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venerdì 27 Giugno 2025,

Dare il nome di Spirito Santo

Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto (Giovanni 14,25-26).

Il dono dell’alleanza

La festa di Pentecoste veniva celebrata dagli ebrei cinquanta giorni dopo la Pasqua per ricordare l’alleanza di Dio con il popolo d’Israele, realizzata sulla base delle tavole dei dieci comandamenti, ricevute da Mosè sul monte Sinai.
Il Dio che si rivela a Mosè sul Sinai non è certo un Dio pacifico e tranquillo. Il Dio del Sinai sembra un po’ di più a quello del diluvio universale o della torre di Babele, che quando interviene sulla terra getta scompiglio. Lampi, tuoni, nubi, fortissimi suoni di strumenti, fumo e tremore: Dio quando scende sul Sinai non fa certo silenzio, ma crea silenzio e timore in tutto il popolo, pronto senza mezzi termini ad obbedire ai comandi di un Signore così potente nelle sue manifestazioni da poter essere difficilmente contraddetto. A un popolo riunito in grande assemblea, Dio si manifesta con la potenza della sua gloria e consegna le tavole della Legge, ovvero il sigillo dell’Alleanza.

Dal Sinai al Cenacolo

Moltissimi anni dopo, una piccola porzione di popolo di Dio si trova ancora riunita, questa volta in una piccola assemblea; c’è una manifestazione forte della potenza di Dio, che scende in mezzo a questa porzione di popolo e dona il Sigillo della Nuova Alleanza, lo Spirito. Sembra essere nulla di più che una semplice analogia, con le debite distinzioni di spazio e di tempo. Ma non è così.

Tra il Sinai e il Cenacolo c’è un abisso molto più ampio dello spazio e del tempio. È un abisso che corre tra le tavole di pietra e il cuore dell’uomo, tra un Dio lontano e un Dio vicino, tra un Dio del passato e un Cristo del presente, tra un’autorità che è potere e un’autorità che è servizio, tra una Chiesa società e una Chiesa comunità, tra una Parola come lettera morta e un Vangelo che è potenza e vita, tra un culto che è cerimonia e una liturgia che è memoriale, tra una morale da schiavi e una morale che libera. Ciò che Paolo chiama «vita secondo la carne» e «vita secondo lo Spirito». Passare dal Sinai al Cenacolo è passare – sempre per dirla con Paolo – dalla lettera che uccide allo Spirito che dà la vita. E questa, è opera dello Spirito stesso.

Lo sappiamo bene: c’è un mistero che sovrasta le nostre vite e che le sconvolge perché ci mostra il lato drammatico dell’esistenza, soprattutto quando succedono fatti drammatici che ci fanno chiedere che senso abbia continuare a sperare… pensiamo alle guerre, alla malattia, al dolore innocente, alla sofferenza, alla morte.

Ma c’è anche un lato luminoso del mistero, quello che comunque sovrasta le nostre vite e le sconvolge, ma questa volta in senso positivo, e crea quel sentimento che si chiama “meraviglia”, che ci fa sbarrare gli occhi e ci fa’ chiedere: “Ma come è possibile?”. Certamente, non tutto si può spiegare con la ragione; ma ogni volta che ci sforziamo di andare in profondità e capire anche solo un pochino di più le cose più complesse, a questo intelletto diamo il nome di «Spirito Santo».

Il nome di Spirito Santo

Diamo il nome di «Spirito Santo» anche a quella scienza che lungo la storia ha aiutato onestamente l’uomo a creare progresso e benessere; «Spirito Santo» sono quei consigli che riceviamo dalle persone che ci vogliono bene; a quel sano senso di pietà che cerca di far fronte alle sofferenze dei fratelli più sfortunati; diamo il nome di «Spirito Santo» anche a quelle parole profetiche gridate contro ogni forma di ingiustizia; a quella vita che si ostina a farsi spazio tra le corsie di un ospedale; a quelle lotte fatte per ottenere un contratto di lavoro più onesto; a quell’amico che mi abbraccia gioendo con me quando sono felice e piangendo con me quando sono triste; a quella costanza che piega anche le situazioni più rigide; a quelle parole buone che mettono una pezza su una relazione andata in frantumi; a tutti quegli uomini e quelle donne di buona volontà che donano con gioia e che si prendono cura dei più poveri; a quel sorriso che mi dona una profonda pace interiore.

A tutto, ma veramente a tutto ciò che nel mondo è bello, buono, giusto e rende felice, la fede trasmessami da a quei dodici invasati, che la sera del giorno di Pentecoste si misero a proclamare in tutte le lingue le meraviglie di Dio, ci insegna a dare il nome di Spirito Santo. E non c’è altro spirito, nel mondo, capace di fare tutto quello che fa lui.

Giulio Antoniol