Casa di riposo o Rsa? Perché il nome conta. La mia riflessione parte dal racconto di un amico che mi accennava di un’anziana signora, la quale in una sola domenica aveva fatto visita a quattro case di riposo, per la gioia d’incontrare le sue “vecchie conoscenze’’.
Ciò m’ha fatto molto riflettere sulle cosiddette residenze sanitarie assistenziali (Rsa), un nome tecnico che contiene molte avvertenze, a partire dal personale che accudisce gli anziani ospiti. Ma perché è stato abbandonato il termine “casa di riposo”? Quella signora mi ha cambiato le carte in tavola con il suo percorso di vicinanza e amabilità. Ho sentito una grandissima differenza tra i due termini: a chi si riferisce Rsa rispetto a CR? Non c’è dubbio: Rsa riguarda la struttura in sé, chi la regge e ci lavora. Mentre CR si riferisce agli ospiti accuditi, i veri protagonisti della “struttura ospitante”. E la signora che ha fatto il giro delle visite mi ha ricordato che al primo posto vengono le persone che lì abitano, sempre più sole, con la loro storia, le loro famiglie, il loro territorio e le loro parentele. L’aggettivo “sanitaria”, che rimanda alla medicina, svia l’attenzione e il senso. Perché, invece, non s’è usato l’aggettivo “sociale”? La scelta di termine indica quanto in difficoltà si trovi oggi il sistema sanitario nazionale perché continua a puntare tutto sugli aspetti tecnici, sulle ragioni amministrative e sul numero delle prestazioni.
E la prevenzione, che invece prevede un coinvolgimento molto più diretto dei cittadini? Come mai è in ritardo in Italia? E l’accompagnamento delle persone, quando non bastano le prestazioni per garantire l’assistenza oltre alla cura? Perché non vengono valorizzate le famiglie? Quella signora in visita alle amiche meno in salute di lei prova che vi potrebbe essere molto più coinvolgimento dei cittadini: basterebbero una visita o uno scambio.
La domanda cruciale è: perché l’assistenza sociale deve applicare le regole sanitarie dove c’entrano poco? Questi aspetti tecnici hanno la meglio anche in altri ambiti. Così succede che un metro quadro di asfalto nuovo, magari posto in un luogo strategico, abbia più risonanza del lavoro della famiglia che per mesi e anni ha permesso di far superare al disabile quel “rischio strategico” per dargli cittadinanza piena. Si celebra il metro quadro e non gli anni di vita.
Non si tratta di poesia.
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5 commenti
Giuseppe
Oltre il nome le case di riposo tradizionali e le rsa sono comunque luoghi ed esperienze infelici nei quali gli anziani stanno male e non vogliono assolutamente andare a concludere i loro giorni terreni. Nuove piccole realtà più umanizzanti stanno sorgendo un po’ qua e un po’ là nei paesi e nelle cittadine, a queste bisognerebbe dare spazio sulla stampa.
Luigi Franco Piacentini
Il nome determina la tipologia della struttura assistenziale. La “problematica” rimane la qualità e la quantità delle prestazioni, collegate all’ umanizzazione dei rapporti tra ospiti e personale. Comunque ottimo anche questo editoriale. Saluti cordiali
Sergio
A mio parere la definizione casa di riposo dovrebbe essere destinata alle persone autosufficienti che non possono/vogliono vivere sole
Le Residenze Sanitarie Assistenziali dovrebbero essere destinate ai non autosufficienti bisognosi di assistenza sanitaria appunto
Oggi purtroppo si assiste, nella maggior parte dei casi ad un miscuglio con personale misto alle due necessità non sempre preparato a dovere
Rosa Illuzzi
Grazie. Ho letto questo articolo con molto interesse. Finalmente qualcuno che pensa agli anziani e nn dimentichiamoci che lo saremo anche noi.
Il problema mi riguarda da vicino. Ho una zia 79aa sordomuta che è ospite di una casa di riposo a Padova. Mia sorella è la tutrice ed è anche in veste di nipote. Io sono l’altra nipote che, quasi tutti i giorni mi reco da lei. Volevo denunciare la sconcertante disumanizzazione di queste strutture che io chiamo lager istituzionalizzati. Possibile che nessuno prende coscenza di questo problema? Le istituzioni dove sono? La CARTA DEI DIRITTI DELL’ANZIANO è pura carta straccia? Le case di riposo /RSA non saranno tutte uguali ma fanno schifo comunque. Mia sorella che è tutrice mi critica perché sono spesso dalla zia. Mi dice: lei usufruisce di questo trattamento, per noi la vecchiaia è un’incognita. Nelle case di riposo si mangia, si beve(poco) perché altrimenti si cambia spesso il panno, si riposa ad orari prestabiliti e il fuori onda nn è concesso. I parenti degli ospiti, quelli che vedono si lamentano, gli altri preferiscono nn vedere tra questi ,mia sorella. Io ho preso provvedimenti legali perché mia zia è una sordomuta e va difesa, sono sola. Vogliamo perpiacere sensibilizzare la gente su questo spinoso argomento? Dobbiamo fare qualcosa io sono disponibilissima. Grazie per la sua sensibilità.
Anna Martina
Le RSA sono un luogo dove gli ammalati sono un numero e un bancomat. Costano tanto ma i servizi che sono erogati non sono all’altezza delle situazioni. Il personale infermieristico spesso non è qualificato e i medici di solito sono pensionati che stanno lì ad arrotondare la pensione e non hanno più la voglia di aggiornarsi. In altri Paesi Europei ci sono team di medici e infermieri che vanno direttamente a casa dell’anziano e non ci sono vuoti per ferie o altro. In Italia si paga tanto ma non c’è un rapporto umano. Le RSA dovrebbero sparire . Noi italiani dovremmo richiedere a gran voce la stessa organizzazione che c’è negli altri Paesi. Lo Stato risparmierebbe anche un sacco di soldi.