In occasione dei 150 anni dalla ricostituzione della Magnifica Comunità di Cadore, è stata inaugurata la mostra «Cadore. Fotografie del cambiamento», un’esposizione che propone uno sguardo ampio e documentato sulle trasformazioni che hanno interessato il territorio cadorino dal tardo Ottocento ai primi anni Duemila. L’iniziativa, curata da Matteo Da Deppo e Antonio Genova, è organizzata con il Comune di Pieve di Cadore e sarà ospitata in due luoghi emblematici della cittadina: il Forte di Monte Ricco e il Palazzo della Magnifica Comunità.
L’inaugurazione è avvenuta ieri, sabato 19 luglio 2025., presso il Forte di Monte Ricco, struttura di origine bellica recentemente restaurata. La mostra resterà aperta fino all’8 settembre, tutti i giorni dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18, con ingresso libero.
Oltre 250 fotografie in bianco e nero, provenienti da archivi storici e collezioni private, compongono il percorso espositivo. Le immagini – riprodotte in ampio formato – restituiscono una narrazione visiva dei profondi cambiamenti sociali, ambientali e urbanistici avvenuti in Cadore in un secolo e mezzo. L’obiettivo non è solo quello di offrire una documentazione storica, ma anche di stimolare una riflessione sul rapporto tra passato e presente, tra sviluppo e identità.
Ad accompagnare la mostra, un catalogo con contributi critici del sociologo Diego Cason e dello storico Walter Musizza. I testi aiutano a inquadrare le trasformazioni del tessuto sociale e produttivo del Cadore, evidenziando sia le discontinuità che le eredità ancora presenti.
«Celebrare il 150° anniversario dalla ricostituzione della Magnifica Comunità di Cadore attraverso un’esposizione fotografica ricca di documentazione rappresenta un invito a una profonda riflessione sulla montagna cadorina e non solo», osserva il presidente della Comunità, Andrea Bortolot. E aggiunge: «Il ricco repertorio fotografico, corredato dalle ricerche di Diego Cason e Walter Musizza, ci pone di fronte a una lettura complessa del Cadore, dove si confrontano bellezza e cambiamento, autenticità e abbandono». Bortolot richiama anche una citazione di Gustav Mahler: «La tradizione è custodire il fuoco, non adorare le ceneri», sottolineando come l’intento non sia celebrare nostalgicamente il passato, ma sollecitare una rilettura attiva e consapevole delle trasformazioni vissute.
Anche la sindaca di Pieve di Cadore, Sindi Manushi, evidenzia il valore della mostra come strumento per una riflessione condivisa: «Solo attraverso la consapevolezza del comune denominatore che unisce i nostri paesi, e che emerge con chiarezza dalla lettura del nostro passato, è possibile pensare con lucidità all’avvenire (e al divenire) del Cadore». Secondo Manushi, le fotografie, pur rappresentando luoghi diversi, «appaiono inevitabilmente connessi tra di loro». Ed è in questa connessione, aggiunge, che si può individuare la chiave per una visione politica e amministrativa coerente con la storia del territorio.
Un’occasione di approfondimento e confronto, rivolta a residenti e visitatori, in un anno simbolico per la storia della comunità cadorina.
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