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venerdì 5 Dicembre 2025,

Riconoscenza, non caricature

L'editoriale sul numero 44 dell'Amico del Popolo datato 6 novembre 2025

C’è qualcosa di più profondo, e di più doloroso, dietro alle polemiche sul manifesto comparso a Belluno con il logo di Adecco e lo slogan: «Dai vegnì zo in val che ghe xe da far andar avanti tut!». Non è solo questione di linguaggio maldestro o di un’infelice trovata pubblicitaria. È lo specchio di un modo di pensare ancora diffuso, che guarda alle comunità di montagna come a un mondo minore, marginale, quasi da “recuperare” alla modernità della pianura. Quell’invito «a scendere in valle» suona come un richiamo paternalistico, un messaggio che suggerisce che futuro, lavoro, dignità stessa del vivere siano solo “giù”, lontano dai paesi arroccati sulle pendici. È un’idea che dimentica – o forse ignora – la realtà quotidiana di chi in montagna continua a vivere, studiare, lavorare, mantenendo vivi paesi che altrimenti si svuoterebbero del tutto.

Ogni volta che si propone la montagna come luogo da “abbandonare per forza”, si aggiunge una ferita al suo già difficile destino demografico. Lo spopolamento non è solo una statistica: è la chiusura di una scuola, la serranda di un negozio che non riapre, l’autobus che smette di passare. È la solitudine che si allarga insieme ai boschi. La provincia di Belluno – lo ha precisato il sociologo Diego Cason nell’editoriale dell’Amico del Popolo datato 30 ottobre 2025 – perderà 20 mila lavoratori nei prossimi 20 anni. Un destino inevitabile? Più che altro il segnale di un territorio che rischia di svuotarsi non per mancanza di dignità, ma per mancanza di possibilità.

Il vero paradosso è che la montagna avrebbe oggi bisogno di attirare nuove persone, giovani famiglie, lavoratori da altre regioni o Paesi. Ma chi arriva spesso si trova di fronte al problema di case introvabili o inaccessibili, affitti gonfiati o immobili chiusi. È difficile immaginare un futuro abitabile se vivere in montagna costa più che in città e i servizi scarseggiano. Serve un cambio di sguardo. Credere che la montagna non sia solo un bel panorama o una vacanza d’inverno, ma una parte viva del Paese e del suo futuro. Non servono compassione né folklore, ma rispetto e politiche serie: per il lavoro, per i servizi, per la connettività, per la scuola.

La montagna non ha bisogno di essere “salvata” dall’esterno, ma di essere ascoltata e messa nelle condizioni di esprimere le proprie potenzialità. La montagna ha già dato. Ha dato alla pianura legname, energia, acqua, manodopera. Ha visto intere generazioni partire per costruire altrove case, strade, città. Oggi però non è più tempo di chiedere alla montagna di “scendere”. È tempo, semmai, di salire: di riportare valore, idee, investimenti, infrastrutture e rispetto. Un nostro collaboratore suggerisce uno slogan che ci piace riportare: «… Ma cosa ciànceto! Vén ti quasù in montagna: sión in pochi con tanti laóri da fa ma l’é pì bel che da voialtri».

Chi lavora nella comunicazione, soprattutto quando si rivolge a territori fragili, ha una responsabilità enorme: le parole non sono neutre, plasmano percezioni, costruiscono o distruggono legami. Basta ribaltare la prospettiva: mostrare la montagna come una risorsa, non come un limite; raccontare la dignità di chi resta, di chi prova a costruire un futuro senza abbandonare le proprie radici. Chi vive in quota non è “rimasto indietro”: ha solo scelto di restare fedele alla propria terra, anche quando tutto spinge verso il basso. E questa, oggi più che mai, è una forma di modernità che merita riconoscenza, non caricature.

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1 commento

  • Il territorio montano e le persone che vi abitano vanno sostenuti, tuttavia non penso che la colpa dell’abbandono delle terre alte stia tutta in una pubblicità: lei stessa ha affermato che c’è il fenomeno dei bellunesi nel mondo. I paesi di montagna perdono abitanti per volontà degli stessi che preferisco non costituire famiglia, non fare figli, non educare i giovani ai valori della stabilità e della generativita, ma cercano le comodità che non trovano, migliori condizioni di vita e di guadagno,…

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