Il MUSE – Museo delle Scienze di Trento – non è solo un luogo espositivo, ma un autentico spazio civico e culturale, capace di rispondere ai bisogni della società contemporanea. In un tempo segnato da sfide sociali e ambientali, il MUSE si propone come presidio di pensiero critico, relazione intergenerazionale e innovazione educativa.

(Foto: archivio Muse)
Attraverso politiche attente e mirate – che vanno ben oltre la semplice tariffa family – il museo ha saputo coniugare sostenibilità economica e accessibilità, traducendo i principi dell’economia della saturazione in pratiche concrete e inclusive. L’attenzione alle famiglie, ai bambini, alla disabilità, al multilinguismo e al benessere organizzativo testimonia una visione ampia e lungimirante, che integra servizi al pubblico, progettualità educativa e strumenti di welfare aziendale. Il MUSE si afferma così come un punto di riferimento attrattivo non solo per il territorio, ma anche per un turismo culturale consapevole, capace di valorizzare la dimensione collettiva della conoscenza e della partecipazione.
A seguire, due interviste – al Presidente del MUSE e alla Responsabile dei Servizi al Pubblico e referente Family – approfondiscono le azioni messe in campo, evidenziando il contributo del museo all’attrattività territoriale e alla qualità della vita delle persone.

Stefano Bruno Galli
Presidente del MUSE – Museo delle Scienze di Trento
Quale ruolo può giocare oggi un museo pubblico nella società contemporanea, anche nell’ottica di un’economia della saturazione dei servizi culturali?
Quale contributo possa dare uno storico del pensiero politico a un museo delle Scienze me lo sono chiesto più volte, sin dal mio insediamento. Se vuole ne parliamo la prossima volta. Ma da studioso del Settecento e della Grande rivoluzione, mi permetta di esprimere la mia più viva ammirazione per l’originalità del nome della vostra testata. “L’Amico del Popolo” era il giornale di Jean-Paul Marat, un foglio che apparve alla vigilia delle piovose giornate d’Ottobre del 1789, quando il popolo di Parigi marciò su Versailles per imporre al monarca e alla famiglia reale di tornare in città, alle Tuileries. Marat, un repubblicano un po’ visionario, incarnava l’anima sanguigna e anche sanguinaria, appassionata e più radicale della Rivoluzione. Pensava che la sovranità risiedesse in via esclusiva e assoluta nel popolo, non già nei nobili e nel clero. Attaccò frontalmente i moderati del processo rivoluzionario. E inventò il giornalismo politico. Era molto letto e anche ascoltato dal popolo. Fu ucciso dalla girondina Charlotte Corday, che gli affondò il pugnale nel costato, come si vede nel celebre quadro di David, mentre era immerso nella vasca da bagno per combattere la sua malattia cutanea. Asportato dal cadavere e riposto in un’urna, il cuore del «grande Marat» venne esposto nella sede del Club dei Cordiglieri, l’anima parigina della Rivoluzione. Era un’ispirazione, ma anche un monito: una rappresentazione, fortemente evocativa, della religione civile del processo rivoluzionario.
Veniamo alla domanda sul ruolo di un museo oggi.
Un museo pubblico oggi non è solo un contenitore di oggetti esposti, ma ha una indiscutibile funzione sociale. Il MUSE si configura come uno spazio civico, inclusivo, capace di generare pensiero critico, facilitare la partecipazione e costruire relazioni. In una società percorsa da derive disgregative della socialità, un museo come il MUSE può e deve diventare un ambiente intergenerazionale, accessibile, dove scienza, cultura e comunità si incontrano. Il museo funziona come leva privilegiata per ricostruire la socialità disgregata. A me piace pensare al MUSE come a un museo del-nel-per il territorio, che s’impone come l’avamposto, come l’osservatorio privilegiato della complessità del nostro presente. La sua funzione è quella di progettare azioni culturali concrete, quali mostre e convegni, dibattiti e presentazioni, finalizzate a innescare dei processi di alfabetizzazione e di sensibilizzazione per promuovere una maggiore consapevolezza critica in relazione ai mutamenti in atto nel rapporto tra l’uomo e la natura. Pensiamo alla crisi climatica e alla sostenibilità, alla rivoluzione tecnologico-informatica e all’intelligenza artificiale.

(Foto: archivio Muse)
In che modo il MUSE traduce questa visione in azioni concrete per le famiglie?
Il nostro impegno si riflette in tanti aspetti, a partire dal biglietto famiglia, che consente l’ingresso agevolato a due adulti (genitori o nonni) accompagnati da uno o più bambini o ragazzi minorenni. Questa tariffa è una misura promossa dalla Provincia Autonoma di Trento, che il MUSE ha accolto e applicato con convinzione, perché perfettamente in linea con i nostri valori di apertura, inclusione e valorizzazione dei processi di acculturazione e del ruolo educativo e pedagogico del museo per i nuclei familiari, dall’anziano al bambino. Dal punto di vista culturale ed economico, si tratta di un chiaro esempio di economia della saturazione: con una politica tariffaria semplice e senza costi aggiuntivi, si ottimizza l’uso di una risorsa già disponibile – il museo stesso – moltiplicandone l’accessibilità. Non serve costruire nuovi spazi o moltiplicare i servizi: basta ampliare lo spettro della fruizione, per renderli utilizzabili da più persone e per più funzioni. È un approccio sostenibile e responsabile, che crea un valore pubblico concreto e reale.
Che ruolo hanno le attività educative nel progetto culturale del MUSE?
L’attività educativa e pedagogica è una delle colonne portanti del MUSE. Proponiamo laboratori, percorsi tematici e visite guidate pensate per tutte le età, cercando sempre di sollecitare il pensiero critico, la curiosità e l’apprendimento esperienziale. Lavoriamo in stretta collaborazione con le scuole, offrendo proposte curricolari in linea con i bisogni formativi specifici e attuali. In parallelo, sviluppiamo attività per le famiglie durante il fine settimana e i periodi di vacanza. Il nostro obiettivo è creare esperienze coinvolgenti che mettano in relazione bambini e adulti, in un percorso condiviso di scoperta e di conoscenza.

(Foto: archivio Muse)
Il museo può essere considerato anche uno spazio intergenerazionale?
Assolutamente sì. Crediamo che il museo possa e debba essere uno spazio dove le diverse generazioni si incontrano, dialogano e apprendono insieme. Il fatto che i nonni possano accedere con i nipoti attraverso il biglietto famiglia è una scelta culturale prima ancora che tariffaria: rafforza il legame tra le generazioni, valorizza la trasmissione di sapere e di tempo condiviso. Molte delle nostre attività sono pensate per essere vissute in compagnia, con tempi e modalità adatte anche a chi accompagna. Il museo può diventare un «ponte» tra mondi diversi, offrendo momenti di relazione e di dialogo condivisi fra le generazioni. Da noi il «patto fra le generazioni» è davvero una concreta realtà.
Il MUSE è un museo completamente sbarrierato: quanto conta l’accessibilità fisica per un servizio culturale pubblico?
L’accessibilità fisica è un presupposto irrinunciabile. Di recente, un’importante trasmissione nazionale dedicata all’inclusione e al mondo dei giovani disabili si è interessata al Muse e ha realizzato un bellissimo servizio televisivo. L’intera struttura del Muse è progettata per essere fruibile da chiunque: persone con disabilità motorie, genitori con passeggini, visitatori anziani. Gli spazi sono tutti accessibili, dotati di ascensori, rampe, aree di sosta e servizi igienici adeguati. Ma l’accessibilità non è solo un fatto tecnico: è un segno di civiltà. Se il museo vuole essere davvero di tutti, deve accogliere ogni corpo, ogni condizione, ogni storia, senza distinzioni di sorta.

Alberta Giovannini
Responsabile dei Servizi al Pubblico del MUSE e referente Family
Quali servizi avete pensato per accogliere le famiglie al meglio?
L’accoglienza delle famiglie è al centro della nostra progettazione. Le famiglie rappresentano circa il 40% del nostro pubblico, sia residenti sia turisti. Oltre a una intensa programmazione culturale dedicata, è necessario sostenere la visita con servizi adeguati, moderni ed efficienti. Già al momento dell’arrivo le famiglie trovano parcheggi “rosa” per mamme in attesa o genitori con bambini molto piccoli. Abbiamo introdotto servizi pratici e simbolicamente forti, come i fasciatoi in tutti i bagni – anche in quelli maschili – e il baby pit-stop per l’allattamento.
Il pit-stop è uno spazio riservato dove mamme e papà possono accudire i propri bambini in tranquillità. Questo servizio è realizzato secondo le linee guida dell’iniziativa Baby Pit Stop promossa da UNICEF. Proprio dall’UNICEF abbiamo ricevuto il riconoscimento di “Museo amico delle bambine, dei bambini e degli adolescenti” che certifica il nostro impegno per il loro benessere a tutto tondo. Il personale è formato per rendere fattiva e concreta la qualità dell’accoglienza.

(Foto: archivio Muse)
Quali strumenti di welfare aziendale avete attivato per migliorare il benessere organizzativo?
Il MUSE ha adottato una serie di misure che puntano a migliorare l’equilibrio tra vita professionale e privata, tra cui la flessibilità oraria, la possibilità di smart working e alcune facilitazioni interne orientate al benessere quotidiano. L’obiettivo è valorizzare le risorse umane e rendere l’ambiente di lavoro più inclusivo e motivante. Siamo stati facilitati nell’adozione di queste misure grazie all’adesione al disciplinare Family Audit della Provincia autonoma di Trento. Questi strumenti non solo rispondono a esigenze concrete, ma generano anche un maggiore senso di appartenenza al progetto culturale del museo. Il coinvolgimento dello staff in processi organizzativi e gruppi di lavoro ha rafforzato la coesione interna e la qualità relazionale. Recentemente è stato introdotto, in via sperimentale, un servizio di counseling fruibile da tutto lo staff, pensato come supporto per particolari esigenze.
Il Maxi Ooh! ha un nome evocativo e molto originale. Da cosa nasce e cosa rappresenta?
Il nome “Maxi Ooh!” nasce dall’esclamazione spontanea dei bambini quando si stupiscono, quando vedono qualcosa di bello e inaspettato. È un titolo che contiene meraviglia, emozione e scoperta, ed è proprio questo lo spirito che guida lo spazio dedicato ai bambini da 0 a 5 anni.

(Foto: archivio Muse)
Nel Maxi Ooh! i più piccoli possono esplorare ambienti interattivi e sensoriali pensati per stimolare tutti i sensi. Gli adulti non sono semplici accompagnatori, ma parte dell’esperienza. È uno spazio di cura, relazione e apprendimento precoce attraverso il gioco e l’interazione. Nel 2024 questo spazio è stato rinnovato, rendendolo un vero e proprio bosco sensoriale, per trasmettere alle piccole e ai piccoli ospiti insieme ai loro cari, l’amore e il rispetto per la natura.
Che risposta ricevete dal pubblico?
La risposta è molto positiva e continua. Le famiglie apprezzano la qualità dell’accoglienza e la cura con cui sono pensate le esperienze. Riceviamo spesso feedback e suggerimenti, che cerchiamo di ascoltare e tradurre in miglioramenti concreti. Uno degli aspetti più gratificanti è la fidelizzazione: molte famiglie tornano più volte durante l’anno, partecipano ai laboratori e si sentono parte di una comunità che apprende e cresce insieme. Questo è facilitato anche dalla recente introduzione della Membership Family & Friends, una sorta di abbonamento annuale che consente facilitazioni di accesso e scontistiche su attività e servizi, tenendo conto delle esigenze del concetto moderno di famiglia.
Come si integra l’attività educativa con le famiglie e quella con le scuole?
Sono due dimensioni strettamente legate. Lavoriamo con le scuole su proposte curricolari e personalizzate, con una didattica innovativa e partecipativa. Con le famiglie, invece, sviluppiamo un calendario ricco di attività nei weekend, nei festivi e nei periodi estivi. In entrambi i casi, la relazione educativa è al centro: ci interessa stimolare la curiosità, il dialogo, la sperimentazione. Crediamo che la scienza e la cultura siano strumenti di crescita condivisa e non individuale.

(Foto: archivio Muse)
Il museo è anche un luogo che mette in dialogo più generazioni?
Sì, e lo è sempre di più. Le nostre attività sono pensate anche per essere vissute insieme da nonni, genitori e figli. Non si tratta solo di inclusione anagrafica, ma di progettare esperienze che parlino a più livelli, creando connessioni emotive e cognitive tra le generazioni. Il museo, quando riesce a coinvolgere tutti, diventa un’esperienza comune. Ed è in quel momento che si trasforma in un luogo di memoria, affettività e significato, ma anche di riflessione, per immaginare futuri possibili e determinare scelte consapevoli.
L’accessibilità culturale è uno dei vostri obiettivi?
Assolutamente sì. Per noi significa lavorare sulla comunicazione, sulla chiarezza, sulla disponibilità, ma anche sulla struttura fisica degli spazi e sul contenuto delle proposte. L’accessibilità è una cultura organizzativa, non un intervento tecnico. Rendere il museo un bene pubblico significa garantire che tutti possano fruirne. Questo richiede impegno quotidiano, dialogo con il territorio e volontà di aprirsi a pubblici diversi. Nell’ultimo biennio abbiamo lavorato molto in questa direzione, coinvolgendo anche molti enti che potessero aiutarci a individuare soluzioni adatte a realizzare questi obiettivi.
Sono nati progetti di accessibilità come le visite in LIS, le guide Easy to read in 11 lingue, e lo “Spazio calmo”, dedicato principalmente a persone con disturbi dello spettro autistico ma accessibile a tutti come stanza di decompressione sensoriale ispirata all’approccio Snoezelen. Effetti luminosi, colori, suoni, musiche e aromi sono utilizzati per favorire rilassamento, benessere, apprendimento esperienziale e nuove modalità relazionali. Ci sono ancora molte cose da progettare e introdurre, ma siamo fiduciosi che la strada intrapresa sia quella giusta e che il team entusiasta e competente possa continuare a rendere il museo davvero accogliente.

(Foto: archivio Muse)
NOTA METODOLOGICA
Questo contributo propone una riflessione sul museo contemporaneo come infrastruttura sociale e culturale capace di generare valore collettivo. L’analisi si concentra sul ruolo del museo all’interno di un sistema di welfare culturale, in stretta integrazione con il welfare territoriale agito da enti pubblici, scuole, servizi, imprese e cittadini. Il focus è sull’impatto sociale, sull’attrattività e sulla capacità di attivare risorse già esistenti secondo i principi dell’economia della saturazione e della People Strategy.
Nel contesto attuale, il museo non può più essere concepito solo come un luogo espositivo. È sempre più chiamato a svolgere una funzione civica: spazio di partecipazione, apprendimento, relazione intergenerazionale e accessibilità. In questa prospettiva, il museo assume un ruolo chiave in una più ampia strategia territoriale orientata alle persone, capace di trattenere, attrarre e valorizzare risorse umane attraverso cultura, cura, educazione e coesione.
L’adozione dei principi dell’economia della saturazione consente di valorizzare spazi e servizi già disponibili, ampliando la fruizione e generando impatto collettivo senza moltiplicare i costi. La cultura diventa così leva concreta per l’attrattività e per il benessere della comunità. Il museo del futuro, in questa visione, è motore di trasformazione territoriale: non solo spazio da visitare, ma luogo da vivere, generatore di senso, appartenenza e partecipazione.
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