Sabato 12 luglio è stata inaugurata la mostra personale del pittore Gianmario De Bettin presso le sale espositive dello Sport Hotel di Padola. L’esposizione rimarrà aperta al pubblico tutti i giorni fino al 20 settembre. Presenti all’evento, accanto all’artista, anche il critico d’arte Emanuela Bisio e il consigliere comunale Giorgio Dell’Osta.
Nel suo intervento, Emanuela Bisio ha offerto una lettura approfondita del percorso artistico e umano di De Bettin, sottolineandone il forte legame con il territorio. Nato a Costalta di Cadore nel 1954, Gianmario è figlio d’arte: il padre, Giovanni De Bettin Linc, è stato un affermato paesaggista e ritrattista.
L’artista ha ricevuto i primi insegnamenti dal padre, per poi proseguire la sua formazione all’Istituto d’Arte di Gorizia. La sua carriera lo ha portato a esporre in numerose mostre, sia in Italia che all’estero, con tappe significative a Milano, Vilnius, Marbella, New York e alla 52ª Biennale di Venezia. Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private.
Parallelamente alla pittura, De Bettin ha svolto per cinquant’anni la professione di geometra a Milano. Un’attività che non ha mai interrotto il suo impegno artistico. Come ha spiegato Bisio, dipingere è per lui «un’esigenza imprescindibile»: un gesto non secondario, ma necessario, analogo alla parola per uno scrittore. «Un pittore sensibile e autentico come Gianmario legge e interpreta la realtà con l’urgenza di comunicare a se stesso e agli altri gli esiti della sua osservazione».
Il suo lavoro si distingue per coerenza e consapevolezza, sorretto da una ricerca estetica che mette al centro il rapporto tra l’uomo e la natura. Per l’artista, infatti, il viaggio conoscitivo dell’individuo è possibile solo «in stretta connessione con la natura, intesa nel senso più vasto del termine». Non si tratta di una fuga, ma di un’occasione per coltivare le proprie potenzialità.
Le opere in mostra propongono un equilibrio tra spirito fiabesco e dimensione personale, in cui convivono realtà e immaginazione. Nelle parole del critico, si tratta di «una terza dimensione, quella dell’io, in cui ognuno percepisce una propria personale realtà». Non mancano elementi surreali, come cieli che si ripiegano su se stessi o oggetti quotidiani ingigantiti e inseriti in paesaggi irreali. Il risultato è un linguaggio pittorico che rientra nel solco del surrealismo magico.
Ogni quadro si offre come una possibilità di lettura aperta, ricca di dettagli e suggestioni: dal macrocosmo al microcosmo, dal simbolico all’infinito, lo spirituale resta uno degli elementi distintivi della sua arte. De Bettin non impone significati, non cerca il clamore. La sua è una voce silenziosa, ma intensa, capace di parlare per immagini.
Un invito finale alla visita giunge dalle parole di Bisio: «Prestate attenzione ai titoli di ogni quadro, perché sono una chiave di lettura importante».
La mostra si presenta dunque come un’occasione non solo espositiva, ma anche di riflessione, per chi desidera confrontarsi con una pittura che cerca di allargare lo sguardo sul mondo.
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