Ogni giorno, sul percorso che collega Belluno a Calalzo di Cadore, treno e corriere Dolomitibus si fanno una concorrenza insensata e dannosa: ben 12 bus corrono quasi in contemporanea al treno, con pochissimi minuti di differenza negli orari di partenza e di arrivo. È troppo aspettarsi che i mezzi, il carburante e gli autisti vengano impiegati altrove, magari per creare delle coincidenze puntuali tra le stazioni e le località non servite dal treno?
Il colmo è il bus sostitutivo del treno, che è una corriera identica a quella di Dolomitibus, che percorre la stessa Statale 51 di Alemagna e arriva alla medesima stazione Belluno, praticamente insieme. Partono entrambi da Calalzo di Cadore: la corriera Dolomitibus alle 16.18, la corriera sostitutiva alle 16.20. Più doppione di così! E questo non perché una forte utenza giustifichi la presenza simultanea di due corriere, che contribuiscono a intasare l’Alemagna trafficatissima viaggiando quasi incolonnate, con evidente impatto su soldi, risorse, autisti, ambiente. Tutto ciò avviene semplicemente perché i due sistemi – ferro e gomma – non si parlano, non si armonizzano, addirittura si fanno concorrenza, manca totalmente, insomma, l’intermodalità. (…)
In un giorno feriale «tra Belluno e Calalzo e viceversa, se la circolazione ferroviaria non fosse sospesa per lavori, sono previste 24 corse di Trenitalia e 21 corse di Dolomiti Bus», scrive TreniBelluno.it sui propri canali web, «ma ben 12 sono dei doppioni, come afferma il presidente della Provincia Padrin. Vuol dire che il treno e la corriera fanno lo stesso viaggio pressoché contemporaneamente». (…)
La ferrovia Ponte-Calalzo, peraltro, trarrebbe giovamento se si consolidasse l’utenza del treno. E ciò può avvenire se si elimina la concorrenza dei bus ma anche se verranno scongiurate le ipotesi di chiusura annuale dei binari, per la manutenzione. Elisa De Berti, vice presidente della Regione, dice di non conoscere i piani di Rete Ferroviaria Italiana e propone al nostro territorio di farsi parte attiva per concordare gli interventi e ragionare di prospettive. (…)
Nei giorni scorsi Rfi ha scritto alla sindaca di Pieve di Cadore Sindi Manushi che «verosimilmente, se i finanziamenti degli interventi di manutenzione straordinaria in corso verranno confermati, verranno effettuate chiusure continuative negli anni successivi fino al 2030» nelle stesse «finestre temporali» in cui la linea attualmente resta chiusa: da metà settembre a metà dicembre, da fine marzo a inizio giugno. «Il completamento degli interventi manutentivi che necessitano di almeno 6 mesi di chiusura si ritiene potrà essere completato dopo il 2030, pertanto dopo tale data si ritiene che la chiusura continuativa possa essere ridotta a 3 mesi, per le consuete attività di manutenzione ordinaria e straordinaria, tipica per linee a semplice binario di questo tipo».
In seguito alla grande preoccupazione destata da queste parole, Rfi è intervenuta il 9 ottobre con una ulteriore comunicazione che in realtà non smentisce la precedente, ma riconosce che c’è una progettazione in corso e apre la porta a una maggiore trasparenza: «Al momento non sono state pianificate ulteriori chiusure di linea oltre l’anno 2027 e le ipotesi di interruzioni negli anni successivi per lavori di manutenzione straordinaria potranno trovare eventuali conferme solo a valle del completamento di progettazioni attualmente in corso e dei consueti processi di pianificazione. Eventuali nuove indisponibilità, come di consueto, saranno rappresentate e condivise in tempo utile con gli stakeholders istituzionali»
De Berti, come la mettiamo, con le dichiarazioni di Rfi?
«Allora, la questione delle chiusure non è una questione politica, ma è una questione di manutenzioni. Rfi programma le manutenzioni in base alle risorse che vengono messe a posizione, quindi se ci sono le risorse vengono fatte le manutenzioni e quindi le chiusure, altrimenti vengono rinviate all’anno dopo. Io personalmente auspico che Rfi continui a investire sulla linea per tenerla operativa, per ché smettere di finanziare interventi vuol dire sottintendere di chiudere la linea. Ma proprio perché Rfi sta investendo un sacco di soldi su una linea che è costosa, questo va a significare che la volontà di tenerla operativa c’è tutta. Le chiusure annuali ci sono non solo sulla Ponte nelle Alpi – Calalzo, ma vengono fatte ovunque in giro per l’Italia».
Però sono decisioni prese lontano e senza comunicazioni chiare.
«A fronte di chiusure che potrebbero ripetersi per anni, l’unica cosa che si può fare è quella di ragionare, ma questa deve essere una richiesta che deve arrivare dal territorio, di verificare con Rfi se si può fare una chiusura lunga che però poi permetta di poter avere una linea aperta in continuità. Questo non so se sia possibile, sono valutazioni che devono essere fatte intorno a un tavolo con il territorio, però il territorio deve farsi parte attiva in questo, perché io non posso decidere di chiudere la linea o di proporre a Rfi di valutare di chiudere la linea per tanto tempo se non c’è la condivisione con il territorio».
(…)
Sul numero 41 dell’Amico del Popolo “di carta”, che porta la data del 16 ottobre 2025 ed è in distribuzione questa settimana (su abbonamento, in edizione digitale e in edicola), puoi leggere l’intero approfondimento dedicato al trasporto pubblico, con l’elenco completo dei doppioni corriera-treno.
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1 commento
Giuseppe
Affermazioni scarica barile: se chi è l’assessore regionale competente per materia non sa, logica vorrebbe che si informasse presso rfi; se chi autorizza le corse delle corriere non le ferma ma semplicemente lamenta una concorrenza, cosa sta a sedere in quel ruolo pubblico? A chi ubbidisce rfi? Alla politica sul territorio che è quella regionale e provinciale o al portafoglio dell’azienda?