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venerdì 5 Dicembre 2025,

Lavoratori in sciopero contro gli esuberi alla Diab di Longarone

I sindacati preoccupati per quella che si presenta come una vertenza molto difficile perché al momento dall’azienda non è giunta nessuna apertura per una trattativa o per qualche soluzione alternativa.

Sciopero questa mattina alla Diab di Longarone con i lavoratori fuori dai cancelli dell’azienda, che opera nel settore gomma-plastica, per protestare contro la decisione della proprietà svedese di lasciare a casa 185 dipendenti su 250 a causa di un rallentamento del mercato dei prodotti in PVC, ormai superato dal più performante e sostenibile PET. Palpabile la preoccupazione anche dei sindacati espressa da Agnoletto della Uil, da Deola della Cisl e da Marra della Cgil, tra l’altro molto sorpresi e amareggiati per l’intenzione manifestata dall’azienda di dismettere l’utilizzo della pressa per le lavorazioni in PVC a una sola settimana di distanza dall’annuncio degli esuberi.

Riannodando il filo degli eventi degli ultimi mesi, i sindacalisti spiegano che in autunno era stato annunciato un calo della produzione che aveva indotto ad attivare anche la cassa integrazione e a fissare per l’inizio del 2022 un incontro per fare il punto della situazione. Punto che è stato fatto lunedì 24 marzo quando, come un fulmine a ciel sereno, l’azienda ha annunciato i 185 esuberi, senza presentare alcuno piano industriale.
Fatto questo che, a giudizio dei sindacati, rende la vertenza molto difficile, oltre che urgente, perché la proprietà non ha dato alcun segnale di disponibilità a trattare e perché c’è il timore che lo stabilimento non possa sostenersi con la produzione residua che sarebbe in grado di realizzare abbandonando i prodotti in PVC.

Di qui, oltre allo sciopero, l’immediato coinvolgimento della Regione Veneto per l’apertura di un tavolo istituzionale che, se necessario, sarà poi integrato anche da un tavolo ministeriale, per verificare le possibilità di salvare i posti di lavoro e, in ogni caso, di garantire nel modo migliore il futuro dei lavoratori (tra i 185 esuberi, 47 sono assunti a tempo determinato e sono i più giovani, mentre gli altri 138, a tempo indeterminato, sono mediamente intorno o sopra i 50 anni e questo rende anche più difficile una loro ricollocazione sul mercato del lavoro).

Da parte loro i sindacati, per limitare al massimo il numero degli esuberi, hanno proposto all’azienda (che conta 6 stabilimenti in giro per il mondo) di raddoppiare la linea di prodotti PET (che nel recente passato era stata giudicata molto valida) e di portare a Longarone anche altre lavorazioni. L’assenza assoluta di indicazioni da parte della proprietà fa però temere che non ci sia questa volontà e che si preferisca semplicemente chiudere, magari trasferendo la produzione in luoghi in cui può avvenire a costi inferiori.

Da parte sindacale si sottolinea pure che in questo momento in cui si spinge molto verso la transizione ecologica sarebbe una beffa perdere un prodotto che viene utilizzato per costruire le pale che servono a produrre l’energia eolica, visti anche i corposi finanziamenti messi a disposizione dal Pnrr. E una beffa ancora più atroce sarebbe quella di veder intascare questi finanziamenti per poi spostare le produzioni altrove.

Non è giusto e non è possibile guardare solo al massimo profitto – sottolineano i sindacati – bisogna anche prendere sul serio la responsabilità sociale connessa alla conduzione di un’azienda, una responsabilità verso il territorio che la ospita e i suoi abitanti, una responsabilità ancora più evidente se l’azienda si trova nel territorio che ha vissuto la tragedia del Vajont.

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