Hanna Reitsch, nata il 29 marzo 1912 a Hirschberg in Slesia, è stata un’aviatrice ben nota agli appassionati di volo e in questi ultimi mesi, nell’80o della fine del secondo conflitto mondiale, molti hanno ricordato sul web una sua ardita missione. Tra il 26 e il 28 aprile 1945 riuscì ad atterrare in una Berlino devastata e circondata dai sovietici, con il compito di prelevare Hitler e portarlo al sicuro, proposta peraltro rifiutata dal Führer. Il volo fu compiuto assieme al generale Robert Ritter von Greim (1892-1945), suo amico da tempo e pilota da caccia con 28 vittorie ottenute nella Prima Guerra Mondiale, destinato a sostituire Hermann Göring quale comandante supremo della Luftwaffe.
Venne utilizzato un Fieseler Fi 156 “Storch”, monomotore da salvataggio, collegamento ed osservazione ad ala alta, proprio per la sua capacità di sollevarsi in volo in soli 50 metri e di atterrare in appena 20. Il volo fu davvero difficile: l’aereo fu colpito ripetutamente dalla contraerea sovietica, il generale rimase gravemente ferito e l’atterraggio sulla strada che conduceva alla Porta di Brandeburgo, vicino al bunker dove si era rifugiato Hitler, fu un vero miracolo, come del resto il volo di ritorno dal campo di Gatow a quello di Rechlin nel Mecklemburgo su un velivolo da scuola Arado 96. Così lei ricordava quell’esperienza: «Vidi perfettamente in faccia i russi che ci sparavano addosso con armi di ogni tipo. Vidi una fiammata bianco-giallastra divampare accanto al motore e nello stesso istante intesi von Greim gridare ch’era stato colpito. L’aereo fu più volte colpito in pieno. Con terrore vidi scorrere dai serbatoi alari la benzina. Doveva esplodere da un momento all’altro e non riuscivo a capire perché non lo facesse. Lo Storch conservò invece la sua manovrabilità e io restai incolume».
Ma oggi voglio ricordare come anche il Cadore abbia contribuito a far entrare questa donna nella storia, non per motivi militari e politici, bensì squisitamente sportivi. Siamo a Pieve di Cadore, il 30 maggio 1937. In un pomeriggio con scrosci di pioggia ecco comparire improvviso nel cielo, sopra la torre della Magnifica Comunità, lento e nitido, un aliante, dalle ali eleganti e dalla lunga fusoliera. Tocca terra nei pressi di un campo sportivo, che si trova a qualche decina di metri dalla caserma Buffa di Perrero, presso la strada per Pozzale. Subito accorrono gli alpini che traggono il pilota fuori dal piccolo abitacolo e grande è la loro meraviglia quando si accorgono che il pilota è una donna di 25 anni circa.
La Reitsch si era quella mattina stessa alzata in volo dal campo di volo di Salisburgo ed aveva superare la barriera delle Alpi con un aliante nel contesto di una kermesse aviatoria cui partecipavano 30 piloti di 6 nazioni. Volò dunque sopra gli Alti Tauri, lo Zeller See, il Pinzgau, il Grossglockner ed infine le Dolomiti.
Così lei raccontava nel suo libro autobiografico Fliegen mein Leben (Volare la mia vita): «Diressi il mio aliante verso sud, dalla mia altezza le Dolomiti mi impressionavano, come se volessero infilzarmi. A sud ovest splendevano i ghiacciai verde-azzurri della Marmolada ed ecco che davanti a me si apre la valle del Piave. Ora volo solo planando lungo il letto sabbioso e sassoso del fiume. A destra e a sinistra si stendono i campi circondati da alberi. La coltre di nubi si e trasformata in un muro di pioggia e mi taglia la strada verso sud: dove veramente sono non riesco a capirlo. Atterrare sul letto del fiume non mi alletta, cosicché giro e cerco di raggiungere il paese per ultimo sorvolato: è Pieve di Cadore, ma allora non lo sapevo. Riconosco una caserma con un cortile circondato per tre lati da costruzioni e quello aperto poteva essere un campo di calcio. Una fila di pioppi che chiudeva il campo poteva essermi fatale. Il piccolo spazio però poteva bastare per atterrare. Ero obbligata a sfiorare la cima degli alberi e quando fui loro davanti una raffica di vento mi spinse verso il basso e mi ritrovai al di sotto della cima dei pioppi. L’aliante parve perduto. Ora dovevo pensare alla mia salvezza. Ma prima di raggiungere le piante sentii una spinta verso l’alto e trascinai in campo il mio aliante quasi perpendicolarmente al terreno con il muso della fusoliera rivolto verso il cielo. Sfiorò leggermente le cime, si abbassò dietro, appoggiandosi duramente sul terreno. Credo si essere rimasta a lungo nel mio aliante, finché voci di soldati italiani mi svegliarono come da un sogno. Per il freddo patito ero incapace di dire una parola e discendere da sola. Gli italiani mi tirarono fuori e mi portarono in gioioso trionfo con il mio aliante sulle loro spalle fino alla caserma».
Scorrendo le tante imprese di questa donna minuta e intrepida si resta sì davvero stupiti, ma nel contempo pure turbati, per la convinta fede nazista che sottese tanti suoi eroismi. Partecipò anche alle prove di collaudo della famosa bomba V1, del caccia a reazione ME 262 e di uno strano elicottero a due rotori. Detentrice di vari record e provata duramente da vari incidenti subiti, divenne un simbolo del nazionalsocialismo e per questo rimase prigioniera in un campo di concentramento americano sino alla fine del 1946. Riprese poi a volare, battendosi sempre per la divulgazione del volo a vela, anche nel Terzo Mondo. Invitata da Nehru, visitò l’India nel 1959 e vi fondò una scuola di aviazione, poi nel 1961 si recò negli Stati Uniti su invito del presidente Kennedy, infine nel 1962 si trasferì per quattro anni in Ghana, dove fondò una scuola di volo a vela.
Pubblicò ben quattro libri dedicati alle sue avventure, rimanendo attiva e popolare fino al 24 agosto 1979, allorché fu stroncata da un infarto a Francoforte sul Meno.
Walter Musizza
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