Un giallo si costruisce anche a ritroso. Lo ha raccontato Roberta Gallego, magistrata e scrittrice, durante l’incontro promosso dalla Confraternita del Formaggio Piave Dop, dedicato alla presentazione del suo ultimo romanzo, Il sonno della cicala, terzo capitolo della serie ambientata nella fittizia Procura di Ardese.
«Inizio sempre con lo stabilire il colpevole; poi, a ritroso, costruisco il percorso in cui è maturato il delitto», ha spiegato l’autrice, attualmente sostituto procuratore della Repubblica a Belluno. Una tecnica che consente non solo di dare solidità alla trama principale – in questo caso, l’omicidio del patriarca Malachia Duprè, a capo della Duprè Grandi Rossi – ma anche di intrecciarvi altre storie, legate all’operato quotidiano dei magistrati, dei carabinieri e degli agenti di polizia.
A chi le ha chiesto perché abbia ambientato la vicenda in Piemonte, Gallego ha chiarito che si tratta di una scelta narrativa funzionale a separare l’invenzione dalla propria realtà lavorativa. Ardese, pur essendo immaginaria, richiama nei suoi ritmi e meccanismi una Procura vissuta da dentro, senza idealizzazioni. «Non è una struttura perfetta – ha spiegato – e i rapporti interpersonali non sono sempre lineari. Ci sono contrasti, tensioni, dinamiche che riflettono la normalità di un ambiente di lavoro». I personaggi, dunque, non sono eroi infallibili, ma persone con dubbi, fragilità, margini di errore.
Il riferimento a Ed McBain – pseudonimo di Salvatore Albert Lombino – è esplicito: «McBain è uno dei miei autori preferiti. Alla Procura di Ardese, come nell’87° Distretto dei suoi romanzi, la narrazione è corale: il caso principale si sviluppa in parallelo ad altri episodi, tutti importanti nel definire il quadro complessivo».
Tra le questioni sollevate nel romanzo trova spazio anche una riflessione sul mondo del lavoro pubblico e sulla frattura generazionale che caratterizza oggi molte amministrazioni. «Il lungo blocco dei concorsi ha creato uno scarto profondo tra chi è a fine carriera e chi si affaccia ora. A farne le spese è soprattutto la trasmissione delle esperienze».
Un tema che si intreccia alla dimensione culturale più ampia, evocata in un passaggio del libro, attraverso le parole della vittima durante l’inaugurazione del Museo del Barolo: «Un vino che non è soltanto merce, prodotto, ricchezza, benessere. Come tutti noi sappiamo, è ricordo, prospettiva, confidenza con la terra». Un’affermazione che l’autrice ha voluto accostare anche al lavoro portato avanti dalla Confraternita del Formaggio Piave Dop, come esempio di cultura materiale che affonda le radici nel territorio.
Quanto al futuro, Gallego ha anticipato di avere già pronto un nuovo romanzo, anche se di genere diverso. «Il prossimo – ha rivelato – non sarà un poliziesco, ma uno spaccato della storia recente del Paese, narrato dal punto di vista di due ambienti sociali molto diversi tra loro. È già completato. Uscirà appena un editore lo sceglierà».
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