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venerdì 15 Agosto 2025, Assunzione della Beata Vergine Maria

«Va’ e anche tu fa’ lo stesso»

«E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto...» (Luca 10,25ss).

Colpisce anzitutto la concretezza con la quale nel testo di Luca viene posta la questione della fratellanza. Lo si capisce dalla risposta di Gesù alla domanda del dottore della legge («Chi è il mio prossimo?»): una risposta niente affatto teorica. Gesù, come spesso accade in occasione di grandi questioni teologiche, non risponde, ma invita l’interlocutore stesso a trovare la risposta.  Il banco di prova è la vita, più che la correttezza delle definizioni. Stabilire il possibile confine tra chi sia da amare e chi invece da odiare era infatti una questione molto sentita e dibattuta nel mondo giudaico.

La risposta di Gesù presenta una scena di vita ben nota. La strada tra Gerusalemme e Gerico era un luogo molto pericoloso per chi si avventurava da solo, e non di rado cadeva in agguati e imboscate, a rischio della propria vita. L’unico tratto su cui Gesù indugia è che quest’uomo è stato oggetto di violenza e che morirà se non troverà soccorso. Una situazione che può riguardare chiunque: essere assalito dai malfattori.

Entra in scena un personaggio connotato positivamente, l’eroe della parabola. Se si fosse trattato di un pio giudeo, Gesù avrebbe riscosso la piena approvazione degli ascoltatori. Invece un samaritano. È in viaggio non passa per caso. Ha una meta. È in cammino, è per strada, come sono i discepoli veri. Un samaritano. Tutti si aspettavano che Gesù facesse entrare in scena un pio devoto laico, un credente adulto e motivato, non bigotto e formale, magari simile a qualcuno presente fra la folla. Chiunque, ma non un samaritano. Dire “samaritano” a un ebreo era un insulto e l’odio fra i due popoli era radicato. Siamo noi ad averlo chiamato “buono”. Ma è ciò che fa che è “buono”. Non va a cercarsi la persona da aiutare, è la vita che ce la mette in mezzo ai piedi continuamente. Il samaritano vede un uomo, non un nemico, non uno dell’altra squadra. Un uomo che ha bisogno. E il suo è anzitutto un bisogno di compassione. Cum-patire, patire insieme. Sa che potrebbe essere lui, esangue, al bordo della strada. Il messaggio della parabola è inequivocabile: il bene viene dalle persone e situazioni più impensate; la fratellanza non conosce limiti, etichette, cerchie, appartenenze. E si capisce davvero chi è il prossimo quando ci si trova nei guai e si cerca disperatamente aiuto. Ma dobbiamo anche in un’altra prospettiva giusta: noi non siamo i samaritani, ma in primo luogo siamo i malcapitati incappati nei briganti. A ben guardare è secondo questa prospettiva che il racconto si dipana. Allora potremo sperimentare l’amore che Dio ha per noi ed essere messi in condizione di accogliere l’invito di Gesù: «Va’ e anche tu fa lo stesso». Gesù ci spiega che il prossimo non esiste già. Prossimo si diventa. Prossimo non è colui che ha già con me dei rapporti di sangue, di razza, di affari, di affinità psicologica. Prossimo divento io stesso nell’atto in cui, davanti a un uomo, anche davanti al forestiero e al nemico, come il Signore ha fatto con me, decido di farmi avanti, avvicinarmi mettendo da parte le mie paure. L’amore per l’uomo nasce dalla dedizione a Dio, manifesta l’affidamento alla volontà di Dio. Ma Dio è il Padre di tutti. Per questo, colui che è radicato nell’amore di Dio guarda e avvicina ogni uomo, creando vincoli nuovi di prossimità, e scavalca le barriere della razza, della classe sociale, della diversa mentalità, della diversa appartenenza religiosa. I gesti compiuti dal samaritano perché la carità diventi vera: l’olio e il vino versati sulle piaghe, la fasciatura delle ferite, il trasporto sulla cavalcatura, l’assistenza premurosa nella locanda, i due denari versati al padrone dell’albergo sono molto semplici e umili. Sappiamo che la carità è più grande dei nostri gesti. Eppure, dobbiamo imparare ancora che è nei gesti che si esprime concretamente la carità. Sono un segno, una testimonianza sempre superabile, ma sempre urgente.

Giulio Antoniol

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2 commenti

  • Complimenti per questa nuova, stimolante rubrica di approfondimento del vangelo

  • Penso che un po’ samaritano sia anche Gesù, forestiero a questo nostro mondo perché venuto dal cielo e uomo salvatore che si prende cura di noi, malcapitati perché segnati dalle conseguenze del peccato originale.

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