In relazione all’ultimo caso del bambino bellunese di un anno, ricoverato in condizioni critiche nella Nefrologia della Pediatria di Padova, dopo che aveva mangiato un formaggio fatto con latte crudo di mucca contaminato dal batterio Escherichia coli, pubblichiamo l’intervista realizzata a Damiano Comin, responsabile del Servizio Veterinario di Igiene degli Alimenti di Origine Animale e Loro Derivati (Siaoa) dell’Azienda Ulss 1 Dolomiti, già proposta nell’Amico del Popolo cartaceo del 5 giugno 2025.
Già dalla scorsa estate gli acquirenti dei formaggi prodotti nelle malghe e nei caseifici, che afferiscono al progetto Regionale dei Piccoli Produttori Locali del Veneto, trovano al bancone dei cartelli informativi nel caso di produzioni con latte crudo in assenza di processi di pastorizzazione o equivalenti. «Bere il latte crudo è sconsigliato per tutti senza una preventiva e accurata bollitura. Il consumo di formaggi prodotti a partire da latte crudo, se freschi o a breve stagionatura, è sconsigliato ai bambini, anziani, immunodepressi e donne in stato di gravidanza», afferma il dottor Damiano Comin, responsabile del Servizio Veterinario di Igiene degli Alimenti di Origine Animale e Loro Derivati (Siaoa) dell’Azienda Ulss 1 Dolomiti. «Va però ricordato che ci sono formaggi che per le caratteristiche del processo di produzione e durata della stagionatura sono sicuri, pur usando latte crudo, come il Grana e il Parmigiano. Per le altre tipologie di formaggi a latte crudo è raccomodata una adeguata stagionatura ricordando che per particolari pezzature possono servire anche più di 12 mesi per sanare il prodotto dai batteri patogeni eventualmente presenti».
È pericolosa l’infezione da stec
I formaggi generalmente sono prodotti a partire da latte pastorizzato ma alcuni, per tradizione, non prevedono nel loro processo produttivo trattamenti termici di pastorizzazione, o equivalenti, che inattivino i batteri indesiderati. Nel latte crudo si possono trovare, oltre ai numerosi microorganismi ‘‘buoni’’, anche alcuni patogeni, tra questi ultimi i ceppi di Escherichia coli denominati Stec per la loro capacità di produrre la Shiga-Tossina. L’infezione da Stec può determinare forme di colite emorragica che possono complicarsi fino alla sindrome emolitico-uremica (Seu) che colpisce principalmente i bambini. «Negli ultimi tre anni abbiamo avuto quattro casi di intossicazione da Stec nella Ulss 1. I casi più gravi sono stati di due bambini. Una era la bimba che lo scorso anno aveva mangiato del formaggio a latte crudo prodotto in Trentino e aveva sviluppato la Seu, l’altro un bambino con enterite emorragica. I due adulti invece hanno avuto sintomi gastrointestinali non gravi».
Progetto «piccole produzioni locali»
Il progetto Piccole Produzioni Locali coinvolge la Regione, le Ulss e i piccoli produttori locali del Veneto per una maggior tutela dei cittadini basandosi su diverse azioni che riguardano non solo il processo produttivo, come l’aumento delle analisi a partire dal latte appena munto e dopo la caseificazione, ma anche l’informazione al consumatore/acquirente. «Per la provincia di Belluno è stato anche erogato un evento di formazione agli operatori del settore della distribuzione, come banconieri delle gastronomie e dei supermercati per garantire una corretta informazione al consumatore», afferma Comin. È stato anche creato un gruppo di lavoro Regionale che ha messo insieme diverse competenze sia tecnologiche che sanitarie per fornire formazione specifica agli operatori delle malghe per la prevenzione della presenza di Stec nel latte e nel formaggio e per l’utilizzo di processi produttivi in grado di inattivare i microorganismi patogeni.
L’informazione al consumatore
«Il progetto mira a migliorare la sicurezza alimentare di questo genere di prodotti e si suddivide in tre fasi. Si parte con la formazione degli operatori del settore caseario con corsi sull’igiene della mungitura», spiega Comin. «La seconda azione riguarda il piano di monitoraggio con analisi specifiche sul latte crudo e sul latte crudo cagliato, in modo da individuare a monte eventuali contaminazioni. In caso venga trovata contaminazione l’operatore interessato, per tutta la stagione dovrà pastorizzare il latte per la produzione dei formaggi. La terza fase infine riguarda la sensibilizzazione e l’informazione diretta al consumatore con dei cartelli appositi che segnalano che il prodotto è a base di latte crudo e che è sconsigliato per le categorie di cui vi ho già parlato. Questo viene fatto per dare la maggior tutela possibile al consumatore nel caso qualche prodotto contaminato sfuggisse alle precedenti fasi del processo di controllo».
di Maria Giovanna Romanelli
Seguici anche su Instagram:
https://www.instagram.com/amicodelpopolo.it/

2 commenti
Daniele martimbianco
Se le vacche sono al pascolo e d’inverno mangiano fieno secco, il latte è diverso come gusto e composizione di vacche chiuse in stalla mangiare silato e mangimi calorici per fare più latte. Che dopo 2 o 3 anni sono maccelate perché prendono la stimati e non rendono più, a differenza delle vacche di montagna che pascolano vengono maccelate dopo 8 o 12 anni e la carne è ottima per mangiare a differenza delle altre che le usano per fare scattolete per cani e gatti. Lavoro da 17 anni in un caseificio industriale queste cose le conosco
Giuseppe
Bisognerebbe comprendere se la pastorizzazione del latte ne altera le capacità organolettiche e solo in questo caso evitarla, altrimenti imporla per legge a tutti i caseifici.