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lunedì 2 Giugno 2025,

Mattarella sulla diga: «Gli atti processuali del Vajont devono restare qui»

Il presidente della Repubblica in visita sui luoghi della tragedia (foto Quirinale.it)

«Un impegno si avverte, irrinunziabile. Quello della memoria che i cittadini di questi Comuni continuano a coltivare e che tutti avvertiamo come compito della Repubblica. Anche per questo motivo ritengo che sia non soltanto opportuno ma doveroso che la documentazione del processo celebrato a suo tempo sulle responsabilità rimanga in questo territorio». Queste le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel discorso pronunciato oggi, 9 ottobre, poco dopo le 12 alla diga del Vajont. Parole che hanno suscitato lunghi applausi da parte dei numerosi presenti alle celebrazioni per il 60° anniversario della terribile tragedia. «Quella documentazione era stata, necessariamente, raccolta nei luoghi del giudizio penale perché aveva allora una finalità giudiziaria. Conclusi, da tanti anni, i processi, oggi riveste una finalità di memoria. Appunto per questo, è stata inserita dall’Unesco nel suo registro della memoria. E quel che attiene alla memoria deve essere conservato vicino a dove la tragedia si è consumata. Per rendere onore alle vittime del Vajont e per riceverne un ammonimento per evitare nuove tragedie».

Mattarella, prima che alla diga, ha fatto tappa al Cimitero monumentale delle vittime del Vajont a Fortogna, dove era già stato nel marzo 2019, dopo aver sorvolato in elicottero i luoghi devastati da un’altra catastrofe, quella della tempesta Vaia. A Fortogna il presidente della Repubblica è stato accolto dai bambini di quattro cori e delle scuole – 487, tanti quanti quelli che furono strappati alla vita quel 9 ottobre del 1963 – e dal presidente della Regione Luca Zaia, dal prefetto Mariano Savastano, dal presidente della Provincia e sindaco di Longarone Roberto Padrin.

«Qui riposano le anime di 1.910 persone, tra queste anche moltissimi bambini, i cui nomi sono stati alzati verso il cielo poco fa dai loro coetanei delle nostre scuole», ha detto Padrin. «Se penso a quei bambini da 0 a 15 anni che sono stati strappati alla vita in quella notte, ancora più forte deve nascere in noi l’urgenza di promuovere la memoria, una memoria collettiva che deve essere la via verso un futuro migliore e solidale, senza mai piegarci alle tentazioni e ai compromessi. Nella trasparenza, nella lealtà, nel rispetto del prossimo auspichiamo, oggi, che questi bambini possano rappresentare una speranza da coltivare per migliorare il senso civico collettivo ed evitare disastri, così tanto brutali, con il monito del Vajont». «La presenza delle più alte cariche dello Stato, qui, oggi, prima qui tra i cippi del cimitero monumentale di Fortogna, poi di fronte alla diga è quanto mai significativa», ha aggiunto il sindaco di Longarone, rivolgendo poi l’appello accolto da Mattarella: «Quello Stato a cui non possiamo non chiedere che le carte processuali del Vajont, da pochi mesi inserite nella lista del Registro della memoria Unesco, restino qui, per rispetto dei superstiti e dei sopravvissuti, e anche di chi ha condotto il processo penale. Uno Stato che attraverso le sue istituzioni, insieme a noi, guarda oltre la tragedia per trasmettere alle giovani generazioni la cultura della prevenzione, del rispetto delle leggi della natura, della sostenibilità ambientale, economica e sociale».

Sul coronamento della diga Mattarella è stato accompagnato dal sindaco di Erto e Casso, Antonio Ferdinando Carrara. Poi la cerimonia con i discorsi ufficiali. «È passato tanto tempo, ma il nostro dovere è agire concretamente affinché la memoria rimanga una cosa viva, per intraprendere in modo nuovo la gestione del territorio e trasmettere un valore di sviluppo che rispetti il territorio e le persone che lo vivono», ha evidenziato Massimiliano Fedriga, presidente della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia. «Siamo qui per il ricordo, ma anche per trarne un insegnamento», ha messo in risalto il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia. «In un momento come questo dovremmo riaffermare che l’uomo non è immortale e invincibile davanti alla natura. Sessant’anni fa chi doveva controllare non ha controllato, chi doveva studiare non l’ha fatto, chi doveva avvisare è rimasto in silenzio. Dovremmo affidare ai ragazzi tutto questo. I giovani indicano la via, hanno una sensibilità forte rispetto al tema della tutela della natura. Dovremmo criticarli meno e coinvolgerli molto di più».

M.R.

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