Le Olimpiadi innescano sempre sogni ambiziosi, talvolta azzardati se non addirittura deleteri per il futuro dei territori interessati. L’imperativo dovrebbe essere sempre quello di guardare al di là dell’evento sportivo, concependolo come occasione di progresso a medio e lungo termine per le comunità locali prima che di propaganda e di prestigio nazionale. Ma l’equilibrio è difficile e un esempio paradigmatico in tal senso ci viene dai propositi maturati una settantina di anni fa in vista dei Giochi Olimpici invernali di Cortina 1956, allorché tornò di attualità la fattibilità di un collegamento ferroviario tra Cadore e Pusteria.
La Camera di Commercio, Industria e Agricoltura di Belluno nel mese di agosto 1952 fece stendere un progetto per la costruzione di una nuova ferrovia a scartamento normale Calalzo – Auronzo – Cortina d’Ampezzo – Val Marebbe – Brunico, voluto per colmare, come recita il frontespizio dello studio, «una lacuna nelle comunicazioni ferroviarie delle Dolomiti».
La nuova arteria, della lunghezza di circa 87 chilometri, avrebbe dovuto collegare Calalzo con Brunico, innestandosi poi sulla linea Fortezza – San Candido e quindi sulla rete austriaca, con un costo previsto di 250 milioni di lire a chilometro. Del tronco iniziale da Calalzo ad Auronzo, di circa 15 km e del costo preventivato di 4 miliardi di lire, si sottolineava come esso potesse «soddisfare finalmente le giuste aspirazioni della laboriosa e paziente gente cadorina del Piave-Ansiei».
Nel primo tratto il tracciato attraversava Vallesella e la località di “Ciasiere” a valle di Domegge, arrivando al Ponte Nuovo e poi ad Auronzo. Da qui puntava verso case San Marco, costeggiando la strada delle Dolomiti e, giunto alla confluenza dei torrenti Sorapis e Rudavoi nell’Ansiei, imboccava una galleria di 10 chilometri sotto i massicci dei Cadini, del Marcora e del Faloria, per sboccare nella conca ampezzana.
Erano previste stazioni a Domegge, Lozzo e Cima Gogna, mentre quella di Auronzo avrebbe dovuto essere ubicata in modo da soddisfare in pieno le esigenze di «quel lungo paese». Si prospettava inoltre la possibilità di un allacciamento con Villa Santina, punto d’arrivo di un tratto ferroviario da Tolmezzo, già progettato ma non ultimato ancora negli anni Venti. Circa l’ubicazione della stazione di Cortina, destinata soltanto al servizio viaggiatori, bagagli e merci celeri, si avanzavano due ipotesi: o del tutto fuori dall’abitato, o subito a valle della frazione di Cadin Alto.
Da Cortina la ferrovia doveva quindi attraversare il piano di Fiames, imboccare una galleria di chilometri verso la valle di Marebbe e proseguire fino a Brunico. Un tratto questo assai impegnativo, lungo circa 47 chilometri , di cui 15 in galleria, del costo approssimativo di 11 miliardi di lire.
Lo studio sottolineava «gli enormi benefici che deriverebbero a tutte le vaste zone attraversate dalla linea» nonché l’«immenso vantaggio anche a località lontane, particolarmente Venezia, il cui porto risentirebbe sicuro e benefico impulso dalla nuova comunicazione». Su questo niente da obiettare, ma lascia oggi perplessi la prevista utilità addotta dal progetto per il trasporto del legname e dei minerali delle miniere di Auronzo «in progressivo incremento».
Il progetto costituiva in definitiva l’ideale continuazione di un sogno concepito subito dopo la conclusione della Grande Guerra, allorché all’ingegner Gaetano Ciocca (1882-1966) era stato affidato il compito di studiare un prolungamento della linea ferroviaria fino a Cima Gogna.
Conoscendo la fervida attività del Ciocca, poliedrica figura di intellettuale e inventore, vien da chiedersi come sarebbe risultata questa nuova tratta ferroviaria cadorina. Egli infatti fu il padre della cosiddetta «strada guidata» (o «guidovia»), che proponeva il trasporto di persone e merci tramite trazione meccanica su un binario in cemento. L’idea gli era venuta proprio durante la guerra, quando aveva avuto occasione di toccare con mano le difficoltà dei collegamenti in zona di operazioni. Per questo pensò di trasformare radicalmente la ferrovia, sostituendo le rotaie con un pavimento simile a quello delle strade e cerchiando le ruote delle locomotive e dei carri con la gomma invece che con il metallo.
Il suo progetto però rimase una chimera e bisognò attendere fino al 1928 perché venisse riproposto in nuova veste da un rapporto steso e pubblicato a Belluno dall’ingegner G. Corte sulla fattibilità del tronco ferroviario Calalzo-Cima Gogna, da inserire nel più vasto contesto della direttissima Venezia-Monaco.
La Commissione Reale, presieduta dal cavalier Carlo Silvetti, prevedeva che l’opera sarebbe venuta a costare 18 milioni di lire, con una partecipazione di 6 milioni in Titoli di Rendita dello Stato da parte degli enti locali interessati. Tra i contributi stanziati da questi ultimi, con deliberazioni già prese, c’erano pure quelli della Provincia di Belluno (lire 300.000), della Magnifica Comunità (lire 500.000), di Auronzo (lire 1.300.000), Comelico Superiore (lire 500.000), Sappada (lire 400.000), Santo Stefano di Cadore (lire 800.000), Vigo di Cadore (lire 500.000) e di tanti altri comuni ancora.
Non se ne fece niente, ma il sogno rimasto nel cassetto era destinato a rispuntare ciclicamente, nel 1952 sotto l’egida dei Cinque cerchi appunto e poi ancora nel 2016 grazie al convegno IUAV-CIFI tenutosi a Venezia.
Di tante illusioni fiorite in quest’ultimo secolo ciò che merita di essere salvato è proprio la fervida disponibilità dimostrata nel 1928 da tutti i comuni cadorini, che seppero condividere equamente vantaggi e oneri derivanti dall’intera operazione loro proposta. Ma oggi Cadore e Ampezzano possono contare sulla comunione e sulla responsabilità allora messe in campo?
Walter Musizza
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7 commenti
Giuseppe
Per il ponte sullo stretto di Messina se ne parla dal tempo dei romani (suppergiu 2.000 anni), per il prolungamento ferroviario in Cadore c’è quindi ancora tempo.
vallese claudio
Claudio Vallese
Vorrei avere il tempo d salire a Venezia Mestre in treno e arrivare in centro a cortina vedere il paesaggio ,no incontrare macchine tir autobus respirare un po’ di quando andavo in colonia ( Ancilotto) sarebbe ora d impegnarsi e di realizzare
Cordialmente Claudio
vallese claudio
Claudio Vallese
Vorrei avere il tempo d salire a Venezia Mestre in treno e arrivare in centro a cortina vedere il paesaggio ,no incontrare macchine tir autobus respirare un po’ di quando andavo in colonia ( Ancilotto) sarebbe ora d impegnarsi e di realizzare
Cordialmente Claudio
Gian Nicola Drei
Un treno che percorra le valli cadorine sarebbe una bella cosa,dovrebbe però favorire anche i collegamenti transalpini, per impedire l’isolamento della provincia e la circolazione di persone e merci evitando strade e autostrade più impattanti sul territorio. Una isola felice bellunese, dato lo spopolato in corso nob regge come ipotesi per il futuro
Roberto
Fa parte delle chiacchiere per dare fumo negli occhi alla gente! A Vicenza c’è un paesaggio a livello in centro città nella strada statale che la collega a Treviso. Nelle passeggiate che mio nonno mi faceva fare 70 anni fa, mi portava a vedere “il treno” e mi diceva: “vedi? Qui faranno un cavalcavia perché un giorno, ci saranno più auto…” Eravamo nella metà degli anni 50 e i progetti nei cassetti del comune mi risulta siano 5, tutti ovviamente pagati.dalla comunità ma il treno per Schio passa ancora oggi.
Carlo
Se non abbiamo visto realizzarsi il sogno del treno delle Dolomiti del quale si parlava solo fino ad un paio di anni fa’ possiamo sicuramente ringraziare i nostri politici passati ed attuali che ad altre logiche rispondono, ai sindaci dell’ alto Bellunese, dalle molte idee ma da una in particolare, “che non ce l’ abbiano quelli della valle vicina!” , dalle Ferrovie dello Stato che recentemente hanno giudicato non economicamente redditizio tale collegamento intervallivo ed inoltre grazie all’ illustre ing Moroder che alcuni anni fa a margine di un articolo proprio sull’AdP riguardante la tratta Bolzano Salorno , se non ricordo male, giudicava come ottima soluzione il treno turistico Calalzo Dobbiaco, ma che ora ha cambiato idea seguendo altri interessi ben immaginabili.
Pino
Il biglietto costerebbe comunque un botto
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