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L’incontro con Thomas mi spinse, nel sopraggiunto settembre del Sessanta, ad andare coi giovani dell’Azione Cattolica Mussoi ai ‘ritiri spirituali’ di San Marco a Palus di Auronzo. In realtà continuavo a parteggiare per gli scout e l’A.C. mi sembrava stare ai preti quanto gli scout ai frati, salvo che Padre Massimiliano non la pensava così; mi interessava invece ritrovare e passare qualche ora con gli amici di quartiere, sempre per divertimento e non certo per far penitenza di un luglio-agosto che erano stati troppo belli. In colonia, comunque, l’ambiente era buono e gli ‘esercizi’ neanche tanto pesanti. La cosa riabilitò ai miei occhi perfino Don Angelo Secolini che avevo ritenuto fino allora un ‘severone’. Oltre a giovani ‘civili’ c’era pure una tribù di chierici del seminario, molto simpatici anche se con un paio d’anni in più sulle spalle: tra noi non mancavano gli scherzi anche se certamente i loro erano più ‘da prete’.
Me la rido ancor oggi quando li incontro vestiti da vecchi parroci, monsignori o ancor più su, quando li penso giovani e spensierati come eravamo[1].

A San Marco, fra i capigruppo c’erano oltre a Thomas Pellegrini, Giochino Bratti e Peter Fornasier. Quest’ultimo aveva anche un fratello, Giorgio, poco più giovane di me, che suonava e si dava da fare. Fummo subito naturali antagonisti nelle due formazioni che per gioco venivano contrapposte nel periodo del raduno e lo rimanemmo anche negli anni seguenti pur trovando moltissimi momenti di collaborazione e condivisione.
Il primo anno, di ritorno da San Marco ci fermammo all’autoscatto della stazione di Belluno per farci delle foto; poi ci ritrovammo entrambi all’ITI, anche se in sezioni diverse.
A San Marco andammo anche l’anno successivo dove lo scontro ‘artistico’ continuò contribuendo a vitalizzare l’ambiente. Nei momenti di esibizione congiunta delle squadre, ce la cantavamo anche assieme e di gusto, parodiando i divi e le canzoni del tempo[2], io recitando e strimpellando la chitarra e Giorgio impegnandosi anche col mandolino[3]. Del periodo è una delle mie prime satire in rima dialettale, occasione di sfogo e ‘scherzosa protesta’ contro la dubbia qualità del rancio[4]. Delle molte ‘poesie’ invece scritte e inviate al mio primo recente grande amore da questa terra montana e quaresimale, non ho più, per fortuna, trovato traccia.
Renato e il vuoto
Renato Cordella era un carissimo ragazzo e con lui avevo stretto una amicizia grande solo quanto lo può essere quella tra giovani. Un ruolo fondamentale in ciò era stato l’ingresso recente nella nostra squadretta di rugby. Renato era alto e forte, coi capelli neri e duri come avere una spazzola in testa. Quando giocava si scarmigliava tutto e sudava come un cavallo. Era venuto a San Marco, quell’anno perché avevo convinto sua madre che sarebbe stata una gran bella cosa; e fu così fino a quel giorno, fino a quell’ora. In mattinata, attraversato l’Ansiei proprio davanti alla colonia, eravamo andati a fare un giro fino alla base della montagna di fronte, dove c’era una palestra di roccia, un corto ghiaione, niente di speciale e poi i pietroni grigi con qualche segno dei passaggi qua e là: peccato non saper scalare e poi a me fa paura. Tornammo alla colonia, mangiammo e io me ne andai a riposare anche perché il tempo si era fatto lagnoso e aveva piovuto per una decina di minuti. Non so quando, ma qualcuno arrivò ansimando farfugliando «Renato, Renato è caduto, Renato». Messi gli scarponi e la giacca a vento cominciai a correre verso la palestra di roccia senza chiedere nulla a nessuno, come se qualcuno mi trascinasse là, e non mi fermai. Non sentivo più né fiato né cuore, fin su sul piccolo ghiaione, ai piedi della roccia. Renato era in terra col viso coperto dal suo giacchino di pelle, e Padre Massimiliano lo stava benedicendo. Ora sì che lo sentivo il mio sangue, che pompava, che mi pompava dentro un dolore nuovo mai provato fino allora, che neppure mi lasciava piangere per rimanere tutto a farsi sentire. Morire a 14 anni, morire scalando due metri per conquistare nulla! A San Marco non ci sono più andato.

[1] Ricordo un Cavallini, con indole da eminenza grigia, poi un Don ‘Tascabile’ detto così per la bassa statura; e ancora Sandro Capraro, diventato cappellano militare, direttore del Coro Brigata Cadore e oggi in pensione col grado di Generale; la sua fortuna è stata la guerra, nel senso che non c’è stata; comunque era un duro, specialmente nel ‘tèchel’ e poi stoppava la palla allargando la tunica sulle gambe, il che non era assolutamente valido!
[2] A puro titolo di documentazione riporto la parodia della canzone di Celentano ‘Ora sei rimasta sola’ che fu da me trasformata e trascritta nel testo in ‘Suora sei rimasta sola’. Cantata assieme a Giorgio divenne subito un successo locale, ed è ancor oggi ricordata dai testimoni dell’epoca. Ecco il travestimento per intero (la canzonatura era evidentemente rivolta alle suore che gestivano la mensa della colonia): Suora sei rimasta sola / piangi tagliando la cipolla / forse nelle tue grandi pignatte / stai cuocendo le patate. / Suora sei rimasta sola / fai pastasuta come colla / e noi che la dobbiamo mangiare / ci sentiamo … gomitare / (rit.) Ma domani chissà, / se te la mangerai, / in paradiso andrai / se questo dono ci farai; / la tua pasta così / San Piero assaggerà / san Paolo mangerà / con grande avidità … (si riparte).
[3] (nota di G.F.) La mitica ‘Ora A’, organizzata e gestita da Thomas Pellegrini, rappresentava il momento di spettacolo ed intrattenimento per tutta la comunità giovanile. Trascriviamo quanto apparso sul giornalino del Gruppo la Gu§ela datato: S. Marco 13 settembre 1961. Imitando lo show televisivo di quegli anni, Thomas aveva inventato ‘Campanile S. Marco’ e quella sera si sfidavano il Gruppo ‘La Schiara’ (capeggiato da Gianluigi Secco) e il Gruppo ‘La Gusela’ (capeggiato da Giorgio Fornasier): «Ieri sera è iniziata la prima puntata di ‘Campanile S. Marco’ tra le due truppe de ‘La Schiara’ e de ‘La Gusela’. Mike Bongiorno era magistralmente interpretato da Thomas mentre Enza Sampò era interpretata dal grande Gianni Secco, mentre Enzo Tortora è stato interpretato dal nostro Francesco Colleselli. La prova dei pulsanti iniziava con le domande culturali; partecipavano il nostro grande Battorti Stefano e Moretti Aldo. Stefano batteva nettamente Aldo per 4 – 2. Tutto fino allora andava bene per noi finché non salì Gianni Secco ed il suo amico (Renato Cordella) che con le loro canzoni spiritose e molto indovinate cominciarono a condurre e la nostra scenetta bastò solo a pareggiare. Nella seconda prova ai pulsanti fummo ancora superiori, ma la mia suonata col mandolino non bastò a superare la scenetta di Secco, perciò l’incontro finì con il risultato: Secco 6 – Gusela 5».
L’articolo è firmato “Peterino”, pseudonimo di Giorgio Fornasier, fratello di Peter, dirigente dei Campeggi di S. Marco assieme a Ermanno De Col, Gioachino Bratti, Francesco Cavallini e Thomas Pellegrini, con la guida spirituale di Mons. Angelo Secolini e Padre Massimiliano.
[4]Te l refetòrio: [1str] «Mare, voi magnar», l é bèlche medo bot, / e l sugo de la pasta ancora no l é cot. / Parsora l taolin, in medo a le scudele, / an cin de aqua s-ceta, co n per de pagnotele / le speta co pazienza, da sole, là, poarete / che co na zerta fan, magnarle mi me mete. / [2 str] «Mare, voi magnar mové n cin quel carét / l é n ora che lo spète… no son pì bon star cet!» / Pacìfica e beata, la madre n cin pì grosa / co n pèr de primi piati, la parte a la riscosa; / la pirla te la sala, co n per de schivanèle / la rive su la tola parsora a le scudele. / [3 str] «Mare, voi magnar»: e dó n quintal de pasta; / «no stà magnarla tuta, senò no la me basta!» / Mi varde an poc la §bòba, po tire n cin su l nas / fae tut par ruminarla, però no la me pias. / La varde co na rabia e po la ciape in man: / crafìzio che longheza, la par de st altro an! / [4 str] «Mare, voi magnar, ma no de questa roba … / l é n toc che ghe lo dighe che mi no voi sta §bòba!» / Se avése copà un, no avrìa nò fat, nò, pèdo. / Te n boto me ritrove a quatro suore in medo / che co la faza bruta e co n baston in man / te n colpo e te n momento, le me fa vègner fan! / «Mare, voi magnar»!!!
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