germania, Olanda e Svizzera, ma ovviamente, qualcosa che potremmo definire il destino, lo legava alla sua terra di origine. Presto, i formaggi prodotti nella piccola Malga di Sant’Anna, una frazione sopra a Tambre, diventano celebri e questo gli consente di estinguere i debiti. Il lavoro procede con la moglie Anna, che segue gli animali da cortile e cresce i tre figli: Valerio, il maggiore, che presto si occuperà in toto della stalla, Ester e il piccolo Silvio, nato quando l’impresa di famiglia era già cominciata.

Oggi Diego ha 82 anni e la sua bottega dà proprio quella sensazione di altri tempi: non più di 20 metri quadrati all’interno di una malga di sasso, in cui colleziona cimeli e vende ancora i formaggi, accompagnati da un’ombra di vino rosso o bianco, e molte chiacchiere sulla sua storia e quella della sua famiglia. All’esterno due tavoli, ricavati da un grande tronco d’albero, per chi vuole sedersi, ammirando la vallata e assaggiando un tagliere, oppure, se si arriva all’ora giusta, una ricotta appena affiorata dal siero, ancora calda. Un posto noto, ma non affollato, dove anche le signore del luogo fanno capolino per chiedere a Diego se ha delle uova: le sue galline, un po’ capricciose, non sempre producono, ma quando lo fanno vale la pena.

Il negozio di formaggi

Ma la storia più interessante per noi comincia quando Diego cede il passo ai tre figli, formati all’istituto di agraria di Conegliano, giovani che forse avrebbero potuto fare impresa altrove o farsi ammaliare dalla città, o da zone in cui il turismo è più facilmente assicurato. E invece tutti e tre i figli decidono di restare e di assumere il comando dell’azienda di famiglia: Valerio nella stalla nuova, più grande, in cui alleva circa 70 capi tra bovini maturi e nuovi nati; Ester, che insieme al marito ha rilevato la malga primigenia e ne ha fatto un ristorante in cui serve piatti locali, e taglieri misti con i formaggi del fratello e gli affettati prodotti dal marito, compresa una carne salata che vale il viaggio. E infine il piccolo Silvio, che ora ha quasi 30 anni ed è cresciuto respirando formaggio, tanto che oggi ha la responsabilità legale dell’Azienda agricola Sant’Anna e si occupa di preparare i formaggi.

La poesia di Silvio Bortoluzzi dedicata alla ricotta

Il rapporto di Silvio col formaggio comincia da lontano: una foto, nella bottega del padre, lo ritrae a 11 anni, accanto a Luca Zaia, intento a leggere la poesia sulla ricotta che aveva scritto di suo pugno: “quando tu sei nel siero mia ricotta sono fiero”. Silvio è forse la quintessenza dell’autenticità locale, non solo per il suo ruolo nell’azienda di famiglia, ma anche per il suo impegno nel coro Dolada, il coro alpino più celebre della zona, e lo fa da molti anni, prima nel coro giovanile e oggi in quello ufficiale, che durante l’estate si esibisce in splendidi concerti all’aperto e al chiaro di luna. Il coro ha omaggiato anche il lavoro della famiglia, nell’anniversario dei 40 anni nel 2018.

Tra le produzioni di Silvio, oltre alla ricotta da acquistare appena affiorata (solitamente viene messa in produzione il sabato ed è pronta verso le 16) ci sono le ricotte affumicate, il primo sale, i formaggi alle erbe, e addirittura la mozzarella, la cui tecnica Silvio ha rubato con l’occhio, visitando diversi caseifici amici. Ci tiene infatti a specificare che la sua formazione non è solo scolastica (anche se dice che un grande vantaggio glielo hanno dato le lezioni di chimica e di zootecnia) ma è soprattutto esperienziale, e che le mani nel latte cagliato le mette da quando ha 6 anni. In tutto lavora circa 5 quintali di latte a settimana, tutti prodotti dalle mucche del fratello. La sua invenzione più recente, e davvero degna di nota, è il malgarpone, un mascarpone denso e burroso, che serve al naturale, sui crostini di pane, e con cui al ristorante della sorella preparano un tiramisù da provare. Non solo quello della sorella, ma molti altri ristoranti della zona si riforniscono dei suoi formaggi, come Alessandro, lo chef di Casera Pal, per tutti Malga Cate, che con la ricotta affumicata e ancora morbida, realizza un antipasto caldo, rosolandola nel burro.

Il famoso “malgarpone”

Se passate di qui ricordate che il formaggio non avrà sempre gli stessi sentori: nei formaggi prodotti con in latte estivo si assaporano le erbe di pascolo, anche dopo mesi di stagionatura, e sono più giallognoli. Quelli prodotti con il latte d’inverno invece lo sono meno, per via del fieno che consumano le mucche nelle stalle. Cose ovvie qui, ma per noi che viviamo nell’artificialità, sono piccole epifanie. Nell’orto di nonna Anna si aggira una nipotina, c’è da augurarsi che anche la terza generazione scelga di vivere qui.

Crostini al “malgarpone”

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3 commenti

  • Grandi da noi tutti

  • Bellissimo articolo complimenti a tutta la famiglia tantissimi auguri di tanta salute

  • Io in quella bottega di venti metri quadri, pochi anni fa, ho visto campeggiare diverse immagini del Duce. Non so se si possano definire cimeli… Ho provato grande disagio.

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