A proposito delle caserme della città l’amico Generale Angelo Baraldo così ne sintetizza la storia1:
«In città, alla fine dell’Ottocento, venne costruita una nuova grande caserma; era la seconda in quanto a Belluno esisteva già la Caserma ‘Tasso’, ex convento della Compagnia di Gesù.
Nel febbraio 1882 accadde che il Comune inoltrasse formale richiesta perché venisse destinata a Belluno la sede di un battaglione alpino.
Il Ministero, nel precisare che si rendeva necessario assicurare l’accasermamento di tale unità, chiese un concorso alle spese per la costruzione del nuovo edificio. L’amministrazione decise di stanziare 70.000 lire per la costruenda nuova infrastruttura da erigere in località ‘Piano della Favola’, a nord dell’allora stazione ferroviaria2.
Alla fine, il 19 novembre 1883, venne firmata la convenzione che prevedeva la costruzione di una caserma3, sede di un reggimento di Bersaglieri, non più di Alpini. Iniziata nel 1886, la grandiosa costruzione ebbe termine nel 1889, e il 2 agosto 1890 venne inaugurata4 e intitolata a Giuseppe Fantuzzi5.
Dal 1890 al 1953 la caserma ospitò truppe delle più diverse specialità: Bersaglieri, Fanti, Genieri e Alpini. Dal 1° luglio 1953 è stata sede del Comando della Brigata Alpina ‘Cadore’ fino al suo mesto scioglimento nel gennaio 1997 6.

Il secondo semestre del 1909 segnò un altro passaggio molto significativo per gli Alpini nel Bellunese. In quel periodo, infatti, si procedette a un riordino degli schieramenti ed al conseguente dislocamento dei reparti tanto che, alla fine dell’anno, la formazione del 7° Reggimento Alpini è su tre battaglioni, e ciascuno su tre compagnie: il ‘Feltre’ sulle 64a, 65a e 66a, il ‘Pieve di Cadore’ sulle 67a, 68a e 75Sa, e il ‘Belluno’ sulle 77a, 78a e 79a. Ricordo, per inciso, che il Battaglione ‘Belluno’, in attesa della costruzione delle nuove caserme (Salsa e D’Angelo), aveva sede invernale a Padova. … Da questo riordino, il l° ottobre 1910, nacque il Battaglione ‘Belluno’ ed il 7° Reggimento Alpini fu trasferito definitivamente, in sede fissa, da Conegliano a Belluno!
Così in città, dove si avvertiva l’esigenza di garantire un più consistente presidio militare a salvaguardia dei confini con l’Austria, agli albori del XX secolo, vennero iniziate le pratiche per la costruzione di altre due nuove caserme7: una per gli Alpini ed una per gli Artiglieri da Montagna. Trattasi delle caserme ‘Salsa’ e ‘D’Angelo’, ubicate in via Col di Lana, dedicate a due eroi M.O.V.M. della Guerra di Libia, allora appena terminata8.

Esse furono destinate ad ospitare un Reggimento Alpino ed una Brigata di Artiglieria da Montagna. Risale a quegli anni anche la costruzione di tutte quelle fortificazioni permanenti a carattere difensivo, ancor oggi esistenti sul territorio montano della provincia».
Il panorama locale vide poi la nascita delle Caserme Toigo e Piave, entrambe con funzione di servizio ai diversi reparti della Brigata Alpina Cadore.
La caserma più ‘centrale’ della città rimane comunque la Jacopo Tasso9, sede del Distretto Militare10.

La sua struttura è un adattamento del settecentesco Collegio dei Gesuiti11 che, dopo lo scioglimento della Compagnia, del 1773, venne prima adibito a scuola pubblica e poi a seminario fino a che, nel 1797 divenne caserma mantenendo tale destinazione anche dopo la riabilitazione della Compagnia di Gesù (1814).

La vasta zona destinata a orto e giardino della parte dietro il convento, è diventata il parco principale della città coi successivi diversi nomi di Parco delle Rimembranze, parco Città di Belluno, Parco Città di Bologna, popolarmente e semplicemente al parco.
Belluno vedova di pace
Negli anni seguenti all’ultimo dopoguerra, in modo molto rapido, l’assetto del mondo occidentale è cambiato come pure le tecnologie e le tecniche, anche quelle riferite ai sistemi di difesa e di guerra; si sono evoluti i sistemi politici, quelli delle relazioni internazionali, sono mutati i criteri e le identità dei blocchi di forza, il ‘terrorismo’ è entrato in gioco come entità contendente. Tutto ciò ha richiesto e richiede un continuo adeguamento funzionale delle cosiddette ‘forze armate’.
Tra i cambiamenti sostanziali, la riduzione progressiva del numero dei militari ‘chiamati’ fino alla sospensione della ‘leva’ obbligatoria12 col riassetto verso un esercito del tutto specializzato fatto di soli professionisti, in grado di operare a livello internazionale, duttile e perfettamente padrone di armamenti e tecniche di intervento sofisticati.
Belluno, nell’ultimo quarto di secolo, ha così visto svaporare rapidamente il suo piccolo particolare popolo in grigio-verde: la città si è svuotata13 della presenza, delicata ma possente, di quei giovani – qualche migliaio – considerati come figli, che la rendevano viva e fiduciosa di futuro. Iniziata nel 1973 questa emorragia14 si è conclusa nel ’9715 sopravvivendo oggi la Compagnia comando e supporto logistico “La Cacao” del 7° Reggimento Alpini rientrata dal 2005 in quella che era la sua sede storica, la caserma “Salsa-D’Angelo” di Belluno16.
Delle altre tre grandi caserme, due sono state riconvertite, e solo una (la gigantesca Fantuzzi) rimane in attesa di una nuova destinazione che la possa salvare dalla condanna del tempo.
Non capisco perché almeno quest’ultima non possa essere sede di un grande museo che offra memoria della grande storia degli Alpini (di guerra e di pace) mentre ne esista uno, piccolo, ambientato fuori dell’ambito ‘naturale’ (solita Italia, solita storia), in una piccola ala di Villa Patt di Sedico: che fatica a sopravvivere.
Alpini mus e mussoi
Pensavo che con Mussoi, la località della mia nuova casa, i mus del Sesto dovevano entrarci, anzi parecchio; il fatto era che si vedevano spesso in lunga fila coi loro conducenti, entrambi caricati come mus, appunto, coi basti sudanti delle canne verdi dei mortai, le ruote a raggiera, i dispositivi di puntamento tirati a lucido; e gli artiglieri, redini in mano e zaino in schiena affardellato, in marcia forzata poco prima dell’alba per non dar fastidio alla circolazione stradale, per arrivare a sgomberare la strada principale prima del chiaro.
Se erano sfortunati finivano per farsi un giro di 20-40 Km per Tisoi e Bolzano, fino al Mas e ritorno, magari per il Bosco delle Castagne; se invece gli andava bene andavano su al Poligono, tra Col de Piana e Travazzoi, dietro le cave di argilla e magari tagliavano il bosco fino alle cave di arenaria dei veci molàs, le stesse che fornivano la pietra molare dell’azienda dei Fant, dislocata proprio di fronte al Sesto, poco più a valle della fabbrica Chinaglia. Certo si trattava di passeggiate stupende da farsi, ma no stracarghi in quel modo (sia i conducenti che i mus).
Invece un giorno mi dissero che non si trattava di asini ma di mui, muli, ossia di ibridi generati dall’incrocio fra uno stallone asinino e una cavalla17. La sterilità congenita aveva probabilmente inciso sulla loro scelta come bestie da fatica ma gli accuditori e primi estimatori, ossia gli alpini, li hanno sempre riconosciuti come esseri nobile, caparbi e valorosi18. Quanto alla veemenza e irritabilità della bestia, e anche a titolo di prevenzione a scanso di possibili imbizzarrimenti o in occasioni di sortite diurne in presenza di signore, mi raccontavano che i conducenti ne sapevano una più del diavolo per calmar loro i bollenti spiriti e che, a evitare inutili prominenze estetiche, praticavano loro una calmante terapia manuale: non pare comunque questo il motivo della reciproca affezione.
Noi bociase (ragazzacci) alle prime armi e in proprio parlavamo di questo con grandi risate immaginando chissaché e ancora adesso, avendo scansato la naia, non sappiamo se si tratta di leggenda casermitana (o metropolitana, o alpina?).
Tutte le puntate
- Baraldo, Angelo. L’ alpino nel Bellunese in tempo di pace, Belluno, Momenti AiCS, 2003. ↩︎
- «Si unirono allo sforzo anche i commercianti cittadini che dirottarono, a tale scopo, le 14.000 lire già destinate alla costruzione di una fontana in piazza ‘Campedel’ attuale piazza dei Martiri». La frase sottolinea l’importanza che veniva data, anche in relazione alla possibilità di sviluppo economico, al nuovo insediamento. ↩︎
- Per il Comune e per la comunità locale fu, a quel tempo, un grandissimo investimento, particolarmente rilevante, pari al 13% del costo totale che ammontava a 610.000 lire; in convenzione l’immobile era da erigersi nel termine di 550 giorni. La futura presenza di truppe in Belluno si configurava, dunque, come un notevole cespite di guadagno per il quale valeva la pena di impegnarsi finanziariamente in termini così rilevanti: la presenza stabile di soldati in città sarebbe stata una fonte di incremento dell’economia locale, sottraendo anche personale altrimenti destinato all’emigrazione. ↩︎
- Si stabiliscono alla ‘Fantuzzi’ due battaglioni di bersaglieri più un comando di reggimento, per un insieme di circa 700 persone: non poco, se si considera che rappresentavano un decimo della popolazione residente di allora. In seguito, e fino alla Grande Guerra la presenza media di militari fu di circa 2.000 unità, delle quali almeno un 10% di ufficiali e sottufficiali. ↩︎
- Giuseppe Fantuzzi, classe 1762, era nato in Borgo Piave (Belluno) da famiglia poverissima di zattieri; ancora molto giovane, dopo aver esercitato per un breve periodo il mestiere paterno, andò a combattere in Polonia per l’indipendenza di quel paese, tornandone con il grado di Generale; si arruolò, poi, nella legione Cisalpina, al fianco della Francia. Alla fine del 1798 venne nominato Aiutante Generale, grado che tenne fino al 12 maggio 1800, giorno in cui morì mentre era alla difesa di Genova, a soli 38 anni (cfr. Conte, Paolo. Perale, Marco. 90 profili di personaggi poco noti di una provincia da scoprire, Belluno, L’Amico del Popolo, 1999, pp. 110-112). ↩︎
- Nel dopoguerra, è sede del C/do Brigata Alpina “Cadore”; del Quartier Generale/Reparto Comando Trasmissioni /Reparto Comando e Supporti Tattici; della Cp. trasmissioni; della Cp. genio pionieri/compagnia genio guastatori e della Fanfara e Coro di brigata. Ora dismessa, è in fase di trasformazione per diventare la nuova sede della questura. ↩︎
- L’esproprio dei terreni, scelti a nord della città oltre villa “la Vignetta”, non fu certamente scevro di difficoltà, e causò aspre e prolungate diatribe di ordine economico, tanto che nel 1911 il Comando Territoriale di Verona, esasperato dai continui ritardi, ordinò l’immediata occupazione del suolo, esercitando l’esproprio forzoso per pubblica utilità, e dispose che le due infrastrutture fossero completate entro il 1913. Costarono rispettivamente 775 e 670 mila lire: il contributo del Comune, oltre alla gratuità dell’acqua, fu delle 150 mila lire necessarie all’acquisto del terreno. ↩︎
- Nella Campagna di Libia (1911-1913), si distinse, al comando di una brigata mista da montagna, il Generale Tommaso Salsa che, per le sue doti di coraggioso condottiero, fu decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare nel marzo 1914, sei mesi dopo la morte, avvenuta il 21 settembre 1913. In Libia aveva combattuto, cadendo eroicamente in battaglia, anche il Capitano di Artiglieria da Montagna Michele D’Angelo, proveniente dal Gruppo “Mondovì” del 1° Reggimento Artiglieria da Montagna, ma assegnato, per queste operazioni, al Gruppo “Vicenza”: l’Ufficiale fu decorato di M.O.V.M. alla memoria il 3 marzo 1912. ↩︎
- Jacopo Tasso (Longarone, 23 ottobre 1808 – Treviso, 10 aprile 1849) è stato un patriota italiano. Avvocato Bellunese, di idee mazziniane, contribuì alla difesa della Repubblica Veneziana di Manin e Calvi del 1849 inviando a Venezia volontari Bellunesi. Scoperta la sua attività clandestina, gli Austriaci lo fucilarono il 10 aprile 1849 sotto il bastione di Santa Sofia a Treviso (cfr. Conte-Perale, 90 profili, pp. 214-216). ↩︎
- (S.I.A.S.) I Distretti militari sono enti della circoscrizione militare territoriale dell’esercito 1878-1993; furono istituiti dopo l’unificazione con R.D. del 13 novembre 1870 in numero di 45, con la L. 368, 9 maggio 1940, arrivarono a 116 e diminuirono fino ad arrivare nel 1999 al numero attuale di 62; quello di Belluno è stato attivo fino al 1993. Il Distretto è incaricato del reclutamento e della mobilitazione delle truppe militari e ha un proprio territorio di giurisdizione comprendente un determinato numero di Comuni. Compito fondamentale del Distretto militare è il servizio matricolare, rivolto alla documentazione ufficiale di tutti i servizi resi da ciascun militare allo Stato. I documenti base della matricola sono il ruolo matricolare e il foglio matricolare. La L. 226, 23 agosto 2003, ha fissato al 31 dicembre 2004 la data dell’ultima chiamata alle armi. ↩︎
- Edificato dal 1704 al 1724 su progetto di Andrea Pozzo. ↩︎
- Dal 2005, dopo che nel 1997 era stata portata a soli 10 mesi. ↩︎
- Mediamente si può considerare la presenza di 3000-3500 tra reclute e quadri di cui 1000 del Battaglione ‘Belluno’ [7°] con 150-200 al Comando di Reggimento; 700 al Gruppo ‘Lanzo [6°] con 150 al Gruppo di Comando; poi 5-600 alla Toigo (Raggruppamento Servizi); 500 al Comando Brigata della ‘Fantuzzi’ e ancora un centinaio presso il Distretto. Occorre inoltre considerare che molti Ufficiali e Sottoufficiali erano pressoché stanziali e in gran parte con famiglie [se ne considerino 4-500] il che significa una ulteriore presenza di un paio di migliaia di cittadini integrati (tra nativi e arrivati da altra zona). ↩︎
- L’attività di Battaglione Addestramento Reclute viene ereditata nel 1975 dal Battaglione Alpini “Belluno”, che in quell’anno viene trasformato da unità operativa a unità prettamente addestrativa. Le reclute rimanevano a Belluno per circa un mese, l’attività addestrativa si incentrava prevalentemente su regolamenti, uso delle armi individuali e addestramento formale. Con la cerimonia del giuramento si concludeva l’addestramento di base e le reclute, divenute alpini, venivano quindi inviate ai reparti di impiego. Nel 1991 viene elevato al rango reggimentale, assumendo la denominazione di 16º Reggimento “Belluno” RAR (Reggimento Addestramento Reclute), rimanendo immutati compiti e funzioni. Nel 1996, in seguito allo scioglimento del BAR della “Julia”, provvede ad addestrare le reclute anche di questa Brigata. Nel 1997, dopo lo scioglimento della Brigata “Cadore”, passa dapprima alle dipendenze della “Julia”, quindi nel 1998 viene riconfigurato in Centro Incorporazione Leva (CIL) e passa alle dirette dipendenze del Comando Truppe Alpine. Rispetto al normale CAR, presso il CIL le reclute rimangono solo una settimana per la procedura di incorporo, vestizione, visite mediche per proseguire poi tutta l’attività addestrativa nei rispettivi reparti operativi. In tal veste il “Belluno” provvede ad alimentare reparti di stanza nell’Italia Settentrionale, anche non appartenenti alle Truppe Alpine. A causa della graduale riduzione della componente di leva, il “Belluno” a partire dal 2002 viene progressivamente anemizzato, fino allo scioglimento nel novembre 2004. ↩︎
- Il 15 luglio del 1995 il 6° reggimento e il gruppo Lanzo vengono definitivamente sciolti, come presagio allo scioglimento della Brigata Cadore, che avviene nel 1997. ↩︎
- Per maggiori informazioni sulla storia degli Alpini a Belluno vedi i siti internet: www.vecio.it e https://it.wikipedia.org/wiki/Brigata_alpina_%22Cadore%22 ↩︎
- Dall’incrocio inverso si ha il ‘bardotto’. ↩︎
- Tanto è l’affetto per questa bestia che le risultano dedicati almeno due specifici siti in internet agli indirizzi http://www.collezioni-f.it/alpini/mulo.html – www.truppealpine.it/Mulo.htm ↩︎
Seguici anche su Instagram:
https://www.instagram.com/amicodelpopolo.it/
