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lunedì 15 Dicembre 2025,

La storia di Simone che costruisce strumenti musicali preistorici: «Quando li suono, gli animali mi ‘rispondono’»

Erano probabilmente utilizzati in riti funerari e soprattutto per la caccia dato che imitano alla perfezione i versi di uccelli e marmotte. Nel numero 44 dell'Amico del Popolo ''di carta'' l'approfondimento sul museo dell'Uomo di Val Rosna di Sovramonte

Una poiana che risponde a un richiamo, una marmotta che inizia a fischiare. E ancora un branco di renne che, durante la marcia, si ferma all’improvviso e si dispone in posizione di difesa, con i piccoli accovacciati al centro e gli adulti intorno. Sono tutti possibili effetti del suono, in mezzo al bosco, di alcuni strumenti musicali preistorici. Come quelli che da oltre trent’anni costruisce l’archeologo Simone Pedron. Da quando ha sei anni suona il pianoforte e, più o meno dalla stessa età, durante le scuole elementari, si è appassionato sempre di più alla preistoria, iniziando per gioco a costruire frecce, archi e asce. Le due passioni si sono unite e da lì è nato il lavoro che Simone, con una laurea in Archeologia all’Università di Padova, porta avanti da quasi trentacinque anni.

«Nei libri di storia della musica che studiavo da adolescente non c’era mai alcun riferimento alla parte preistorica. Mi chiedevo: com’è possibile? Non potevo credere che i nostri antenati non avessero prodotto strumenti musicali. Dovevano esserci, per forza», racconta. La prima conferma arriva a diciotto anni, quando in un libro, trova due pagine dedicate agli strumenti preistorici, in particolare francesi. Esistevano, dunque. «Dopo quella scoperta», racconta, «ho iniziato un po’ alla volta a ricostruirli e non ho più smesso. In oltre trent’anni di attività ho ricreato più di 250 strumenti musicali del passato, dal Paleolitico superiore, circa 43.000 anni fa, fino agli antichi Romani, passando per l’età del Bronzo e l’età del Ferro con gli Etruschi e i Veneti antichi».

Di quali strumenti musicali si tratta?
«Ci sono alcuni esemplari di flauti in osso, un materiale che si è conservato fino a oggi, ma non è l’unico. È probabile, infatti, che esistessero strumenti anche in legno o in pelle, andati perduti. Alcuni flauti in osso imitano molto bene il verso degli uccelli rapaci, come la poiana; altri, invece, in terracotta e di forma globulare, riproducono alla perfezione il richiamo dell’allocco. Esiste poi anche una sorta di fischietto che imita il verso delle marmotte, tant’è che quando lo si suona esse “rispondono” a distanza. Ma ci sono anche altri strumenti molto affascinanti, come la conchiglia tromba, i cui esemplari meglio conservati risalgono a 18-16 mila anni fa: oltre a produrre un suono simile a quello di una tromba, udibile a chilometri di distanza, questa conchiglia può essere utilizzata anche come tamburello, megafono o per riprodurre il rumore delle onde del mare».

Che funzione avevano?
«Nascono anzitutto dall’esigenza di imitare i suoni della natura e molti di questi probabilmente venivano utilizzati per la caccia, tant’è che sono stati ritrovati in zone dedicate alla macellazione. Alcuni colleghi qualche anno fa hanno sperimentato questo tipo di utilizzo nel nord Europa con cervi e renne; queste ultime, in particolare, appena sentono il suono di uno specifico fischietto in osso, si fermano simultaneamente e si preparano a difendersi, mettendo al sicuro i piccoli del branco. È una questione di frequenze: quelle del fischietto si sovrappongono a quelle del verso degli avvoltoi e per loro rappresentano un segnale di pericolo. Probabilmente i cacciatori preistorici sfruttavano proprio questo comportamento e, quando gli animali si fermavano, li colpivano».

È l’unico utilizzo?
«No, altri strumenti, come il rombo sonoro, erano usati durante i riti funerari, tant’è che sono stati trovati molto vicini a zone di sepoltura. Il rombo, ad esempio, ha un suono davvero particolare e viene usato ancora oggi da alcuni popoli, come gli Aborigeni australiani o i nativi americani. L’idea è che questo strumento avesse a che fare con il mondo degli spiriti e permettesse una sorta di dialogo con gli antenati o con l’aldilà».

Sull’uomo, invece, che effetto fanno questi suoni?
«Il mondo sonoro preistorico, per la mia esperienza, è davvero affascinante. Più riproduco e suono questi strumenti, più mi immergo in un universo che, anche se è cronologicamente lontano, tocca corde profonde in ognuno di noi. Me ne accorgo anche durante le attività in cui facciamo ascoltare i suoni di questi strumenti, come la Grotta del suono, un’esperienza immersiva nei suoni preistorici che quest’anno abbiamo portato anche al Museo Vittorino Cazzetta di Selva di Cadore. Non è raro che alla fine qualcuno si commuova o scoppi a piangere».

Nel numero 44 dell’Amico del Popolo “di carta” del 6 novembre, in distribuzione questa settimana (su abbonamentoin edizione digitale e in edicola), puoi leggere per intero l’approfondimento sul museo dell’Uomo di Val Rosna, che ha aperto a Sovramonte poco più di un anno fa. Troverai un bilancio del primo anno di attività, tante curiosità (come il fatto che il primo dentista della storia era proprio un ”bellunese” di 14.000 anni fa) e l’intervista ad Aldo Villabruna, a cura di Luisa Manfroi.

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12 commenti

  • Per la prima volta leggo , con estremo interessse, che la nostra specie , anche quando primitiva, si interessava alla musica.mi fa sentire bene

    • In Sardegna in un sito archeologico prenuragico ho trovato un fischietto ricavato da un incisivo di cervo radice cava e finestrella alla base, vorrei conoscere il tuo parere, grazie..

  • Semplicemente affascinante !
    Complimenti !

    • Molto interessante, d’altronde la produzione di suoni, siano segnali canti o musica complessa ha sempre caratterizzato l’espressione umana; da piccolo saccheggiavo pacchi di ziti napoletani per farne fischietti, con grande disappunto di mia madre

  • Complimenti vivissimi! Occorre ritornare all’ essenza … Alla primordialita … Origine del tutto…
    “Il ritmo e l’Harmonia sono all’ origine dell’ Universo”
    Platone, Repubblica (ed altri topoi)

    • Ho riprodotto parti della panoplia di armi della mummia esposta a Ferrara con mio enorme piacere. Ho fornito i materiali per l’arco e le frecce costruite dal mio maestro e amico SB. Le corde invece le ho fatte personalmente intrefolando ortica di ottima qualità. È stato un onore.

  • Molto molto interessante! Complimeni vivissimi e grazie allo stiudioso!

  • In Sardegna in un sito archeologico prenuragico ho trovato un fischietto ricavato da un incisivo di cervo, radice cava finestrella alla base, vorrei conoscere il tuo parere, grazie..

  • Davvero molto interessante! Sui libri di storia scolastici si accenna solamente alla musica preistorica, generale si parla solo di strumenti a fiato e percussioni, senza scendere nei particolari. Poi nelle culture urbane dai Sumeri in poi si tace quasi sempre sull’argomento “musica”. Invece andrebbe sempre approfondito poiché la musica è parte integrante della cultura e dello sviluppo dell’umanità intera, pertanto non è meno importante dei riti funebri o della cultura materiale. Da archeologo e insegnante di storia e letteratura (nonché chitarrista) ho trovato davvero affascinante questo articolo. Sicuramente andrò ad approfondire l’argomento!

  • Complimenti Simone.un abbraccio

  • Io e mio marito siamo appassionati di storia e di rievocazione storica .Io ho una particolare passione per la preistoria.
    Complimenti

  • Molto interessante il tuo lavoro di ricerca intorno agli strumenti musicali preistorici . Sono convinto che l’uomo primitivo aveva più tempo per dedicarsi anche alla musica; forse nata per un senso pragmatico quale aiuto durante le cacce, ma che ha anche allietato momenti di ascolto e convivenza di probabili riti o feste.
    Sono un ceramista ed ho imparato a costruire i fischietti con la creta. Se interessato, mi rendo disponibile a creare e cuocere eventuali tue nuove creazioni/invenzioni.

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