In quei giorni, il Signore apparve ad Abramo alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all’ingresso della tenda nell’ora più calda del giorno. Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui (Gn 18,1).
In quel tempo, mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò. Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi (Lc 10,38).
Visita inattesa
Capita che Dio ti faccia visita quando meno te lo aspetti. Come accade ad Abramo. Abramo siede, rassegnato, all’ombra delle querce di Mamre, nell’ora più calda della giornata. E quando meno se lo aspetta, Dio lo visita. E gli porta la notizia, infine, dell’arrivo di un figlio.
Dio ha bisogno di lasciare le risse teologiche del tempio per trovare una famiglia, una casa, una cena. Per poter essere se stesso, rincuorato, accudito. Accade a Betania. Commuove vedere Dio intessere una relazione, che chiede ascolto, che ama sedersi con semplicità intorno ad un tavolo e ridere e scherzare.
Se potessimo, di quando in quando, invitare Dio e ascoltarlo, preparare per lui, come Abramo, un buon pasto e dello yogurt fresco! Facessimo diventare Betania la nostra vita!
Una donna che accoglie
Sorpende quello che accade a Betania. Accogliere l’ospite era il compito del capo famiglia. O, comunque, del maschio. E il maschio, in quella casa è Lazzaro, che conosciamo bene grazie all’evangelista Giovanni. Ad ascoltare i rabbini, seduti a gambe incrociate, nella rinata Gerusalemme, c’erano solo uomini. Le donne non erano considerate adatte a leggere la Torah.
Una donna, Marta, accoglie il Maestro. Una donna, Maria, lo ascolta, come discepola. Gesù ribalta questa logica maschilista e come già fatto con sua madre, propone come modello dell’ascolto una donna. Maria, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Verrebbe facile incolpare Maria della poca collaborazione: una sorella senza cuore, pigra e indolente! Il problema di Marta non sono le cose da fare (le fa volentieri), ma come lei vive tutto questo. Maria ci dà subito un’immagine di pace, di serenità, di unità: non fa mille cose insieme, è tutta lì, rannicchiata ai piedi del Signore, e ascolta ciò che il Maestro le dice. Maria in realtà sta servendo anch’essa Gesù, lo ascolta, gli fa compagnia (sarebbe brutto lasciare l’ospite da solo in soggiorno mentre entrambe le sorelle spadellano in cucina). In realtà la grande differenza tra Marta e Maria è l’atteggiamento di fondo che anima ciascuna di loro.
La parte migliore
«Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta». Il pranzo è pronto! Eh sì, perché Gesù parla proprio di «buona porzione».
Maria e Marta rappresentano le due dimensioni della vita interiore: la preghiera e l’azione.
Maria ascolta con attenzione le parole del Maestro, le manda a memoria, se ne abbevera. All’origine di ogni fede, il cuore di ogni esperienza religiosa è e resta l’incontro intimo e misterioso con la bellezza di Dio.
Marta realizza la beatitudine dell’accoglienza, la concretezza dell’amore e dell’ospitalità. Anche lei sa che l’ascolto del Maestro è l’origine di ogni incontro, ma sa anche che se questo incontro non cambia la vita, resta sterile e inconcludente.
Marta nutre il Cristo che Maria adora. Non esiste una preghiera autentica che non sfoci nel servizio. È sterile una carità che non inizi e non termini nella contemplazione del mistero di Dio.
Marta viene invitata a non agitarsi (non a smettere di cucinare!) e ad attingere il suo servizio dall’ascolto (non dalla clausura…).
Marta e Maria sono la rappresentazione di come deve essere condotta la nostra vita di fede.
Chi delle due sorelle ha la fede migliore? Lo sa il Maestro: noi sappiamo solamente che da entrambe abbiamo veramente tutto da imparare.
Giulio Antoniol
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