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venerdì 5 Dicembre 2025,

17. Noi e i Frati

«Il futuro è già passato ovvero mi, Belun, i Belumat e le bele compagnie». 17a puntata

I primi anni a Mussoi non si vedeva la televisione e la parrocchia più vicina era Santo Stefano, ma avevamo molto di più: i frati del convento. Tanto furono accoglienti da farmi del tutto trascurare che la loro grande chiesa era un ossario per i caduti della Grande Guerra1.

Mussoi, il tempio-ossario con la grande croce sul sagrato.

Il convento, costruito negli anni Trenta, era lontano dalla grazia dei monumenti storici cui siamo abituati e la chiesa, progettata da un gran architetto nostrano2, era in effetti più adatta ai morti che ai vivi tanto che d’inverno neppure i frati se la sentivano di celebrare la messa in quella ghiacciaia. Allora si andava tutti in una piccola cripta seminterrata, interna al convento, col pavimento di legno e un altare piccolo; ma la gente stava molto raccolta e la cerimonia mi pareva più bella e confidenziale. Sarà che i frati hanno un’aria meno saputa dei preti, sarà che il caso avesse riunito in quel convento delle persone straordinarie, sarà che l’usanza del convento è quella di accudire i poveri – ma c’è sempre un frate cuoco che si presta a fare un brulé coi biscotti il dì di festa anche per i normali – resta il fatto che in poco tempo attorno a quel luogo si sviluppò una comunità d’uomini straordinariamente coesa e attiva, che riuscì a sviluppare, in una decina d’anni, opere e relazioni che ancor oggi resistono.

PADRE BELTRAME

Cardine dell’operazione fu un frate giovanissimo, molto timido, di poche parole ma pieno di disponibilità e di entusiasmo contagioso. 

1953: Frati e parrocchiani coinvolti nella realizzazione del presepio.

Si faceva chiamare Beltrame e la sua pazienza coi bambini non conosceva limite. Sapeva raccontare storie e favole che ancor oggi non mi sembrano vere e i cui protagonisti si chiamavano Fracanappa e Schicchiricchi. 

Distribuiva continua gioia anche se in fondo al suo sguardo si intravedeva, ferma, una presente sofferenza. 

Solo molti anni dopo qualcuno ci raccontò la storia di un giovanissimo alpino, sopravvissuto alla ritirata di Russia, salvato, pare, dopo una settimana di semincoscienza, sotto una pila di commilitoni morti e ghiacciati, che si dice fosse entrato in convento in ragione di un voto fatto a salvamento o per la grande pietà richiamata dal drammatico vissuto. Così qualcuno si è chiesto se ciò fosse accaduto a lui che tuttavia, lungo l’intera sua vita, quando richiesto, negò sempre il fatto. Ma la leggenda popolare resiste ancora oggi perché di fondo coerente alla sua bella persona, e tanto vale per la gente che si sceglie sempre gli esempi!

La chiesa di Mussoi.

Fatta la conoscenza coi nuovi arrivati e visto che la chiesa grande era libera e non c’erano altri spazi, propose ai vicinanti di realizzarvi un presepe, poiché aveva trovato una serie di statue abbastanza grandi rimaste per chissà quanto tempo in chissà quale magazzino.

Fatta una riunione per valutare le forze e stabilito un programma, per più di un mese, ogni sera, molte persone si diedero da fare e ne uscì un’opera davvero bella, che occupava un quarto della navata principale. 

Mussoi. Il “mitico” Presepe dei Frati in allestimento, anni Sessanta.

Nel periodo natalizio, molti vennero dalla città a visitare la chiesa con grande soddisfazione di tutti. 

Il Maestro Umberto Pincirolli, pittore e scenografo per il Presepe dei Frati.

Così cominciò una bella tradizione che tra i protagonisti diretti ancora attivi ebbe coprotagonista il Maestro Umberto Pincirolli, come Artista del gruppo in veste di pittore e scenografo dei vari presepi ma anche, successivamente, degli addobbi teatrali realizzati per l’ampliamento funzionale della sala dell’oratorio adibita a cinema e di altri dipinti specifici.

PADRE FILIPPO

Intanto il gruppo, rinfrancato dal lavoro comune, era stato adocchiato anche da Padre Filippo, la cui passione per la musica era pari alla sua carica vitale. Appassionato del Perosi, riuscì a far proseliti e a educare al canto persone che neppure si immaginavano di poter interpretare quei pezzi e così ‘vieni anche tu che vado anch’io’ la cantoria cominciò ad espandersi e a trovare maggior soddisfazione. 

Mussoi. La Cantoria dei Capuccini diretta da Padre Filippo, metà degli anni ’50.

Si cominciava a pensare a un nuovo Presepio che, vista la situazione, poteva anche essere immaginato in grande. Nel gruppo figuravano infatti molti artigiani con falegname, fabbro, elettricista e persone di provata iniziativa; inoltre di fianco c’erano le caserme le cui giovani reclute venivano invitate ad affiancarsi ai civili che lavoravano alle imprese della Chiesa-Ossario.

Padre Beltrame, Nino Secco e amici cantano “la stela”.

Scoprii che Padre Beltrame portava in qualche occasione ufficiale il cappello d’Alpino e che era molto considerato dalle Autorità militari; come dire che in caso di necessità, forza ce n’era; ancora, le aziende della piccola zona industriale di Mussoi avevano messo a disposizione, in caso di necessità, le proprie attrezzerie per lavoretti fuori orario pro-presepio. 

Il secondo anno non solo si lavorò due mesi e fu occupata mezza navata, ma comparvero alcuni effetti speciali come la raggiera sul Gesù Bambino, gli angeli che sembravano arrivare e sparire nella grotta; insomma, l’impresa fu ancora più gradita. 

Inoltre, visto che il baccalà distribuito ai poveri il venerdì era davvero buono, il gruppo dei lavoranti si accordò per fare una cena al mese dello squisito prodotto, dato che il refettorio del convento (nella zona clausura) era grande e donne non ce n’erano. Le mogli però protestarono e fu tosto necessario approntare un sistema per poter disporre di panche e tavoli nell’oratorio superiore per accontentare le famiglie. È proprio vero che le vie del cielo sono infinite! … Ovviamente il baccalà era fatto ‘alla cappuccina’3.

PADRE RICCARDO E PADRE SANTE

Con questo i buoni frati, Padre Riccardo il teologo, e Padre Sante il predicatore, non trascuravano affatto gli impegni religiosi, anzi, non so per fantasia di chi, ma ai normali chierichetti, furono affiancati presto i ‘paggetti’ e poi il ‘cerimoniere’ che accrebbero di gran lunga la popolarità del Gruppo e il gradimento popolare delle cerimonie. 

Mussoi 1953: chierichetti, paggetti e… riserve.

Passai per tutti tre i gradi facendo evidente ‘carriera’ e questo nel giro di due o tre anni. Giusto in tempo per entrare nel massimo grado l’anno in cui il lavoro dei Frati fu gratificato dal riconoscimento per cui la Comunità di Mussoi fu riconosciuta come parrocchia autonoma, staccata da Santo Stefano: era il 1956. 

Caspita che bellezza andare, l’anno dopo, alla processione del Corpus Dòmini in città e ritornarne pieni d’orgoglio per la bella figura fatta e per essere piacevolmente sulla bocca di tutti! Noi, della periferia, ne avevamo fatti di passi in avanti!

La processione del Corpus Domini, con il cerimoniere.
  1. Ho già narrato del trauma subito nella prima infanzia e conseguente rifiuto per ‘i morti’. ↩︎
  2. Progettato nel 1935 da A. Alpago Novello, fu inaugurato nel ‘37 e nello stesso anno vi furono inumati i resti di più di 400 soldati, racchiusi in piccole urne dislocate sulle pareti delle due Cappelle laterali tamponate con piccole lastre di pietra recanti i nomi dei Caduti. A loro è specificatamente dedicata la campana della chiesa. Nel 1942 fu realizzato il coro in legno della navata centrale. La gestione del tempio e piccolo monastero adiacente fu affidata all’Ordine dei Frati Francescani il cui stemma compare nella campana menzionata. ↩︎
  3. I tranci di stoccafisso ammollato, venivano infarinati e rosolati in un leggero soffritto di cipolla; quindi cosparsi di prezzemolo e pangrattato. Si allungava poi con acqua e magari un cucchiaio di conserva di pomodoro.
    ↩︎

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