Nella lunga vita di Tiziano Vecellio, pur illuminata da una serie sterminata di fonti e studi succedutisi in cinque secoli di storia, permangono ancor oggi molti vuoti e lati oscuri. Neanche i sei volumi della recente e poderosa opera di Charles Hope “Titian: Sources and Documents”, 2694 pagine frutto di 50 anni di ricerche negli archivi di tutto il mondo, riescono a dare risposte certe a tutti gli interrogativi ancora sul tappeto. Il 2026 sarà l’anno dei giochi olimpici invernali di Milano Cortina, ma anche del 450° della morte del “divin pittore”, la cui datazione rimane (almeno questo!) uno dei punti fermi inoppugnabili: essa avvenne il 27 agosto 1576 e il giorno dopo ci fu l’inumazione nella chiesa di S. Maria Gloriosa dei Frari a Venezia.
Come per ogni anniversario correttamente inteso, questa dovrebbe essere l’occasione per indurre tutti i bellunesi ad avvicinarsi con rinnovata curiosità a questo gigante del Rinascimento italiano e alle tracce da lui lasciate sul nostro territorio. Il Cadore certo potrà presentare con orgoglio la sua casa natale a Pieve, appena reduce da un delicato intervento edilizio, pronta ad ospitare esposizioni a tema focalizzate su singole opere di ambito vecelliano. E già questo dovrebbe costituire un buon aggancio con le olimpiadi cortinesi, visto che a lungo è stata indicata a Campo di Sotto l’“altra” casa natale di Tiziano, quella della presunta madre sua ampezzana, con il singolare legame comune – guarda caso – di aver avuto entrambe l’onore di un dipinto del prodigioso fanciullo. Potrebbe essere insomma la volta buona per un confronto rigoroso ed una risposta finalmente condivisa su questa singolare querelle, come suggerito anche dallo storico Wolfgang Strobl poco tempo fa sulla rivista «Ladinia».
Ma, a proposito del dipinto dell’artista in erba a Pieve, come la mettiamo col fatto che l’opera, realizzata con colori ricavati dal ragazzo stesso da “sughi di fiori”, si trova oggi nel vicino palazzo Sampieri e non nella più modesta casa che fu anche bottega di un barbiere? Poiché ancor oggi alcuni sostengono che la vera casa fosse il palazzo, forse sarebbe ora di concludere il dibattito con una risposta chiara e qualificata.
Oltre a questo, restano da approfondire anche i rapporti intrattenuti da Tiziano con Cortina in veste non di artista, bensì di sagace imprenditore, pronto a sfruttare i boschi cortinesi e tirolesi tramite fruttuosi contratti di acquisto di legname, che portarono tra l’altro il fratello Francesco a recarsi personalmente a Innsbruck. Ma questo Francesco, soldato, pittore e imprenditore, era più giovane o più vecchio di Tiziano? Per secoli lo si è voluto più anziano, ma recentemente, grazie soprattutto agli studi di Gabriele Matino, pare affermarsi l’idea che il primogenito fosse Tiziano.
Anche affrontando il tema della personalità del nostro pittore troviamo molti rebus ancora da risolvere: i suoi prestiti alla Magnifica Comunità di Cadore nei momenti di crisi e carestia erano un atto di generosità disinteressata o una mera operazione finanziaria senza scrupoli? Se guardiamo un quadro di Jacopo Bassano, buon pittore operante nella sua bottega, ovvero la Purificazione del tempio, oggi alla National Gallery di Londra, riconosciamo subito Tiziano nei panni di un cambiavalute, intento a mettere in tutta fretta in salvo i suoi soldi nella confusione generale. Verità satirica per uno screzio intervenuto tra i due, o pura fantasia? Certo Pietro Aretino, che del mondo era buon intenditore, diceva apertamente che il nostro era avido e che la gran quantità di denaro da lui posseduto gli faceva dimenticare obblighi verso gli amici e doveri verso i parenti. Anche questo meriterebbe un chiarimento, visto che si parla sempre di un amore vicendevole tra pittore e piccola patria alpina.
Ma le Olimpiadi cortinesi si offrono pure come ottimo innesco di nuovi flussi turistici nei prossimi anni, in particolare da Venezia verso il Cadore e l’Ampezzano.
Ora sappiamo bene che Tiziano viveva a Venezia in una bella casa con giardino e atelier, presa in affitto dai Polani “ai Biri”, non lontano dalla chiesa dei Gesuiti e dalle odierne Fondamente Nove. La casa, già teatro di feste e incontri di grandi umanisti ed artisti, seppur oggi profondamente mutata, è indicata da una grande lapide e figura su tutte le guide di Venezia. Nonostante ciò e pur essendo migliaia ogni giorno i turisti di tutto il mondo che vanno ad ammirare i quadri di Tiziano sparsi nei musei di Venezia, sono davvero pochi quelli che si spingono fino a Campo Tiziano a Cannaregio per conoscere il luogo dove il pittore e la sua bottega producevano tanti capolavori. Perché non lanciare un percorso turistico che porti dalla casa di Venezia a quella di Pieve, passando magari per la “caseta” che Tiziano possedeva a Col De Manza, attuale Villa Fabris, in provincia di Treviso, in piena zona prosecco DOC? Un itinerario che farebbe dialogare i capolavori tizianeschi presenti in laguna con quelli conservati in Cadore, e magari pure con quelli esistenti a Treviso e Castello Roganzuolo. E non si tratterebbe solo della fruizione di opere mirabili, ma ancor più del godimento di paesaggi, luci ed atmosfere che ispirarono il pittore, quelli che potremmo definire il “genius loci” che presiedette alla creazione di miracoli d’arte.
Se nell’800 Josiah Gilbert nelle sue divagazioni alpine alla ricerca dello spirito di Tiziano non mancava di cercare le tre case di Tiziano, assaporando panorami e situazioni diversi e pur complementari tra loro per entrare nei segreti dei suoi colori, perché non possiamo farlo oggi anche noi, che abbiamo a disposizione mezzi di locomozione ben più comodi e sicuri?
Walter Musizza
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1 commento
Giuseppe
Coi tempi che corrono per andare a Venezia è consigliabile il treno, mentre per raggiungere le altre mete è meglio prendere l’automobile.