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martedì 24 Giugno 2025,

L’avvio di una nuova avventura che ci vede protagonisti

«Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che di mezzo a voi è stato assunto in cielo, verrà allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo» (Atti 1,11).

Gesù, dopo aver aperto le menti dei discepoli alla comprensione della Scrittura, li benedice e si stacca da loro, salendo verso il cielo. Ci si aspetterebbe di vedere i discepoli sconsolati o preoccupati… E invece no! Ritornano a casa pieni di gioia, non ritengono che Gesù si sia come dileguato in un cielo inaccessibile e lontano da loro. Evidentemente sono certi di una presenza nuova di Gesù. La gioia dei discepoli dopo la “ascensione” corregge la nostra immagine di tale evento. La “ascensione” non è un andarsene in una zona lontana del cosmo, ma è la vicinanza permanente che i discepoli sperimentano in modo così forte da trarne una gioia durevole. Sì, mediante l’ascensione al cielo inizia una diversa presenza di Gesù in mezzo a noi, un nuovo modo di esserci vicino. Prima della Pasqua Egli ha vissuto fisicamente in questo mondo, i discepoli sono stati con lui ed egli li ha guidati giorno dopo giorno. Ora continua ad essere presente ma in modo diverso, invisibile: il Signore Gesù continua a stare con noi soprattutto per mezzo dei sacramenti, ci parla attraverso la sua Parola, mediante le consolazioni e le desolazioni interiori, ci interpella attraverso gli eventi, ci viene incontro negli altri… insomma, continua ad esserci accanto, tutti i giorni, sino alla fine del mondo. Questa è la gioia della Chiesa, questa è la nostra gioia: sapere che Gesù è Vivo, ci è vicino, ci sostiene e ci accompagna sempre nel nostro cammino.

«Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?». Se quei due uomini in bianche vesti – che si presentarono così agli apostoli mentre guardavano Gesù salire in cielo – si rivolgessero così a noi oggi… beh, credo che la risposta non sarebbe affatto difficile: «Piuttosto che guardare alla terra, meglio guardare il cielo, vista la disperazione che c’è qui!». Ma quante volte abbiamo anche guardato il cielo… così, senza un perché. Sarà per la nostalgia delle «cose di lassù», anche solo per evitare di pensare a quelle «di quaggiù», di cui ci siamo un po’ stancati… Sarà perché guardare il cielo forse ci apre la mente e il cuore, ci aiuta ad avere degli orizzonti più ampi, a non morire tra le nostre quattro mura… Il problema, però, non è quello di stare lì a guardare il cielo, cosa legittima, sacrosanta, e pure gratificante. Il problema è quando noi, come gli apostoli quel giorno, stiamo lì «fissando il cielo”, come per inchiodarlo, come a volerlo bloccare, come a voler fermare lì quel momento perché bello, gratificante, pieno di struggente e calda nostalgia. Eh, no: non funziona così! Vuoi guardare il cielo? Guardalo, ma non fissarlo. Guardalo, ma non fissarti su di esso. Guarda le cose del cielo, perché sicuramente ti allargano il cuore; ma non essere fissato con le cose del cielo, perché il cielo non si fissa, si guarda per ricevere forza dall’alto e poi si riparte decisi con lo sguardo a terra e le maniche rimboccate a costruire qui, oggi, quel Regno di Dio che spesso per comodità invochiamo dall’alto come un blocco monolitico che scenda e spiani tutto, ripartendo da capo. No, così è troppo comodo: e soprattutto, non serve a nessuno. Dio ha bisogno di gente che guardi al cielo, che si riempia gli occhi, gli sguardi e il cuore di cielo, e che si metta a costruire qui, oggi, sulla terra, nella sua vita di ogni giorno, il Regno di Dio.

L’ascensione segna la fine di un momento, il momento della presenza fisica di Dio, dell’annuncio del vero volto del Padre da parte di Gesù, che professiamo Signore e Dio, con la rassicurazione, da parte di Dio stesso della sua bontà e della sua vicinanza nello sguardo di noi discepoli. Ora è il tempo di costruire relazioni e rapporti a partire dal sogno di Dio che è la Chiesa: comunità di fratelli e sorelle radunati nella tenerezza e nella franchezza nel Vangelo. Profezia di un mondo diverso in cui è possibile amare. Smettiamola di guardare tra le nuvole cercando il barlume della gloria di Dio e – piuttosto – vediamo questa gloria disseminata nella quotidianità di ciò che siamo e viviamo. Il Signore ci dice che è possibile qui e ora costruire il suo Regno. L’ascensione segna l’inizio della Chiesa, l’avvio di una nuova avventura che vede noi protagonisti in attesa del suo ritorno definitivo. Dio – ora – ha bisogno di discepoli adulti, capaci di far vibrare il Vangelo nella vita, capaci di dire la fede in modo nuovo. Sapendoci amati, amiamo. Diventiamo Chiesa.

Giulio Antoniol