Questa è una bella storia di parole. Tipo: paghi 1 e porti a casa 2, come al supermercato. Da una sola parola araba, dīwān, ricaviamo infatti due parole nostre, italiane, apparentemente lontanissime tra loro nel significato: «dogana» e «divano».
Si trova scritto «duana» già in un documento pisano del 1154. È lei, è proprio la nostra parola, quel dīwān arabo che in realtà ha origine nel persiano e che indicava l’ufficio della dogana ma anche il registro, il luogo dove gli impiegati tengono il registro e dove si scaricavano le mercanzie per mostrarle.
E qui viene il bello. C’entrano i turchi.
Furono loro a specializzare il significato della parola araba per indicare il luogo d’udienza e poi l’udienza stessa. E cosa fai quando chiedi udienza? Ti siedi e aspetti. Dove? Sui cuscini posati lungo le pareti: ecco il divano. Con un meccanismo accostabile in retorica alla sineddoche, il nome dell’intero – l’ufficio – finì per diventare il nome di una parte di esso: il divano.
In realtà, paghi 1 e porti a casa 3: oggi non lo usiamo più, ma nell’Ottocento in Italia si diffuse un ulteriore significato per «divano», a indicare una raccolta di prose e poesie orientali di uno stesso autore. E ciò avvenne proprio a partire da quel significato di registro di cui abbiamo detto sopra. Da registro a raccolta, collezione, è un attimo. Vi basta un nome enorme come quello di Johann Wolfgang von Goethe? Fu lui a proporre la raccolta di poesie West–östlicher Divan, facendo scoprire questa parola, «divano» nel senso di collezione, alle persone colte d’Europa, Italia compresa.
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Molti studi sono stati pubblicati sulle parole che vengono dall’arabo e che compaiono nell’italiano e nei nostri dialetti. Ma il riferimento più importante (sul quale si basa anche questa nostra rubrica «Ma parlo arabo?») è costituito dai due volumi «Gli arabismi nelle lingue neolatine con speciale riguardo all’Italia», opera che porta la firma del glottologo agordino Giovan Battista Pellegrini. La pubblicò nel 1972 per Paideia Editrice Brescia, con una dedica: Alla memoria di mio padre dr. Valerio Pellegrini, nato a Lozzo di Cadore nel 1879 e morto a Cencenighe Agordino nel 1958. I Pellegrini erano una famiglia di farmacisti, originaria di Rocca Pietore, che per lavoro si spostò in Cadore per poi tornare in riva al Cordevole.
Storie di migrazioni, vicine e lontane. Giovan Battista Pellegrini, linguista italiano fra i più importanti, ebbe la ventura di insegnare all’università in Sicilia: si rese conto che le parole di origine araba, laggiù, erano davvero numerose (nei dialetti, nei nomi di luogo…) e gli venne l’idea di raccoglierle e di studiarle.
E noi oggi, anche grazie a lui, possiamo chiederci, stupiti: «Ma allora parlo arabo?» Sì, un po’ sì.
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