Le oggettoteche, o biblioteche degli oggetti, stanno emergendo come un modello innovativo per ridurre il consumo superfluo e ottimizzare l’uso delle risorse, offrendo un’alternativa concreta all’acquisto di beni destinati a un utilizzo occasionale. In Germania, esperienze come Leihbar a Berlino e Leihladen a Colonia hanno trasformato il concetto di proprietà, rendendo strumenti e attrezzature accessibili attraverso piattaforme digitali e modelli cooperativi. A Parigi, La Louve ha integrato il prestito di oggetti con un sistema mutualistico, mentre nei Paesi Bassi, Peerby facilita la condivisione tra privati, rafforzando il modello della sharing economy.
Queste iniziative dimostrano che l’accesso ai beni può essere più efficace e sostenibile del loro possesso, inserendosi in una più ampia riflessione sull’economia collaborativa. Come evidenziato da Juliet Schor in Debating the Sharing Economy (2014), la condivisione non è solo una risposta ai consumi eccessivi, ma un modello che ridefinisce il rapporto tra individui e beni, promuovendo un’economia più efficiente, equa e sostenibile.
La sharing economy e l’economia della saturazione si integrano nel ridefinire il consumo: la prima rafforza il concetto di relazione e condivisione, incentivando l’accesso ai beni piuttosto che il loro possesso, mentre la seconda evidenzia il margine di non utilizzo, dimostrando come molti beni rimangano inutilizzati per la maggior parte del tempo.
Ognuno di noi può calcolare il proprio indice di saturazione per un oggetto di proprietà, come un trapano, analizzando la frequenza e la durata del suo utilizzo. Se una persona lo usa due giorni al mese, significa un impiego totale di 24 giorni all’anno. Escludendo le 56 domeniche, restano 309 giorni in cui lo strumento non viene usato. Anche nei giorni di utilizzo, il tempo effettivo è limitato: supponendo 16 ore disponibili al giorno e un uso medio di 4 ore per volta, si arriva a un totale di 96 ore annue. Rapportando questo dato alle 5.840 ore teoriche (16 ore al giorno per 365 giorni), il proprio trapano personale risulta impiegato per meno del 2% del tempo disponibile, restando inutilizzato per oltre il 98%. Questa valutazione empirica evidenzia come la condivisione possa essere un’alternativa più efficiente all’acquisto individuale, ottimizzando l’uso delle risorse e riducendo gli sprechi.
Le biblioteche degli oggetti, già diffuse in diverse città, confermano che strumenti per il fai-da-te, elettrodomestici, attrezzature sportive, giochi per bambini, articoli per eventi occasionali e strumenti musicali possano essere condivisi anziché acquistati, garantendo un uso più efficiente dei beni. L’accesso a un’oggettoteca consente di disporre di ciò che serve solo quando necessario, senza dover sostenere i costi di acquisto e manutenzione. Questo approccio riduce la produzione di nuovi beni destinati a un uso sporadico, abbattendo i costi per gli utenti e favorendo un modello di consumo più sostenibile, efficiente e inclusivo, in linea con i principi dell’economia circolare.
In Italia, la rete Leila – Biblioteca degli Oggetti, nata a Bologna e diffusa in diverse città, ha adattato la sharing economy al contesto locale, offrendo un sistema di prestito che incentiva il riuso e un consumo più sostenibile. Questo modello si inserisce nelle trasformazioni analizzate da Jeremy Rifkin (The Zero Marginal Cost Society, 2014), secondo cui l’economia collaborativa sta ridefinendo il mercato, spostando l’attenzione dall’acquisto alla condivisione dei beni. In questo scenario, le oggettoteche rappresentano un esempio concreto di come l’accesso ai beni possa sostituire il possesso, migliorando efficienza e sostenibilità.
Per approfondire questa trasformazione, Antonio Beraldi, presidente e fondatore di “Leila Bologna – Biblioteca degli Oggetti” e CEO di “Leila – la rete degli oggetti”, ha condiviso la sua esperienza nell’intervista che segue, illustrando il ruolo delle biblioteche degli oggetti come strumento per favorire un nuovo modello di consumo responsabile e accessibile.
Intervista ad Antonio Beraldi, presidente della rete Leila – Biblioteca degli Oggetti
Perché si chiama biblioteca degli oggetti?
La biblioteca degli oggetti si basa sul principio del prestito e della condivisione, permettendo di accedere a utensili e strumenti di uso occasionale, proprio come avviene per i libri in una biblioteca tradizionale. Questo modello rende immediatamente comprensibile il meccanismo del prendere, usare e restituire, riducendo sprechi e acquisti superflui. Il concetto di possesso si amplia: non è necessario acquistare un oggetto per utilizzarlo, ma è possibile accedervi solo quando serve. Allo stesso tempo, il prestito preserva nel proprietario il valore culturale ed estetico dell’oggetto, poiché, come i libri, anche alcuni strumenti contribuiscono al benessere individuale e collettivo, promuovendo un consumo più consapevole e sostenibile.

Come nasce l’idea della rete Leila in Italia?
L’idea di portare Leila in Italia nasce dall’ispirazione di esperienze consolidate all’estero, in particolare in Germania e nei Paesi del Nord Europa, dove la cultura della condivisione è già diffusa. Circa dieci anni fa, leggendo un articolo su Internazionale, sono venuto a conoscenza di Leihladen di Berlino, una biblioteca degli oggetti che mi colpì per il suo modello innovativo basato sul prestito di strumenti e oggetti di uso occasionale. Da lì è nata l’idea di adattare questo concetto alla realtà italiana, creando una rete che potesse rispondere ai bisogni locali e svilupparsi con una propria identità.
Perché il nome Leila?
La scelta del nome Leila non è casuale: volevamo mantenere un legame con Leihladen, che in tedesco significa “negozio del prestito”, ma allo stesso tempo rendere il progetto più accessibile e radicato nella nostra cultura. Leila, con il suo suono più morbido e immediato, conserva l’essenza dell’idea tedesca ma si adatta meglio al contesto italiano. Il nome evoca un concetto di leggerezza e condivisione, due valori chiave del progetto.
Perché Leila è anche un esperimento sociale?
Leila è più di un semplice servizio di prestito, è un esperimento sociale basato sulla condivisione attiva. Fin dall’inizio, è stato concepito come un’opportunità aperta a tutti, senza connotazioni assistenziali. Aderire significa entrare in un movimento culturale, dove gli utenti non sono solo fruitori, ma parte integrante del sistema. Unica in Europa, Leila richiede che ogni iscritto condivida almeno un oggetto personale, che può riprendere a fine anno. Questa regola trasforma il prestito in un meccanismo collaborativo, che funziona solo grazie all’impegno collettivo. La qualità del servizio dipende dalla responsabilità dei partecipanti e dalla selezione degli oggetti, escludendo articoli troppo comuni o di scarsa qualità, per garantire un’offerta realmente utile e sostenibile.
Da quando è nata l’esperienza della rete Leila?
L’esperienza di Leila è nata a Bologna nel 2016 come associazione di promozione sociale, grazie a un patto di collaborazione con il Comune per sperimentare un modello innovativo di biblioteca degli oggetti. Nel 2023 è nata anche una società benefit innovativa, per rispondere alla crescente domanda e gestire al meglio il servizio, entrato ufficialmente nella rete delle biblioteche del Comune di Bologna. Questo ha ampliato il numero di utenti e prestiti, rendendo necessario un sistema più strutturato. Dopo due anni e mezzo di sviluppo, è stata creata una piattaforma gestionale con web app, catalogo e lista d’attesa, strumenti fondamentali per scalare il modello. Parallelamente, l’associazione continua a espandersi, lavorando alla creazione di una rete nazionale.
Qual è il rapporto tra Leila e l’ente pubblico?
La rete Leila collabora con diverse amministrazioni locali, che vedono il servizio come un’opportunità per ridurre gli sprechi e promuovere la cultura della condivisione. Oltre a lavorare con il settore pubblico, creiamo connessioni con altre realtà simili, sviluppando una rete interconnessa di prestito di oggetti.
In quali città è presente la rete Leila?
Verona, Milano Dergano, Conegliano Veneto (ATPCO), Rovereto (all’interno del Liceo Filzi) e Firenze, dove il progetto coinvolgerà quattro biblioteche, tra comunali e universitarie. Sono in corso contatti con Roma, Torino, Rimini e Alghero, mentre Brescia e Palermo hanno già avviato esperienze. Oltre all’espansione territoriale, Leila sta sviluppando una rete nazionale interconnessa, grazie a un software gestionale in abbonamento che permette ai cittadini di accedere agli oggetti condivisi anche in altre città.

Leila ha un impatto sulla mobilità sostenibile e sul turismo?
Sì, l’integrazione tra Leila, mobilità sostenibile e turismo è un asse strategico di sviluppo. Grazie alla rete nazionale interconnessa, i cittadini possono accedere agli oggetti condivisi anche in altre città, facilitando gli spostamenti senza dover portare con sé attrezzature ingombranti. Questo sistema ha già dimostrato il suo impatto concreto: alcune famiglie hanno scelto di viaggiare in treno anziché in auto, sapendo di poter trovare passeggini, seggiolini e altri oggetti essenziali tramite Leila nella loro destinazione.
Se una città volesse attivare una biblioteca degli oggetti, come dovrebbe procedere?
Per avviare una biblioteca degli oggetti, il primo passo è coinvolgere una comunità locale interessata, come associazioni, gruppi di cittadini o enti pubblici. Serve poi individuare uno spazio adeguato e creare un primo catalogo di oggetti, che può nascere da donazioni o prestiti temporanei dei cittadini. La rete Leila offre supporto e consulenza per l’avvio di nuove biblioteche degli oggetti, fornendo strumenti operativi e linee guida per la gestione del prestito e la comunicazione con gli utenti. Il modello si adatta alle esigenze della città e all’impatto che si vuole generare: alcune realtà avviano il progetto in autonomia con il supporto dell’associazione, mentre altre scelgono di integrarla con strutture esistenti per massimizzarne l’impatto.
Dalla biblioteca all’oggettoteca: un nuovo modello di condivisione
L’oggettoteca amplia la condivisione offrendo il prestito di strumenti e oggetti di uso occasionale, riducendo sprechi e acquisti superflui. Come una biblioteca per i libri, consente di accedere agli oggetti solo quando servono, trasformando la condivisione in un’abitudine quotidiana. La sua integrazione con biblioteche, spazi culturali o centri civici può creare un sistema di prestito interconnesso e accessibile, senza snaturare il valore culturale della biblioteca, che resta un luogo di diffusione del sapere. Il prestito non deve ridursi a un mero servizio logistico, ma favorire una cultura della condivisione che estenda il concetto di accesso non solo agli oggetti, ma anche a idee ed esperienze.
Quanti sono gli oggetti attualmente in dotazione alla biblioteca?
Attualmente, la biblioteca degli oggetti di Bologna dispone di circa 1.300 oggetti, suddivisi in diverse categorie: cucina, campeggio, bambini, vita all’aria aperta, utensili per il fai-da-te e attrezzature da giardinaggio. Gli oggetti possono essere presi in prestito per un mese, con l’eccezione di quelli per neonati, che possono essere utilizzati per sei mesi, rinnovabili per altri sei. Tra gli oggetti più particolari in dotazione ci sono carretti da bicicletta, shuttle per auto, banchi sega e scale.
Come vengono acquisiti gli oggetti?
La maggior parte degli oggetti proviene dalla comunità, con utenti che mettono a disposizione strumenti che non utilizzano più. In alcuni casi, abbiamo effettuato acquisti mirati: qualche anno fa abbiamo investito 1.000 euro per comprare oggetti utili, come un compressore e un barbecue, selezionati tramite un sondaggio tra gli utenti. Abbiamo inoltre costruito partnership strategiche, come quella con l’ufficio oggetti smarriti del Comune, che ci fornisce articoli non reclamati ma ancora utili per la comunità.
C’è un meccanismo di ricircolo o sostituzione degli oggetti obsoleti o poco richiesti?
Esiste un sistema di controllo continuo per garantire che il catalogo della biblioteca degli oggetti sia sempre aggiornato e risponda alle esigenze della comunità. Un team di manutenzione verifica periodicamente lo stato degli oggetti e monitora quelli meno richiesti, intervenendo con azioni mirate. Gli articoli ancora funzionali vengono donati ad associazioni di volontariato, quelli riparabili vengono rigenerati per prolungarne la vita utile, mentre gli oggetti non recuperabili vengono riciclati in modo sostenibile per ridurre gli sprechi.

Qual è il profilo degli utenti della biblioteca degli oggetti?
Il profilo degli utenti è cambiato nel tempo. Nei primi anni, la maggior parte era composta da donne tra i 35 e i 45 anni, spesso giovani coppie e famiglie con bambini piccoli. Dopo la pandemia, l’età media si è abbassata e oggi il servizio è utilizzato da persone tra i 25 e i 50 anni, con una crescente partecipazione del mondo universitario, che prima era meno coinvolto. Nell’ultimo anno, gli studenti non solo si sono avvicinati al progetto come utenti, ma sono diventati anche volontari attivi, contribuendo alla gestione della biblioteca e favorendo l’incontro tra generazioni.
Quali sono gli oggetti più richiesti?
Alcuni oggetti sono evergreen, sempre molto richiesti, come utensili per il fai-da-te (trapani, avvitatori, levigatrici), videoproiettori ed elettrodomestici da cucina (impastatrici, macchine per il sottovuoto). La domanda varia stagionalmente: in primavera ed estate prevalgono attrezzature da campeggio, imbraghi da arrampicata e zaini da trekking, mentre in autunno e inverno aumentano i prestiti di strumenti da cucina e per il fai-da-te indoor. Gli articoli per bambini restano tra i più utilizzati e prevedono prestiti più lunghi per adattarsi meglio alle esigenze delle famiglie.
Come funziona il prestito?
Chiunque può iscriversi a Leila versando una quota annuale di 20 euro il primo anno e 15 euro dal secondo in poi, ottenendo così l’accesso al catalogo e la possibilità di prenotare gli oggetti tramite web app. Una volta prenotato, l’oggetto deve essere ritirato entro due giorni in uno dei punti disponibili oppure può essere consegnato a domicilio con un piccolo contributo. Il prestito dura un mese, rinnovabile per un altro mese se non ci sono richieste in attesa. Per gli articoli destinati ai bambini, come seggiolini o passeggini, la durata è di sei mesi, rinnovabili per altri sei. Se un oggetto non è più necessario prima della scadenza, è consigliato restituirlo in anticipo per consentirne un utilizzo più efficiente.
Cosa succede se un oggetto preso in prestito si rompe o viene smarrito?
Tutti gli utenti firmano un regolamento in cui si assumono la responsabilità degli oggetti presi in prestito. In caso di rottura o furto, la persona si impegna a sostituire l’oggetto con uno di pari valore e qualità. Se qualcuno non ha la possibilità economica di ricomprare l’oggetto, interviene l’associazione, che funge da mediatore. In questi casi, è possibile ricambiare con un contributo in tempo, ad esempio offrendo due pomeriggi di volontariato per sostenere il progetto.
Esistono collegamenti tra le biblioteche tradizionali e le biblioteche degli oggetti, anche dal punto di vista fisico?
Le biblioteche degli oggetti spesso collaborano con le biblioteche pubbliche, condividendo la filosofia di accesso e condivisione per ridurre il possesso di beni usati occasionalmente. Alcune biblioteche tradizionali hanno ampliato i loro cataloghi includendo strumenti musicali, attrezzature tecnologiche e giochi educativi, mentre altre supportano la promozione del servizio. A Bologna, il progetto con Biblioteca Salaborsa sta sperimentando punti di ritiro e restituzione all’interno delle biblioteche pubbliche. Attualmente sono attivi due corner in biblioteche di periferia, con l’obiettivo di estendere il servizio a 16 biblioteche di quartiere tramite i LeilaLocker, che renderanno il prestito più accessibile e flessibile.

Leila può diventare uno strumento di welfare aziendale?
Si sta valutando l’integrazione di Leila nei programmi di welfare aziendale, offrendo ai dipendenti l’accesso al servizio di prestito per ridurre acquisti individuali e promuovere un consumo più sostenibile. Lo scambio degli oggetti potrebbe avvenire tramite Leila Locker, punti di ritiro automatizzati che renderebbero il servizio più accessibile e integrato nella routine lavorativa. L’iniziativa porterebbe benefici sia alle imprese, migliorando il benessere dei dipendenti, sia all’ambiente, favorendo la condivisione e riducendo gli sprechi. L’obiettivo è sviluppare partnership con aziende interessate a offrire ai propri lavoratori un servizio innovativo basato su risparmio, condivisione e sostenibilità.
Quali sono le principali difficoltà nel portare avanti questo progetto?
Le principali difficoltà riguardano la logistica e la cultura del prestito, poiché molte persone faticano ad accettare la condivisione senza possesso. La sostenibilità economica è un’altra sfida, poiché il progetto, essendo innovativo, richiede un costante reperimento di fondi tramite bandi e partnership. La gestione operativa è complessa per il coordinamento degli oggetti, ma l’uso di una piattaforma dedicata ha reso il sistema più efficiente. Infine, il cambiamento culturale legato alla fiducia è un nodo cruciale: il modello di Leila si basa sulla responsabilità condivisa anziché su un’assicurazione esterna, rendendo la fiducia reciproca sia una difficoltà che un valore chiave del progetto.
di Luciano Malfer
Research and Family Development Manager Fondazione Bruno Kessler, Trento, Italy
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2 commenti
Luciano
L’idea se buona potrebbe essere replicata anche a Belluno. Non pensa?
Giuseppe
Mi sembra una bella occasione per sentirci parte di una comunità; penso tuttavia che come gli scrittori gradiscono vendere molte copie di un libro, forse anche chi produce automobili potrebbe desiderare altrettanto. Diversamente finirebbero la società dei consumi e il mercato dei beni.
Dall’articolo non si comprende se si è tenuto conto che tutti gli oggetti si logorano con l’uso: quindi a colui che farà l’esperienza di un trapano che non funziona o di un altra macchina guasta, non potrà essere accollata in toto la spesa della manutenzione o quella del nuovo acquisto.