In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta… Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita» (Lc 21,5-19b).
Si sta chiudendo il cerchio dell’anno liturgico. I versetti evangelici di questa domenica mettono in evidenza proprio il contrasto tra la sontuosità del Tempio ammirato dagli apostoli e le parole dure di Gesù che vogliono scuotere per far sì che si volga lo sguardo all’essenziale. Luca scrive il Vangelo nel 70 d.C. e ricorda quello che il Maestro ha affermato mettendo in guardia le comunità affermando che di quella costruzione non rimarrà pietra su pietra. In quegli anni Tito distruggerà proprio quel Tempio e avrà inizio la diaspora. Questi eventi che provocano un certo sconcerto debbono spingere il discepolo alla conversione anche se questa porta inevitabilmente a delle scissioni. Gesù parla di persecuzione. Questa realtà è conosciuta dalle comunità lucane. L’invito del Maestro è quello della perseveranza. Teniamo conto che nelle prime ore della cristianità i convertiti dal paganesimo o dall’ebraismo a volte dopo essere perseguitati sfuggivano da queste condizioni rinnegando la fede. Gesù afferma che la perseveranza porta alla salvezza ed esorta i suoi interlocutori a non avere paura. Anche a noi oggi ci viene consegnato l’invito a non temere.
Esistono oggi cristiani che imperterriti guardano alle belle pietre del tempio e ai doni votivi, dicendo che in fondo le cose non vanno poi così male e bisogna tenere duro rispetto ai “nemici della Chiesa”; altri, invece, vedono il tempo presente come la fine del cristianesimo, e vivono con disagio e cupezza la profonda crisi che sembra avere colpito le nostre comunità europee, povere di fede e di speranza. È una questione di sguardi e di segni dei tempi.
Ora stiamo vedendo che davvero siamo diventati una minoranza. Le chiese ci sono ancora e le feste e i simboli. Manca la fede. Manca il fuoco. Manca la passione. Il cristianesimo, in Italia, sta diventando un pacco ben confezionato. Ma vuoto. Allora si grida al mondo nemico e crudele. Si vagheggia di ritorni al passato, come se fosse possibile, come se fosse utile. Forse dovremmo, semplicemente, fidarci di Dio. E credere, finalmente. Il Signore fa nuove tutte le cose, non ce ne accorgiamo?
Nessuna catastrofe, dice Gesù, state sereni. Non sono questi i segni della fine. Non sono questi i segnali di un mondo che precipita nel caos. E, sorridendo, il Maestro ci dice: cambia il tuo sguardo. Cambia te stesso. Cambia il mondo. Guarda alle cose positive, al tanto amore che l’umanità, nonostante tutto, riesce a produrre, allo stupore che suscita il Creato e che tutto ridimensiona, al Regno che avanza nei cuori, timido, discreto, pacifico, disarmato. Guarda a te stesso, fratello mio, a quanto il Signore è riuscito a compiere in tutti gli anni della tua vita, nonostante tutto. A tutto l’amore che hai donato e ricevuto, nonostante tutto. Guarda a te e all’opera splendida di Dio, alla sua manifestazione solare, al bene e al bello che ha creato in te. Guarda e non ti scoraggiare. Di più: la fatica può essere l’occasione di crescere, di credere.
La fede si affina nella prova, diventa più trasparente, il tuo sguardo si rende più trasparente, diventi testimone di Dio quando ti giudicano, diventi santo davvero e non te ne accorgi, ti scopri credente. Se il mondo ci critica e ci giudica, se ci attacca, non mettiamoci sulle difensive, non ragioniamo con la logica di questo mondo: affidiamoci allo Spirito. Quando il mondo parla troppo della Chiesa, la Chiesa deve parlare maggiormente di Cristo! E del suo magnifico Dio. Un Dio che sa. Che conosce. Che conta i capelli del tuo capo.
Giulio Antoniol
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