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venerdì 5 Dicembre 2025,

Vajont, quella bimba morta in grembo. Oggi è il 62° anniversario

La diga del Vajont vista dalla zona del cimitero di Casso. A sinistra la frana del monte Toc.

La giovane sposa portava in grembo una bimba, venne dalla Germania per annunciarlo, proprio quel 9 ottobre. I familiari morirono tutti e lei, per il dolore, perse quella vita. Oggi è il 62° del Vajont e il nuovo Amico del Popolo di carta racconta una storia di famiglia legata al disastro.

«Mio padre era Riccardo, di Pirago, lui ci teneva a dirlo», racconta Sergio Fontanella all’Amico del Popolo. «Del resto, i Fontanella erano concentrati tutti lì, erano quattro o cinque famiglie. Mia mamma si chiamava Clara De Moliner, originaria del Peron, Sedico. Si sposarono nel gennaio del 1963».

Sergio Fontanella.

Il loro lavoro li portò subito lontano, come molti longaronesi.
«Sì, lavoravano entrambi in Germania. Mia mamma come cameriera in una gelateria, mio padre come gelatiere in laboratorio. Mio padre conobbe mia madre, mi sembra, nell’inverno del tra il ‘61 e il ‘62, quando accompagnò un amico in cerca di personale e arrivarono al Peron, perché avevano sentito dire che c’erano un paio di ragazze che cercavano lavoro. Il primo pensiero di mio padre quando la vide fu ‘‘questa non mi scappa più’’! Fecero tutto il ‘62 in Germania, in due città diverse, distanti circa 50-60 chilometri. Mio padre lavorava fino alle dieci e mezza, undici di sera, prendeva il treno di notte da Karlsruhe e andava a trovare mia madre ad Heidelberg. Stavano insieme un paio d’ore, poi lui tornava alle 2 di notte e alle 7 del mattino si rialzava per andare di nuovo a lavorare. Decisero di sposarsi e lo fecero, appunto, nel gennaio 1963».

E presto quei due giovani sposi si trovarono a custodire un segreto bellissimo…
«Esatto. E lo comunicarono ai familiari proprio quel giorno, appena arrivati dalla Germania con il treno, insieme a Maria, la sorella di mio padre, e Ambrogio, il fratello. Mia nonna Carmela Viel, originaria delle valli di Bolzano Bellunese, quando seppe che mia mamma era incinta disse a tutta la famiglia riunita: ‘‘adesso bisogna pensare al nuovo Fontanella’’». (…)

Quindi, ricapitolando, gli sposi decidono di non scrivere né di telefonare per avvisare che stavano aspettando un bimbo, ma scendono in treno fino a Longarone per comunicare la bella notizia di persona a tutti i parenti. Proprio quel 9 ottobre. E hanno fatto giusto in tempo a dirglielo.
«Sì, sì, hanno incontrato i miei nonni Giuseppe e Carmela, hanno anche cenato assieme, poi i miei genitori sono andati nell’appartamento che avevano trovato, perché mia mamma voleva stare con il marito, quindi dopo cena si spostarono appena fuori Pirago, in direzione di Igne, e proprio perché quella casa era ormai fuori del paese fu allagato solo il pianterreno: i miei genitori avevano la camera da letto al primo piano e lì si salvarono».

A quel punto succede il finimondo. Il monte Toc crolla dentro il lago artificiale del Vajont, l’onda scavalca la diga, travolge Longarone e distrugge tutto uccidendo duemila persone. Voi longaronesi lo chiamate con una parola sola: «il disastro».
«Esatto: il disastro. È implicita anche la data: ‘‘quel giorno’’, si dice. Il 9 ottobre è un colpo di cesoia».

Hanno ricevuto la bella notizia del bimbo in grembo e sono morti. Quanti parenti avete perso, nel disastro?
«Beh, mio padre ha perso madre, padre, due fratelli e una sorella. Senza contare poi zii, zie, cugini. Nel cimitero di Fortogna ci sono 53 Fontanella seppelliti. Seppelliti per modo di dire. Un paese intero scomparso: mio padre si è trovato senza famiglia, senza amici, senza relazioni affettive cioè senza niente, a parte la moglie».

Tra i morti che non sono conteggiati c’è quel bimbo che la mamma portava in grembo.
«Sì, proprio così. Sarebbe stata una bambina. Mi sembra che mia madre fosse al sesto mese, l’ha persa». (…)
Luigi Guglielmi

* * *

Sessantadue anni non cancellano una ferita così profonda come quella lasciata dal disastro del Vajont. Ma se la memoria resta viva nei sopravvissuti e nei tanti che hanno perso un parente, un amico o un conoscente, il ricordo nei giovani d’oggi, e ancor più in quelli del futuro, che non hanno avuto alcun legame diretto con il disastro, rischia di sbiadire.

Beatrice, 25 anni, guida i visitatori nei luoghi del disastro.

Per tenere viva la memoria, possono fare la differenza un racconto, una fotografia o perfino una semplice coincidenza. Come nel caso di Beatrice, 25 anni e una laurea di lingue, che dall’anno scorso è un nuovo «Informatore della memoria», titolo assegnato dalla Fondazione Vajont ai volontari che si mettono a disposizione per accompagnare i visitatori alla scoperta dei luoghi della tragedia.

«Parte della mia famiglia è friulana e per arrivare al paesino dei nonni passavamo per la diga», ricorda. «Quando i miei genitori mi dicevano che tutta quella montagna appena dietro lo sbarramento era in realtà una frana, non riuscivo a crederci». (…)
Irene Dal Mas

* * *

Sessantadue anni dopo quella notte che cambiò per sempre il destino di un territorio e di migliaia di vite il Vajont continua a parlare. E lo fa anche attraverso le voci di una comunità che ogni anno sceglie di non dimenticare. E di costruire.

Dai libri alle camminate della memoria, dai convegni alle cerimonie civili e religiose, le scorse settimane hanno già visto Longarone, Erto, Casso e Fortogna protagonisti di numerosi appuntamenti.

Quella del 9 ottobre, data dell’anniversario, è la giornata più intensa. Un giorno che Longarone e l’intera vallata vivono con rispetto e partecipazione. Alle 9.30 deposizione di corona memoriale alla chiesa di Pirago, alle 10 le testimonianze al centro culturale. Alle 12.15 deposizione corona nella località Vajont vicino a Codissago e alle 15 al cimitero di Fortogna la cerimonia civile e religiosa. Alle 17 deposizione corona a villa Malcolm. Conclusione alle 21.30 con veglia in chiesa a Longarone.

Arriverà a Longarone anche un videomessaggio della presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola. Verrà proiettato nei due luoghi simbolo della catastrofe: a mezzogiorno nella chiesa di Sant’Antonio del Colomber, a Erto e Casso, costruita tra i detriti del monte Toc a pochi passi dalla diga; alle 15 al cimitero monumentale di Fortogna, a Longarone, dove riposa gran parte delle vittime.

Venerdì 10 ottobre, alle 18.30 nella sala consiliare di Longarone, sarà presentato il libro «La forza della memoria -Voci dal Vajont» di Silvia Granata.
Sabato 11 alle 20, nella Sala Popoli d’Europa, lo spettacolo «La grande onda e il coraggio di ricominciare -Riflessioni tra musica e parole».
Alle 10.30 di domenica 12, nella chiesa arcipretale di Longarone, la santa messa di anniversario della Dedicazione del luogo religioso, edificato come segno di rinascita spirituale e civile della comunità dopo il disastro.
Martina Reolon

Sul numero 41 dell’Amico del Popolo “di carta” del 9 ottobre, in distribuzione questa settimana (su abbonamento, in edizione digitale e in edicola), puoi leggere per intero i testi della doppia pagina dedicata all’anniversario del Vajont.

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