Siamo fatti per incontrarci, per conoscere, per scambiare, per imparare dall’altro, per insegnargli qualcosa. E noi italiani dal mondo arabo abbiamo imparato tantissimo, anche le parole.
«Zucchero» è una delle più dolci. Lo sapevate che ci viene dall’arabo? Per dirla tutta, la sua origine porta ancora più in là, più verso Oriente, al persiano, che peraltro è una lingua indeuropea, come il latino, di cui l’italiano è figlio. Cosa c’entrano gli arabi, allora, che non sono nemmeno indeuropei?
C’entrano eccome, perché la parola «zucchero» ce l’hanno insegnata loro, hanno fatto da tramite, l’hanno imparata dai persiani nostri “parenti” lontani (anche geograficamente: da Belluno a Teheran saranno quattromila chilometri) e ce l’hanno affidata. «Zucchero», che sarebbe corretto pronunciare con la z sorda (come quella di pazzo), viene dall’arabo sukkar (normale il passaggio da s- a z-), e fu introdotta nel nostro Paese attraverso la Sicilia. Ciò avvenne mediante un oggetto fondamentale: la canna da zucchero, che arrivò nell’isola nel XII secolo. Non potemmo più farne a meno!
La parola «zucchero» si diffuse a partire dal Trecento – si diceva anche «zuccaro» – e forse la prima attestazione in un testo letterario italiano è attribuibile, pensate un po’, a Jacopone da Todi, che usò l’aggettivo «zuccherato». Ci vollero però alcuni secoli prima di vedere scritto in un testo il verbo «zuccherare», che comparve nell’Ottocento, così come «zuccheriera». «Zuccheroso», invece, si trova già nel Cinquecento.
Molti studi sono stati pubblicati sulle parole dell’Italia e dei nostri dialetti che vengono dall’arabo. Ma il più importante, il vero punto di riferimento sono i due volumi «Gli arabismi nelle lingue neolatine con speciale riguardo all’Italia». Un’opera di cui noi bellunesi dovremmo essere orgogliosi, perché porta la firma dell’agordino Giovan Battista Pellegrini. La pubblicò nel 1972 per Paideia Editrice Brescia, con una dedica: Alla memoria di mio padre dr. Valerio Pellegrini, nato a Lozzo di Cadore nel 1879 e morto a Cencenighe Agordino nel 1958. I Pellegrini erano una famiglia di farmacisti, originaria di Rocca Pietore, che per lavoro si spostò in Cadore per poi tornare in riva al Cordevole.
Storie di migrazioni, vicine e lontane. Giovan Battista Pellegrini, linguista italiano fra i più importanti, ebbe la ventura di insegnare all’università in Sicilia: si rese conto che le parole di origine araba, laggiù, erano davvero numerose (nei dialetti, nei nomi di luogo…) e gli venne l’idea di raccoglierle e di studiarle.
E noi oggi, anche grazie a lui, possiamo chiederci, stupiti: «Ma allora parlo arabo?» Sì, un po’ sì.
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3 commenti
Rino
annotazione piacevole da leggere e molto interessante da conoscere
Michele Buonvino
Estremamente interessante.
Non solo parole ma tante scoperte scientifiche sono “arabe”,alcune,addirittura,considerate tradizionalmente italiane,europee
Christl Doez
È molto interessante e mi fa anche sorridere